Paul Watson, il «pirata» che difende gli oceani. Chi è l'attivista arrestato in Danimarca (e perché è stato fermato)
Tra i fondatori di Greenpeace e di Sea Shepherd, oggi guida la fondazione che porta il suo nome. A 74 anni è ancora in prima linea, dalla parte delle balene e di tutti gli abitanti del mare
Al capitano Paul Watson le manifestazioni con megafoni e striscioni non sono mai piaciute più di tanto. Utili per far conoscere i problemi, ma non per risolverli. Lui, 73 anni, ha sempre preferito l’azione in prima linea. Prima con Greenpeace e poi con Sea Shepherd, l’organizzazione da lui fondata perché i metodi della prima a un certo punto gli erano sembrati troppo soft. E ora alla guida della fondazione che porta il suo nome, la Cpwf.
Dopo mezzo secolo di campagne in difesa delle balene e dei grandi mammiferi marini, contro il saccheggio degli stock ittici, contro i test nucleari e il bracconaggio in mare — che gli hanno procurato le simpatie del mondo animalista e ambientalista, ma anche un discreto numero di nemici — ieri si è ritrovato in manette. È stato arrestato in Groenlandia dalla polizia che ha dato seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone nel 2012 e che si pensava ormai decaduto. Toccherà al governo danese, a cui la Groenlandia appartiene, decidere sull’eventuale estradizione.
Watson era a bordo della «John Paul DeJoria», la nave della Cpwf in procinto di partire per il Pacifico settentrionale per contrastare la «Kangei Maru», ammiraglia della flotta baleniera di Tokyo. I «pirati» di Watson si trovavano a Nuuk, la capitale, per le operazioni di preparazione e di rifornimento. E si apprestavano ad affrontare il Passaggio a Nord Ovest, transitando in acque canadesi. Durante il percorso avrebbero compiuto anche una missione scientifica, raccogliendo campioni delle acque per monitorare la presenza di microplastiche nell’Oceano Artico e raccogliendo dati sui cambiamenti climatici in ambiente polare.
Ma il cuore dell’operazione sarebbe stato il successivo faccia a faccia con la mastodontica imbarcazione nipponica, che avrebbe riportato in auge le battaglie compiute negli anni passati da Sea Shepherd al Polo opposto, nell’Oceano Antartico. Le «Whale wars», le guerre per le balene» (così era stata intitolata anche una docu-serie che aveva documentato gli scontri), si era conclusa con una parziale vittoria degli animalisti che ostacolavano i cacciatori nipponici frapponendosi tra loro e le balene con motonavi e gommoni.
Una delle loro imbarcazioni, la «Bob Barker», nel 2014 era stata speronata dai giapponesi e il lancio del mayday per i soccorsi aveva costretto Tokyo a sospendere le operazioni. Il clamore mediatico e l’isolamento del Giappone, che nel frattempo era anche uscito dalla Commissione baleniera internazionale (Iwc) non condividendo la moratoria decisa a livello mondiale sulla caccia alle balene, avevano indotto a uno stop temporaneo delle attività. Che sono però ricominciate dopo qualche anno in altre acque e con navi più moderne. Una seconda imbarcazione della Cpwf, la «Bandero» è in ogni caso alla fonda in Australia. «Con due navi — ha spiegato l’organizzazione — saremo posizionati per intercettarli ovunque opereranno».
Resta però da vedere se l’arresto di Watson bloccherà questa operazione a tenaglia. Gli equipaggi di Sea Shepherd in passato si sono mossi anche senza il loro capitano a bordo. Ma quella era un’associazione molto articolata, con volontari e finanziamenti in tutti i continenti, e che da tempo lavora anche al fianco delle polizie e delle guardie costiere nel presidiare i mari più soggetti a pesca illegale, coste italiane comprese. Una posizione più istituzionale che forse stava stretta allo stesso Watson che, da irriducibile capitan Harlock dei mari, nel 2022 aveva deciso di lasciare il suo vecchio gruppo e partire per una nuova avventura in prima linea. Fino a ieri, quando le manette, evitate tante volte in passato, sono scattate.