Case green, via libera definitivo. Ma il centrodestra vota contro, e annuncia battaglia
STRASBURGO – Passa con un momento di confusione, dovuta a una clamorosa protesta di alcuni deputati, la direttiva sulle case green, nella seduta plenaria del Parlamento di Strasburgo; 370 i voti favorevoli, 199 i contrari, 46 gli astenuti. A contestare il voto con fischi il deputato Angelo Ciocca (Lega), al quale ha replicato in Aula Brando Benifei (Pd): «Il collega Ciocca non è nuovo a queste proteste, che fanno capire ai cittadini europei che il nostro lavoro è questo, rendendoci ridicoli».
Alla clamorosa protesta di Ciocca corrisponde un voto contrario da parte di tutti gli eurodeputati italiani del centrodestra, con l’unica eccezione di Alessandra Mussolini. Il leader della Lega Matteo Salvini definisce la direttiva “l’ennesima follia europea”. E la relatrice ombra del provvedimento, Isabella Tovaglieri (Lega), annuncia battaglia: «Per maggioranza e Ue, una vittoria di Pirro. L'approvazione della direttiva sull'efficientamento energetico degli edifici voluta da Verdi e sinistra è azzoppata, la loro Casa Green e il sogno di mettere le mani sul portafogli degli italiani sono già caduti a pezzi. Abbiamo espresso voto contrario in Aula e ci impegniamo fin d'ora a continuare la nostra battaglia per arrivare a una revisione della direttiva nel 2028».
Il voto a favore del centrosinistra
«La direttiva sulle case green è stata al centro di polemiche furibonde della destra che l'ha persino bollata come una eco-patrimoniale, – obietta Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo – basta leggere il testo per rendersi conto che non è così e che siamo davanti a un imperdibile volano di sviluppo».
«Io avrei voluto anche un provvedimento più incisivo, la direttiva che abbiamo votato oggi prevede proprio il minimo sindacale per combattere l’inquinamento e affrontare il cambiamento climatico», obietta l’eurodeputata Pd Patrizia Toia.
Cosa prevede la direttiva
Dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero; per gli edifici pubblici l’obbligo scatta dal 2028. Dal 2040 scatterà il divieto di utilizzare le caldaie alimentate da combustibili fossili, ed entro il 2025 i sussidi per le caldaie autonome. Ed entro il 2050 il patrimonio edilizio dei 27 Paesi dell’Unione Europea dovrà essere a emissioni zero. Sono le norme cardine della direttiva sulle case green, che ha appena ricevuto il via libera definitivo del Parlamento Europeo.
Servono 152 miliardi di euro l’anno
Ma sono anche le poche certezze legate al provvedimento, che prevede un impegno enorme, per un “Vecchio continente” con un patrimonio edilizio altrettanto vetusto. Per la ristrutturazione serviranno, ha calcolato la stessa Commissione, da qui al 2030, 275 miliardi l’anno, di cui 152 sono fondi addizionali che al momento devono ancora essere reperiti. Il calcolo non è stato fatto Paese per Paese, ma l’Italia è tra quelli con le maggiori necessità. Entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva, non prima dell’inizio del 2025, ogni Paese dovrà elaborare un piano sul come rendere i propri edifici sostenibili dal punto di vista climatico. Senza però poter contare su risorse europee certe.
Il nodo dei fondi
Il relatore della direttiva, il verde irlandese Ciaran Cuffe, ha spiegato in un incontro con la stampa precedente al voto che ritiene che il peso economico si suddividerà per un 40% di fondi pubblici e un 60% di investimenti privati. Ma di questi fondi pubblici al momento non si vede nulla, non di fondi ad hoc, almeno. La direttiva indica, come risorse a copertura del provvedimento, i fondi di coesione, il Recovery and resilient fund, e il Climate Fund. Per il futuro, i Verdi, e i partiti di sinistra che maggiormente hanno sostenuto la direttiva, puntano a un European Housing Fund che assicuri una protezione soprattutto ai proprietari di case più poveri e vulnerabili.
«Non ci si può aspettare che ogni volta che la Ue approva un provvedimento preveda dei fondi ad hoc. – concorda Patrizia Toia – Al momento, oltre a utilizzare meglio i fondi del Recovery Fund, si può pensare ai fondi delle Regioni, che spesso rimangono non spesi per anni, e che tra le priorità prevedono proprio l’efficientamento energetico».
La mancanza di fondi ad hoc, unita all’eliminazione degli standard stringenti che erano inizialmente previsti per la direttiva, potrebbe essere un ostacolo alla sua messa a terra, nei tempi previsti. Gli standard minimi di prestazione energetica previsti attualmente sono, per gli edifici non residenziali, che almeno il 16% degli edifici con le prestazioni peggiori degli Stati membri vengano ristrutturati entro il 2030, il 26% entro il 2033. Per gli edifici residenziali invece verrà applicato “un obiettivo settoriale medio di riduzione energetica”, e cioè bisognerà ridurre il consumo di energia del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2033.