
L’Italia esce dalla Via della Seta: la disdetta dell’accordo inviata alla Cina
La mossa era attesa già dall’estate, quando ne parlarono la premier Giorgia Meloni e il presidente Usa Joe Biden. Ma ora l’atto ufficiale è stato scritto dalla Farnesina e inviato al destinatario: l’ambasciata di Pechino. L’Italia non farà più parte della Via della Seta, il piano cinese per rimodellare l’economia globale lanciato nel 2013 da Xi Jinping, del quale giusto un paio di mesi fa ha celebrato il decennale. Un piano che a suon di contratti (Pechino ha parlato di 1.900 miliardi di euro in tutto il mondo) e finanziamenti al Sud del mondo tramite la Export-Import Bank of China avrebbe dovuto spostare l’asse economico verso Oriente.
Secondo quanto riferisce il Corriere, l’Italia – a quattro anni dall’ingresso ufficile nella Belt&Road Initiative (BRI) e in vista della scadenza dell’adesione di marzo 2024 – tre giorni fa ha predisposto una nota verbale e l’ha consegnata al governo cinese. “No comment”, la risposta di Palazzo Chigi al riguardo.
Il governo Meloni aveva da mesi disseminato la propria intenzione nel corso di svariati appuntamenti internazionali. Prima al vertice del Fondo monetario internazionale, quando il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva chiarito di non aver condiviso il passo dell’allora premier Giuseppe Conte, adoperandosi per svuotarlo di qualsiasi contenuto, anche durante il governo Draghi. Poi al vertice Nato di Vilnius, quando Meloni aveva rafforzato la scelta atlantista.

Nella nota, l’Italia ha ribadito l’amicizia con Pechino, l’impegno a sostenere i rapporti economici strategici, ma ha formalmente comunicato la disdetta dell’accordo. Una mossa che ha seguito il rifiuto dei funzionari cinesi di lasciar cadere il tutto nel vuoto: si era provato a passare attraverso un mancato rinnovo e quindi una fine, di fatto, dell’accordo. Ma alla fine c’è voluto un atto formale per sfilarsi dal progetto, nel quale l’Italia era l’unico Paese del G7 coinvolto.
ll tema era ovviamente molto delicato per gli equilibri internazionali, con il timore di subire ripercussioni da parte cinese magari in settori – come quello del lusso – in cui le aziende italiane sono esposte particolarmente a quel mercato. Non a caso la mossa è stata preceduta da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia in estate e a seguire dalla visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani: incontri in cui è stata confermata l'intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi e in cui sono stati avviati fra gli altri i passi preparatori per la visita del capo dello Stato Sergio Mattarella l'anno prossimo.
Dei venti miliardi di affari prospettati nel 2019, quando Giuseppe Conte e Xi firmarono a Villa Madama il memorandum, poco o nulla è arrivato. Lo stesso Xi ha rivisto l’impianto del suo piano, abbandonando i grandi progetti di grandeur in favore di interventi più mirati.