Paolini in finale di Wimbledon: «Mi dicevo resisti. Sorrido sempre? Perché ricordo i miei sogni»
Jasmine Paolini è la prima italiana in finale a Wimbledon, affronterà Krejcikova. Papà Ugo toscano, mamma Jacqueline polacca, il nonno materno del Ghana. La mamma: «La cosa che mi rende più orgogliosa è che il pubblico tifava per lei»
Dalla nostra inviata
LONDRA Nel torneo delle tradizioni centenarie, che spera di riaccogliere domani sul centrale la principessa Kate, c’è una variabile impazzita che non perde il buonumore nemmeno sul ciglio del burrone. Anzi. Jasmine Paolini continua a sorridere attingendo a mille risorse e sette vite mentre l’avversaria, la croata Donna Vekic, sembra sull’orlo delle lacrime, e alla fine del trekking estremo dentro se stessa riemerge esausta ma con gli occhi che brillano: «Ho avuto l’acqua alla gola — esulta —, però in qualche modo sono riuscita a restare a galla. L’ho scampata».
Dello sport italiano che viaggia sempre in anticipo sulla pigrizia della società, Jasmine prima donna nella finale di Wimbledon è la portatrice di positività, talento e geni buoni: la sua formula vincente è un frullato di Toscana (papà Ugo), Polonia (mamma Jacqueline) e Ghana (nonno materno) con un pizzico di Veneto (coach Furlan), Jas vince perché è moderna in un mondo che scarica il vittimismo della Vekic e manda a lottare per il Sacro Graal, contro la ceca Barbora Krejcikova che ha eliminato la campionessa 2022 Elena Rybakina, una ragazza nata in Garfagnana 28 anni fa e cresciuta a Bagni di Lucca, diventata globetrotter per amore del tennis. «Jas è tosta di carattere da sempre, quello che vuole se lo prende — spiega Jacqueline che faceva la cameriera quando conobbe il marito proprietario di un bar —. La cosa che mi rende più orgogliosa? Tutto il centrale di Wimbledon ha tifato per lei, anche in Polonia sperano che vinca il titolo».
Con Vekic, in semifinale, finalmente all’aperto e con il sole, è stata una vicenda complicatissima, Paolini era tesa («Ho servito male, facevo fatica a muovermi»), ha consegnato il primo set 6-2 alla rivale, una veterana che ha dovuto partecipare a 43 Slam per riuscire a spingersi così avanti in tabellone, e ha fatto il break del secondo al decimo game (6-4) sotto gli occhi dell’antenata Billie Jean King nel royal box, che forse si è un po’ rivista in questa esplosiva brevilinea (163 cm) pronta a ribaltare gli stereotipi del tennis delle valkirie.
Il terzo set, con i suoi quattro break, gli svarioni e i patemi d’animo di una partita piena di errori ed emozioni tra due giocatrici prossime allo sfinimento, si è deciso 10-8 al tie break al terzo match point (tra il primo e l’ultimo sono trascorsi 35 minuti) perché Jasmine ha rifiutato la morte sportiva un attimo prima di Donna, suicidatasi con l’ennesimo dritto in corridoio (57 errori gratuiti).
«Mi dicevo resisti, non mollare, il tennis è così, i match possono girare in un attimo — ha raccontato Paolini —. Sto vivendo settimane folli, mi devo dare i pizzicotti per crederci». E quel sorriso perenne, Jas? «Faccio quello che mi piace, gioco nei grandi stadi, cerco di vivere nel presente pur nella foga di un obiettivo da inseguire. Mi impegno a vivere tutto ciò che arriva con naturalezza. Mi ricordo da dove vengo, i sogni che avevo da bambina. È importante. Non ho motivo di non sorridere».
Commossa in tribuna, Tathiana Garbin è il capitano di BJ King Cup uscito da una grave malattia anche grazie alla forza riflessa della nuova n.5 del ranking (più su di così solo Francesca Schiavone n.4 nel 2011): «Ma vi rendete conto di quale esempio sia per i giovani una campionessa che non accetta di arrendersi? — chiede — E che lo fa in quel modo, con gioia, senza drammi. La nostra società ha troppa fretta: non tutti arrivano in vetta a vent’anni, non tutti hanno da subito le spalle larghe per reggere il peso del successo. Jasmine aveva invitato a vederla due azzurre junior, Noemi Basiletti e Vittoria Paganetti. Beh, per loro è stato come fare un Master all’Università».
Ammesso che in cima a due ore e 51 minuti (semifinale femminile più lunga in Church Road) a Paolini siano rimaste energie nervose in corpo, la finale di domani con Krejcikova, 28 anni, regina di Parigi nel 2021, appare molto meno segnata del confronto impari con la n.1 Iga Swiatek al Roland Garros un mese fa. L’unica vittoria della ceca è antica (2018). Era un altro tennis, un altro mondo, un’altra Jas. Questa sa maneggiare miracoli e scomodare confronti con Serena Williams (bis di finali nel 2016). No, l’avventura londinese non è finita.
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