L’Iran prepara l’attacco. Nasrallah: “Israele piangerà”
TEL AVIV — Mentre prega davanti alla bara, marcato insolitamente strettissimo dalle guardie del corpo, l’ayatollah Ali Khamenei a un certo punto scruta il cielo. E subito viene da pensare che il leader iraniano stia verificando che non ci siano droni o missili in arrivo. Sono funerali drammatici quelli che si sono svolti ieri a Teheran. Nella bara c’è Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas ucciso mercoledì in un appartamento della capitale iraniana, dove era arrivato per partecipare all’inaugurazione del nuovo presidente Masoud Pezeshkian. Davanti scorrono gli esponenti di quel regime che non ha saputo proteggere il suo ospite. E che ora dovrà rispondere all’affronto di Israele con una rappresaglia che non gli faccia perdere la faccia con gli alleati della regione.
La folla è oceanica, come si deve, canta due grandi classici come “Morte a Israele” e “Morte all’America”, e porta bandiere palestinesi e foto di Haniyeh, il cui corpo poche ore dopo verrà trasferito in Qatar, dove viveva in esilio e dove verrà sepolto oggi (occasione per la quale Hamas ha invitato tutti a una “giornata della rabbia” al termine delle preghiere del venerdì). Chi prende parola ai funerali giura vendetta, come già aveva promesso Khomeini. Lo fa Khalil al-Hayya, capo delle relazioni estere di Hamas: «Non riconosceremo Israele, e lo perseguiremo finché non sarà sradicato dalla terra di Palestina». E lo fa il presidente del Parlamento Mohammad Baqer Qalibaf: «Pagheranno un caro prezzo. È nostro dovere rispondere al momento giusto e nel posto giusto».

Duemila chilometri più a Ovest, vendetta la promette anche un altro leader del cosiddetto “Asse della resistenza”. Due giorni dopo un altro attacco mortale, quello con cui a Beirut Israele ha ucciso il comandante di Hezbollah Fuad Shukr, torna a parlare in Libano Hassan Nasrallah, il capo della stessa Hezbollah: «Diversi Paesi ci hanno chiesto di non rispondere all’attacco israeliano alla periferia di Beirut – dice in un discorso televisivo tenuto in occasione proprio di un altro funerale, quello di Shukr – ma l’Asse della Resistenza combatte con rabbia, saggezza e coraggio, stiamo cercando una risposta reale e molto calcolata. Siamo entrati in una nuova fase, che supera la questione dei fronti di supporto». Nasrallah sostiene che il suo movimento non abbia nulla a che fare con la strage dei bambini drusi nel Golan – che ha provocato la rappresaglia israeliana a Beirut – e sull’uccisione di Haniyeh aggiunge: «Gli israeliani possono ridere un po’ ora, perché più tardi piangeranno molto. Immaginano di poter uccidere Haniyeh a Teheran e aspettarsi ancora che l’Iran resti a guardare?».

Proprio per coordinare la reazione, Teheran ieri ha ospitato un vertice dei rappresentanti dell’“Asse della resistenza”, con Hezbollah e Hamas, ma anche la Jihad islamica palestinese, i gruppi iracheni e gli Houti yemeniti. Hanno deciso una risposta unitaria simultanea o scaglionata? Una rappresaglia ferma ma limitata oppure così potente da provocare una guerra regionale che coinvolga anche delle grandi potenze? In serata ci sono state le prime avvisaglie, con lanci di missili dal Libano verso il Nord di Israele e Haifa, con l’Iron Dome in azione per intercettarli.
Il mondo attende. Usa e Ue spingono la diplomazia. Gli Stati Uniti con il segretario di Stato Antony Blinken chiedono il cessate il fuoco ma intanto mobilitano nell’area dodici navi pronte a intercettare, come già il 14 aprile, missili e droni lanciati dall’Iran verso lo Stato ebraico. Della situazione parlano in serata al telefono il presidente Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che qualche ora prima aveva detto: «Siamo pronti a ogni scenario».
Israele dunque aspetta. Decine di caccia sono già sulle piste di decollo: l’esercito e l’aviazione sono pronti alla difesa ma anche all’attacco. Il portavoce delle forze di difesa Daniel Hagari dice che l’esercito è «in stato di massima allerta»: «Siate vigili». Le compagnie aeree cancellano i voli. L’associazione delle famiglie degli ostaggi in mano a Hamas, Bring Them Home Now, protestano bloccando l’autostrada. E le misure di sicurezza intorno al premier e ai suoi ministri vengono rafforzate. La rabbia dei nemici cresce di ora in ora. Ieri è stato confermato che Mohammed Deif, capo militare di Hamas, è stato effettivamente ucciso il 13 luglio scorso in un raid su Gaza. Lo ha annunciato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant con un post sui social. Sopra a una foto in cui lo si vede tracciare una “x” su Deif ha scritto: «L’Osama Bin Laden di Gaza è stato eliminato».