Leclerc e la dedica al padre Hervé, morto nel 2017: «Vincere a Montecarlo era il nostro sogno»
La vittoria a Montecarlo è stata speciale, per Leclerc, che ha subito ricordato il padre, morto nel 2017 dopo una lunga malattia: «Ha fatto di tutto affinche io fossi qui, era il nostro sogno che io corressi qui e vincessi»
«Non ci sono parole per spiegare la mia gioia. Questa è la corsa che mi ha fatto sognare di diventare diventare pilota. Negli ultimi 15 giri poi non pensavo a guidare, ma solo a mio papà, perchè questo era il nostro sogno».
Charles Leclerc ha guardato al cielo, commosso, subito dopo aver fermato la sua Ferrari, quella con cui ha vinto per la prima volta il Gran Premio di casa, quello di Montecarlo. E il pensiero era al padre, Hervé.
Quel papà che Charles ha perso nel 2017 dopo una lunga malattia. «Ha fatto di tutto affinche io fossi qui, era il nostro sogno che io corressi qui e vincessi», ha detto.
«Certe cose della mia vita mi hanno costretto a crescere molto in fretta, sarebbe stato meglio non affrontarle ma è andata così. Alla fine ho dovuto creare una corazza», aveva detto Leclerc al Corriere. E quelle «cose» sono, soprattutto, due.
Nel 2015 il pilota Ferrari dice addio all’amico Jules Bianchi, come un altro fratello maggiore per lui. Il pilota della Marussia muore per le conseguenze riportate nell’incidente di Suzuka del 2014.
E due anni dopo - nel 2017 - se ne va appunto suo padre. Charles lo ricorda sempre: con le parole, sul casco, con vecchie foto. «Mi ha insegnato disciplina, umiltà, sacrifici. Che sia il periodo più felice o il più triste non cambiare mai il modo di affrontare la vita» ci ha raccontato.
Leclerc ha raccontato di aver guidato il carro funebre per le strade di Monaco prima della sepoltura, dopo aver ricevuto una speciale autorizzazione.
«Dopo la morte di Jules, la scomparsa di mio padre è stata un secondo choc. È stata dura, non c’è nulla in grado di prepararti al momento in cui perdi tuo padre».
Dopo il funerale Charles volò a Baku e vinse in Formula 2: «Papà avrebbe voluto così, era il mio tifoso numero 1.