Sudafrica, l'Anc perde la maggioranza: partono le danze per un governo di coalizione. Chi la spunterà?
Dal 57% al 42%: i risultati parziali sanciscono la caduta del partito di Mandela che governa da 30 anni. Domenica il verdetto ufficiale. Ma i giochi dietro le quinte con i populisti di Zuma e Malema sono già cominciati
L’African National Congress, il partito che fu di Nelson Mandela, dopo trent’anni di governo solitario perde per la prima volta (come previsto) la maggioranza in Parlamento. E nelle prossime due settimane il Sudafrica vivrà una delle fasi più delicate della sua storia dalla fine dell’apartheid a oggi. L’Anc è crollato dal 57% del 2019 al 42%. Questo il responso delle urne, quando circa il 60% delle schede è stato scrutinato. I risultati ufficiali sono attesi per domenica, ma tutti gli osservatori ritengono che il quadro sia ormai definito.
La vendetta di Zuma
Il partito guidato dal presidente Cyril Ramaphosa resta al primo posto, seguito da Alleanza Democratica al 24%. La nuova formazione uMkhonto weSizwe (MZ, la Lancia della Nazione di mandeliana memoria) con a capo l’impresentabile ex presidente Jacob Zuma è data all’11%, un punto in più degli Economic Freedom Fighters (EEF) di Julius Malema.
Se i risultati parziali saranno confermati, l’Anc non avrà i numeri per dare vita a una coalizione con qualche formazione minore (oltre settanta in lizza con il sistema elettorale proporzionale). Servirà coalizzarsi con almeno uno dei tre principali partiti d’opposizione. Ed è qui che il Sudafrica si presenta a un bivio che condizionerà gli anni a venire.
Il partito «dei bianchi»
Il dilemma dell’Anc: con chi governare? Alleanza Democratica ha una linea liberale, ed è percepita come il tradizionale partito dei bianchi (che pure sono meno del 10% dei 60 milioni di abitanti). Dopo un paio di leader neri che si sono alternati alla guida, da un anno mister DA è effettivamente un bianco di Durban, John Steenhiusen, che ha sempre caldeggiato un’alleanza con l’ala moderata dell’Anc di Ramaphosa. Ma i veterani della lotta all’apartheid e i loro seguaci accetteranno l’abbraccio con il partito simbolo dei bianchi «liberisti», che si presentano come i campioni del rigore e della lotta alla corruzione imperante nonché dello status-quo sulla questione della terra?
Il gioco delle poltrone
Un’alleanza con le formazioni populiste che spingono per nazionalizzazioni e redistribuzione della terra sembrerebbe la più naturale (e la più temuta dai mercati, che ai primi risultati del voto hanno reagito negativamente, con il deprezzamento del rand e l’impennata dei tassi). MK e EEF hanno molti amici nell’Anc, amici che vorrebbero defenestrare Ramaphosa. Zuma ha giurato vendetta sull’attuale presidente, che lo ha cacciato dopo essere stato il suo numero due. Anche Malema proviene dal partito-madre, da cui se n’è andato tra i veleni una decina di anni fa. Chiaro che un accordo in questa direzione implicherebbe per l’Anc una virata «estremista». E la testa di Ramaphosa, ex pupillo di Mandela diventato miliardario prima di tornare alla politica. Zuma chiederebbe potere e riabilitazione. Malema per sé vorrebbe la carica di vice presidente e magari per il partito il governo della provincia del Gauteng, motore dell’economia sudafricana con al centro Johannesburg.
Le ragioni della caduta
Il malcontento per l’Anc ha innanzitutto motivazioni economiche e sociali. Malgrado i passi avanti, il Sudafrica resta il Paese più diseguale del mondo, con un tasso di disoccupazione che supera il 70%, milioni di persone senza elettricità per i continui blackout e 70 omicidi al giorno. L’inefficienza del sistema fa il paio con la corruzione.
Poi ci sono le fratture etnico-politiche. Nel KwaZulu-Natal, feudo di Zuma, MK al momento guida lo scrutinio con il 43% delle preferenze, relegando l’Anc al 21%. Gli Zulu sono il principale gruppo etnico del Paese. Negli anni tra la liberazione di Mandela nel ’90 e le libere elezioni del 1994, la provincia fu teatro di sanguinosi scontri (diecimila morti) tra i sostenitori dell’Anc e quelli dell’Inkatha Freedom Party del capo zulu Buthelezi (sostenuti dal regime bianco che voleva affossare Mandela).
Appuntamento a Città del Capo
Il premio Nobel Madiba riuscì nella grande riconciliazione nazionale che diede vita al Sudafrica democratico, quando per tre anni guidò un governo di coalizione. A dirigere i negoziati per la fine del regime bianco allora c’era il giovane sindacalista Ramaphosa. Che in queste ore si trova a compulsare il pallottoliere per negoziare una nuova, assai più modesta e controversa alleanza di governo che sancirà la fine dell’egemonia dell’Anc. Alleanza con chi? Nel KwaZulu Natal i contatti tra Anc e Mk sono già cominciati. Dietro le quinte, il vice segretario nazionale del partito finora sempre al governo, Paul Mashatile, quietamente scalpita. Sarà lui, con i piedi in più scarpe, a emergere come nuovo numero uno, quando entro 14 giorni il nuovo Parlamento si riunirà a Città del Capo per eleggere il presidente del futuro Sudafrica?