Ucraina in lacrime per Maxim, il poeta soldato ucciso in trincea con il suo gatto

“Se ne vanno i migliori”, dicono oggi gli ucraini piangendo il poeta soldato, morto in trincea con il suo inseparabile gatto. “Mio figlio germoglierà le viole”, ha scritto su Facebook la madre, Nadia Kryvtsova, trovando le parole in un suo verso, in un passaggio dolente delle sue “Poesie dalla feritoia”. Maxim Krivtsov aveva 33 anni, i lunghi capelli castani e i baffetti alla Salvador Dalì che gli erano valsi il nome di battaglia. Combattendo nel gelo dell’inverno ucraino, nella sua trincea in cui dormiva rannicchiato, in cui sparava e componeva, stava lanciando come poteva attraverso i social il suo primo libro: una raccolta delle poesie che lo aveva immediatamente fatto entrare nella classifica dei migliori libri del 2023 secondo Pen Ucraina.

L’ondata di commozione vola ora sui social. Nel suo ultimo post su Facebook Maxim proponeva ai suoi contatti una specie di battaglia navale letteraria sulle pagine del suo libro: “Indicatemi numero di pagina e riga, e vi darà un verso”. “Pagina 37, fila 3 in alto”, chiede Tatiana. “Kolya, hai degli amici?”, replica Maxim fotografando la pagina alla luce fioca della trincea. Hanno continuato a giocare anche quando lui non c’era più, poi hanno capito e hanno sommerso quel vuoto con le lacrime, i cuori e le parole per il poeta soldato ucciso dalla guerra.

Aveva creduto nel dovere di imbracciare un’arma dalla prima ora, subito dopo l’Euromaidan, la “Rivoluzione della dignità” in cui il popolo ucraino aveva cacciato l’ex presidente filorusso Janukovic. Era il 2014: Maxim aveva preso il fucile e si era arruolato in Pravi Sektor, una formazione paramilitare nazionalista e di estrema destra considerata – fuori dall’Ucraina - neonazista e neofascista. Una scelta di campo che poi proseguì con il passaggio a un’altra brigata paramilitare ultra nazionalista, la “Brigata Da Vinci Wolves” di Dmytro Kotsiubailo, proclamato “Eroe” di Ucraina nel 2021 e ucciso a Bakhmut l’anno scorso. Maxim non combatteva più da anni: lavorava ormai presso il Centro per la riabilitazione e il riadattamento dei partecipanti a quella che allora si chiamava Operazione anti terrorismo, cioè la guerra contro i ribelli filorussi del Donbass sostenuti direttamente da Mosca. Le trincee e i soldati erano sempre la sua vita, ma in un altro modo. Poi era passato a lavorare nel Veteran Hub; ma quando è iniziata l’invasione, il 24 febbraio del 2022, non ci ha pensato un secondo a tornare in azione.

Una volta in un’intervista aveva raccontato un “sogno orribile”, un sogno premonitore ad occhi aperti di cui poi si era pentito eccome. Aveva immaginato che la guerra che lui aveva combattuto nel 2014 nelle trincee del Donbass si spostasse nelle strade delle città, dove gli ucraini andavano avanti a vivere cercando di dimenticarsi l’orrore e la morte, ma insieme dimenticavano anche i ragazzi come lui che erano al fronte con un fucile in mano per cercare di riprendersi il Donbass occupato. Lo aveva sognato con un po’ di soddisfazione, aveva ammesso, perché così la sua gente “avrebbe capito cosa stava succedendo”. Ma “la mattina del 24 febbraio mi sono davvero pentito di questi pensieri”, raccontava nell’intervista.

La morte era il cemento con cui aveva composto le sue poesie, le permeava quasi per intero. La raccontava e la esorcizzava, la temeva e la piangeva. “Anima gentile e coraggiosa, è un dolore sordo e pesante”, dice ora in un messaggio la scrittrice per bambini Larisa Denisenko, uno dei tanti colleghi che hanno letto e amato le sue poesie. Altri ricordano quando lo hanno conosciuto e incontrato nel piccolo mondo letterario ucraino in cui già il poeta soldato si era scavato un posto: l’editore e ufficiale Dmytro Lykhovii, lo scrittore Lyubko Deresh, il cantante e compositore Yurko Yurchenko, Artur Dron che è un poeta soldato come lui.


“L’Ucraina sta perdendo la sua parte migliore, è una perdita irreparabile per il Paese e per la letteratura”, sostiene la scrittrice Tamara Gorikha Zernya. È un’ecatombe di talenti la cui proporzione non è ancora stata compresa appieno: l’11 dicembre, ricordano i media ucraini, è morto l’attore e regista Andrei Pavlenko, il 30 lo scienziato e fisico 37enne Ruslan Shulipa. “Le mie braccia strappate / in primavera germoglieranno viole”, aveva scritto Maxim. I suoi versi, trasformati dai social nella sua marcia funebre, sono il campo fiorito che cerca uno spiraglio nella neve in cui è morto.