Campo largo alla francese condannato all'ambiguità

diMassimo Franco

L'alleanza nel centro-sinistra si presenta come una nebulosa di intese casuali

Il discorso pronunciato ieri a Trieste alle Settimane sociali della Chiesa italiana dal capo dello Stato Sergio Mattarella è un invito drammatico a imparare l’alfabeto della democrazia. Plana su una maggioranza e un governo di destra tentati dalla semplificazione istituzionale in nome della stabilità. Ma anche su minoranze che dall’opposizione tendono non solo ad additare le forzature degli avversari ma a delegittimarli. Sembrano tutti più interessati a trovare motivi di scontro e di contrapposizione pregiudiziale che a imbastire un simulacro di dialogo.

E se a destra si acuiscono le tensioni tra FdI, il partito della premier, e dei suoi due vice, FI e Lega, si tratti di Rai, di alleanze europee o di Ucraina, sul fronte opposto le intese appaiono, se possibile, perfino più complicate. Il «modello francese» che vede uno schieramento di tutte le forze ostili all’estrema destra di Marine Le Pen per fermarne la marcia trova imitatori da noi, anche se in Francia mette insieme una coalizione eterogenea e contraddittoria, in grado di reggere al massimo alla prova dei ballottaggi, per poi tornare a dividersi: sulla politica estera, sulle ricette economiche; quasi su tutto.

In Italia la situazione non è molto diversa. Le opposizioni si sono messe in vetrina a Bologna nei giorni scorsi. La segretaria del Pd, Elly Schlein, leader del partito-perno di un’alternativa virtuale, ha avvertito che «non è più tempo di veti». Ma tra potenziali alleati in realtà fioccano: le divergenze tra gli avversari del governo si sono perfino accentuate. Il M5S sta cercando casa a livello europeo, chiedendo ospitalità a una sinistra estrema ostile all’Ucraina, meno alla Russia. E fa sapere di non volere intese con Azione e Italia viva.

Ma nelle stesse organizzazioni centriste, uscite malconce dalle Europee del 9 giugno, si è aperta una fase a dir poco fluida: nel senso che qualcuno chiede ai due leader eternamente in lite e a corto di voti, Carlo Calenda e Matteo Renzi, di farsi da parte perché sono di ostacolo. E pure tra i grillini i malumori lievitano. Un pezzo del Movimento non solo non vuole sentire parlare dei centristi ma contesta il ruolo di Giuseppe Conte e un’alleanza col Pd, sognando un ritorno alle origini e rifiutando di schierarsi a sinistra.

Per questo, la foto di gruppo scattata nei giorni scorsi sotto l’«ombrello» simbolico dell’Associazione partigiani come garante sa di finzione unitaria destinata a lasciare il posto a una realtà conflittuale. Il mitico «campo largo» delle opposizioni si presenta come una nebulosa di intese casuali, tattiche, gonfie di ambiguità, alla cui tenuta non credono per primi i partecipanti. Il rischio è che alla fine rimanga solo uno scontro tra culture di minoranza, a destra e a sinistra: un conflitto di pregiudiziali, destinato ad aumentare l’astensione e a evocare una democrazia sempre più senza popolo.

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3 luglio 2024

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