Benny Gantz si dimette «Colpa di Netanyahu se ora la guerra arranca»
L'ex ministro della Difesa chiede nuove elezioni. Lascia anche un generale
DALLA NOSTRA INVIATA
TEL AVIV «Lascio con il cuore pesante. Non vinceremo questa guerra come pianificato». Torna a risalire la pressione su Bibi, dopo nemmeno 48 ore dall’«operazione Arnon» e il rilascio degli ostaggi. Benny Gantz, come atteso, lascia il governo di unità nazionale in cui era entrato all’indomani del 7 ottobre. Annuncio rimandato di 24 ore, per non interferire con il blitz a Gaza e non destare i sospetti di Hamas, come scrive Haaretz.
Il motivo della decisione, la dice chiaro Gantz ai giornalisti riuniti alla periferia di Tel Aviv: «Netanyahu ci sta impedendo di raggiungere una vera vittoria». Poi, la richiesta di nuove elezioni e che il Paese non venga portato alla rovina.
È metà maggio quando il leader centrista intima un ultimatum al primo ministro, minacciando di lasciare il governo qualora non venga approvato un piano post-Hamas per Gaza. «Considerazioni personali e politiche hanno cominciato a entrare nella cosa più sacra di tutte, la sicurezza di Israele», dice allora. A nulla servono i tentativi di convincere l’ex generale a cambiare idea. La maggioranza del partito vuole tornare all’opposizione. Troppo pericoloso restare. Secondo gli analisti, Gantz perde nei sondaggi perché considerato troppo morbido, troppo esitante, troppo conciliante nei confronti di Netanyahu. Meglio allora correre ai ripari e aspettare tempi migliori.
Assai pericoloso restare anche in una fase così incerta del conflitto. Se Gantz offre una visione della società più liberale di quella di Netanyahu e promuove un governo laico favorevole al matrimonio civile, cosa non consueta in Israele, questo figlio di immigrati rumeni e ungheresi sopravvissuti alla Shoah, vuole preservare la sua immagine di falco determinato a mantenere il controllo militare israeliano sulla maggior parte della Cisgiordania occupata e a voler annettere la Valle del Giordano.
«Ripensaci, non abbandonare la battaglia. Israele è in guerra per la sua esistenza», è l’ultimo appello di Bibi. Ma troppi sono stati gli screzi tra i due in questi mesi. A partire dall’inizio di marzo, quando l’ex ministro della Difesa va in visita ufficiale a Washington, scatenando l’ira del Likud. Fonti vicine a Gantz — scrive ancora Haaretz — parlano di una rottura di fiducia totale, per la gestione della guerra a Gaza, certo. Ma anche per questioni interne legate alle nomine, tra cui quella del capo della polizia.
Con la partenza di Gantz, è probabile che il gabinetto di guerra, istituito dopo l’attacco del 7 ottobre, si sciolga. Netanyahu potrebbe tornare al suo precedente modus operandi, in cui discute le questioni di sicurezza in consesso ristretto prima delle riunioni gabinetto. Questo gruppo ha il compito di prendere decisioni importanti, che Netanyahu poi cerca di far approvare dall’esecutivo. E nulla cambia — almeno all’apparenza — per il governo, la cui maggioranza resta comunque garantita dall’estrema destra ortodossa, anche con il ritiro dell’appoggio del partito centrista.
A lasciare non è solo Gantz. Il generale di brigata israeliano Avi Rosenfeld, nell’Idf da oltre 30 anni, ha annunciato le dimissioni dalla carica di comandante della Divisione Gaza, il cui compito è difendere la zona sud d’Israele al confine con la Striscia e il suo ritiro dall’esercito. «Ho fallito nella missione di proteggere la vita dei residenti delle comunità di confine di Gaza», ha detto Rosenfeld.