Auschwitz e i migranti non si possono paragonare

Caro Aldo,
a proposito del film «La zona d’interesse» concordo con coloro (per esempio, ma non solo, con lei e Mereghetti) che sostengono che sia un film più furbo che bello. E spiego perché. «La zona d’interesse» ha avuto maggior successo perché ci tocca in modo superficiale. Tutti, a parole, restiamo indignati per quanto è successo ad Auschwitz ma, in realtà, questi avvenimenti ci toccano poco; sono lontani nel tempo e nello spazio e la nostra coscienza, se mai si è risvegliata, si può facilmente placare con queste giustificazioni. «Io capitano» ci pone invece davanti a fatti di oggi che ci chiamano in causa direttamente. Nulla possiamo fare per gli ebrei di Auschwitz ma molto potremmo fare per i migranti di oggi.
Giovanni Lorenzoli, Novara

Caro Giovanni,
Grazie per la lettera, però né Paolo Mereghetti né più modestamente io abbiamo definito il film di Jonathan Glazer «furbo»; semmai, freddo, poco generoso con lo spettatore. Della banalità del male, come ha scritto Mereghetti, resta solo la banalità. Lei però, gentile signor Lorenzoli, pone una questione che va molto oltre il giudizio estetico su un film. E le dico subito che l’accostamento tra Auschwitz e la tragedia dei migranti non mi convince. Sono stato testimone della reazione di Liliana Segre quando qualcuno ha tentato di riproporre l’accostamento davanti a lei. La senatrice a vita ha ricordato che lei era bambina, italiana nata in Italia, e suoi compatrioti la cacciarono da scuola, per poi mandarla nei campi di sterminio. Non è la stessa cosa. Poi certo anche quella dei migranti che muoiono di sete in mare è una tragedia; e girarsi dall’altra parte, magari per lucrare qualche voto, è una vergogna. Ma non per questo è la stessa tragedia. Conosco l’obiezione: pure i migranti, sia pure in modo diverso, sono costretti a partire; anche dalla desertificazione del loro Paese, a causa del riscaldamento del pianeta che incredibilmente qualche irresponsabile si ostina a negare o a minimizzare. Ma la soluzione non sono i trafficanti e gli scafisti. La soluzione è l’immigrazione organizzata, in base ai posti di lavoro e all’accoglienza disponibile. L’indifferenza e peggio lo sfruttamento — economico o politico — dei migranti sono un male del nostro tempo; che è diverso dal male di cui l’Italia fascista fu corresponsabile ottant’anni fa.

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«Io ammiraglio, il mio colloquio con Putin 20 anni fa»

C aro Cazzullo, condivido pienamente le sue valutazioni sulla attuale situazione dei rapporti con la Russia. Può essere interessante confrontarli con quelli di vent’anni fa per cercare di capire come mai sono arrivati a questo punto. Nella mia carriera in Marina, quando non ero imbarcato, ho sempre lavorato nell’Intelligence che ovviamente era orientata al controllo delle Marine del Mediterraneo e quindi anche delle Unità Sovietiche ed in particolare dei suoi sottomarini nucleari che si alternavano nelle nostre acque. Chiamato, come consigliere militare, dal presidente Ciampi ho partecipato alla sua visita di Stato a Mosca e ai colloqui al Cremlino con il presidente Putin e mi sono ritrovato a parlare in inglese direttamente con lui, per circa 40 minuti, per avvicinare le due Nazioni partendo proprio dalle due Marine. Il risultato, molto positivo, fu che l’Unione Sovietica inviò una squadra navale in Mediterraneo per svolgere una esercitazione semplice ma coordinata con la nostra Marina. La loro nave ammiraglia era la ormai famosa Moskva che venne ospitata nella base navale di Taranto mentre un caccia fu ospite a Messina in ricordo del famoso terremoto dove i primi aiuti dal mare arrivarono proprio da unità militari sovietiche presenti in Mediterraneo. Ovviamente il presidente Putin sapeva dei miei incarichi e forse anche per questo il colloquio fu chiaro e costruttivo; rimasi colpito perché nella delegazione era presente anche un ammiraglio ma parlò sempre e solo lui ed era molto aggiornato sulle due Marine. Certo sono passati 20 anni ma per me la situazione è solo, e molto, peggiorata.
Sergio Biraghi, Ammiraglio di Squadra

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