
“Quando è morta Nada Cella noi stavamo ancora insieme”: quelle telefonate “ossessive” di Anna Lucia Cecere, accusata di omicidio, a un ex fidanzato
Si tratti davvero dell’assassina di Nada Cella, nell’ormai lontanissimo 6 maggio 1996, o di una innocente costretta ancora a fare i conti con la giustizia, alcune azioni o comportamenti a proposito di Anna Lucia Cecere appaiono certi.
Ad esempio, la donna trasferitasi in Piemonte poco tempo dopo la morte violenta della segretaria a Chiavari, e in provincia di Cuneo tutt’ora residente, ancora pochi mesi fa ha cercato un ex fidanzato dell’epoca, cercando di riscrivere la storia dei suoi anni passati nel Tigullio. E in particolare, proprio il periodo in cui è avvenuto l’omicidio di Nada.
È un’altra rivelazione contenuta nelle carte che accompagnano la fissazione dell’udienza preliminare, il prossimo febbraio, dopo che la pm Gabriella Dotto ha chiesto il processo per Cecere, accusata di omicidio, per il commercialista ed ex datore di lavoro di Nada, Marco Soracco, e per la madre di quest’ultimo Marisa Bacchioni (per entrambi la contestazione è favoreggiamento e false dichiarazioni al pubblico ministero),
Così, scrive la Procura, «il 27 maggio 2023 la Cecere riesce a contattare A.R. con uno stratagemma … e mostra con lui un vero e proprio atteggiamento, di nuovo, persecutorio nel tentativo di indurlo a ricordare che all’epoca dell’omicidio ancora si stavano frequentando. A.R. invece appare fermo nel ricordare che la loro relazione era senz’altro finita nel 1996 collegando il periodo a circostanze specifiche».
Non solo, «i due conversano dei bottoni che erano appartenuti ad una giacca di
A.R. che si trovava a casa della donna. Lei lo informa di avere a suo tempo riferito ai Carabinieri che l’avevano perquisita, di aver buttato via la giacca, lui invece afferma di essere certo di averla conservata e usata dopo quei fatti per molti anni, per recarsi a pescare».
«Il diverso ricordo che A.R. ha di questi avvenimenti e la fermezza che mostra nell’affermarlo provoca in lei apprensione e disagio evidente».
Quelle parole sui bottoni
Le frasi sui bottoni, in particolare, per gli inquirenti sono importantissime. Come ormai noto nell’ufficio di Soracco, in una chiazza del sangue di Nada, la polizia aveva trovato un bottone «insieme un filo rosso che si trovava ancora attaccato al bottone, a un punto da pinzatrice, a un seme e ad un ciuffo di capelli».
Nel frattempo, però, i carabinieri avevano scoperto in casa di Cecere cinque bottoni che parevano uguali a quello trovato sul luogo del delitto. Addirittura quattro militari sentiti oggi dalla pm «i marescialli Leo, Mariotta, Rosso, Scano, ricordano di aver esultato al ritrovamento dei bottoni».

Caso risolto, pensano. Invece, la comparazione viene fatta solo con le foto e non ci si accorge che il bottone insanguinato è diverso perché manca una cornice di plastica che oggi la Procura sapeva esistere grazie alla consulenza di Stefano Cannara, titolare del Museo del bottone di Sant’Arcangelo di Romagna. Così, scrive la pm «i bottoni vengono incredibilmente restituiti e cinque giorni dopo la posizione di Cecere archiviata».
Le richieste ossessive
Tornando alle conversazioni di Cecere con l’ex fidanzato, l’uomo di fronte agli inquirenti si è dimostrato pienamente attendibile e ha spiegato come la Cecere lo avesse cercato «in modo pressante e “ossessivo”, per tentare di “spostare letteralmente il periodo della relazione e della fine del rapporto ad una data successiva al 1996", e volendo sostenere che all’epoca dell’omicidio fosse in pieno corso la loro relazione, in realtà già cessata almeno dall’estate dell’anno precedente (per poter sostenere di non avere potuto avere alcun interesse per Soracco)».
Le accuse: «Omicidio per gelosia»
Ricordiamo che per la Procura Nada Cella (la madre è assistita dall’avvocata Sabrina Franzone) è stata uccisa da Anna Lucia Cecere (difesa dai legali Giovanni Roffo e Gabriella Martini) “per motivi di rancore e di gelosia verso la
vittima”. Sentimenti provati “per via della posizione da lei occupata” all’interno dello studio del commercialista Marco Soracco, dove Nada lavorava come segretaria. E proprio il professionista aveva “conoscenza diretta del coinvolgimento di Cecere, avendola sorpresa sul luogo del delitto”.
Per questo Soracco e la madre Marisa Bacchioni (difesi da Andrea Vernazza) sono adesso accusati non solo di false informazioni al pm, ma della ben più pesante contestazione di favoreggiamento.