Un’italiana a New York: «Io, dentro la dittatura woke. Sono bianca e devo scusarmi anche se non sono razzista. E guai a chiedere: di dove sei?»

di Federico Rampini

La 42enne veneta e il master alla Columbia: �Corsi vietati e discriminazioni: sono delusa�

Un’italiana a New York: «Io, dentro la dittatura woke. Sono bianca e devo scusarmi anche se non sono razzista. E guai a chiedere: di dove sei?»

La Columbia University di New York (Afp)

Ho 42 anni, arrivai dal Veneto a New York nel 2009 e me ne innamorai subito. Dovevo rimanere per uno stage di pochi mesi, sono ancora qui. Oggi per� stento a riconoscerla. In Italia mi considero una progressista, perfino radicale. A New York ora devo scusarmi in continuazione per essere bianca, quindi privilegiata e incapace di capire le minoranze etniche. Sono catalogata dalla parte degli oppressori. Passo il mio tempo a camminare sulle uova, a dribblare le regole della cultura woke , qualsiasi cosa dica o faccia pu� essere condannata come una micro-offesa rivolta contro afroamericani o latinos�.

L’ammissione

Lo sfogo di L.T. � appena sussurrato, con molta prudenza. Di solito non lo faccio, ma capisco che nel suo caso dovr� usare solo le iniziali. Lavora in un’importante istituzione culturale italo-americana che non apprezzerebbe questa sua confessione. Lei vorrebbe cambiare mestiere per diventare un’assistente sociale, mettersi al servizio dei pi� bisognosi: senzatetto, tossicodipendenti, malati mentali sono un esercito in aumento in questa metropoli. Per questo si � iscritta a un Master della Columbia University, dove si formano appunto gli assistenti sociali. Nonostante abiti qui da 15 anni, non era abbastanza preparata a quel che l’aspettava dentro la prestigiosa universit� newyorchese.

�Per le prove di ammissione — racconta — ho dovuto scrivere un saggio in cui anticipavo quale sar� il mio impegno nel razzismo anti-black, perch� � un dogma che il vero razzismo � solo quello di noi bianchi contro i neri. Sono stata esclusa dal corso a cui ero pi� interessata, sull’assistenza ai tossicodipendenti, perch� i non-bianchi hanno la precedenza. Nella settimana iniziale del Master dedicata all’orientamento dei nuovi iscritti, a noi studenti bianchi � stato chiesto di scusarci con i compagni di corso neri per il razzismo di cui siamo portatori. E devo aggiungere questo dettaglio: perfino una studentessa afroamericana mi si � avvicinata per confessarmi il suo imbarazzo, lei stessa trovava quella situazione mortificante. Ogni due settimane una bianca come me deve partecipare a una riunione di White Accountability (“responsabilit� bianca”): due ore con una persona che ci interroga per farci riconoscere le nostre micro-aggressioni verso i neri e chiederci un pentimento�.

Cosa s’intende per micro-aggressioni, le chiedo? �C’� un lunghissimo elenco di frasi proibite, perch� considerate offensive. Per esempio, non bisogna mai chiedere a un compagno di studi da dove viene: pu� suonare come un’implicita discriminazione etnica. Guai a chiedere verso quale campo di studi si orienta: se � nero quella parola pu� evocare una piantagione di cotone dove lavoravano i suoi antenati schiavi, se � di origini messicane un terreno agricolo dove suo nonno era bracciante. Se cadi in una di queste offese, devi dichiararla e chiedere scusa, poi fare un’analisi del privilegio bianco che ti ha indotto in errore�.

Pentimento

In parallelo, mentre lei partecipa a queste sessioni di auto-denuncia e pentimento, i suoi compagni di studi afroamericani si riuniscono nel Black Women o Black Men Safe Space (�spazio sicuro�): �� il momento a loro riservato per denunciare le micro-aggressioni di noi bianchi, e mettere sotto accusa la Columbia se non affronta in modo adeguato il privilegio bianco, il razzismo sistemico�. La quarantenne italiana non ha rinunciato al suo sogno di aiutare i pi� deboli. Prima o poi ci riuscir�, a fare l’assistente sociale. � delusa per� dalla qualit� della formazione che le fornisce una delle universit� pi� prestigiose del mondo. �Tutti i corsi della Columbia devono essere insegnati nell’ottica del Prop: Potere Razzismo Oppressione Privilegio. Io riconosco che un’assistente sociale deve essere informata su tutte le ingiustizie, deve conoscere tutti i fattori di disagio sociale. Ma catalogarci nelle categorie binarie di oppressore/oppresso non aiuta a conoscere la realt�. Un’assistente sociale dovrebbe occuparsi dell’essere umano, non incasellarlo in definizioni ideologiche�.

Incidenti

Tra gli incidenti che ricorda, c’� il corso in cui le fu chiesto di commentare un’intervista-podcast con un’adolescente nera durante la pandemia, una 14enne di Minneapolis. L.T. os� dirsi �colpita che un’adolescente fosse gi� tanto consapevole del trauma generazionale�. Frase in codice: secondo la Critical Race Theory , che � il Vangelo delle universit� americane, il trauma generazionale � quello ereditato da chi discende da schiavi neri. �Sono stata messa sotto accusa da tre studenti: ecco, si vede il tuo privilegio, se tu fossi nera sapresti gi� da bambina cos’� il tuo trauma generazionale�.

Un dogma che lei ha appreso frequentando il Master alla Columbia riguarda una minoranza sotto tiro di questi tempi, oggetto di minacce e aggressioni. Gli ebrei non sono tutti uguali. �La regola � che gli ebrei ashkenaziti, di origine est-europea, sono bianchi quindi oppressori, gli ebrei sefarditi di origine mediorientale hanno il diritto a stare nella categoria degli oppressi�. Una sua compagna di studi ebrea-americana in classe ha raccontato di nascondere la propria origine per non correre rischi, ma prima di farlo si � profusa in scuse verso i compagni neri per aver osato descriversi come una vittima. Un episodio ha colpito l’italiana dopo la strage di Hamas del 7 ottobre. �Una docente ha organizzato un dibattito invitando un palestinese e un ebreo rigorosamente filo-palestinese. Nelle valutazioni che gli studenti fanno dei professori, quell’evento le � stato contestato perch� nel dibattito mancava un portavoce di Hamas�.

Ora che s’immerge in un campus cos� dottrinario, le torna in mente un episodio precursore, che avrebbe dovuto prepararla a quel che sta vivendo. �Durante la pandemia — ricorda L.T. — partecipavo a uno dei gruppi di mutuo soccorso a Brooklyn, in 1.500 volontari aiutavamo soprattutto i pi� poveri, gli immigrati clandestini rimasti senza nessuna assistenza. Nel quartiere di Bushwick a guidare i volontari era una donna bianca. Quando si � saputo, � stata crocifissa sui social: l’incolparono di neocolonialismo. Dovette dimettersi. Alcuni black del suo quartiere osarono difenderla: a loro volta sono stati accusati di avere introiettato il razzismo, e di avere il complesso del salvatore bianco�. L.T. conosce dei neri che si ribellano a questa dittatura ideologica. �Una mia compagna afroamericana � stufa di vedersi rappresentare come un’eterna vittima bisognosa di risarcimenti. Lei dice: cos� mi viene tolta ogni auto-determinazione, in questa ideologia � escluso che io possa riscattarmi da sola, con le mie capacit� e per merito mio�.


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3 marzo 2024 (modifica il 3 marzo 2024 | 21:01)

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