Spalletti ci porta all’Europeo (e non era scontato)

di Fabrizio Roncone, inviato a Leverkusen

Andiamo agli Europei, proviamo a vincere ma siamo confusi e arrembanti. Altra sensazione: � chiaro che non abbiamo uno da zampata in area. Ci manca un Luca Toni

Spalletti ci porta all’Europeo (e non era scontato)

Andiamo agli Europei: � una notizia bella, forte, non scontata, entusiasmante.� faticoso trovare le parole giuste. L’avete vista, la partita: complicata, piena di suggestioni. Cominciamo bene, dominiamo, ma poi ci afflosciamo, rischiamo e arriviamo con botte di vero panico a questo momento, con gli azzurri che laggi�, sul prato, si abbracciano stremati e felici.
Dove sei, Luciano?
Era solo per dirti grazie.
Sei venuto a mettere sulla panchina azzurra tutto il tuo mestiere immenso, e la saggezza, e quel tuo strepitoso tormento calcistico, pieno di genio tattico e pignoleria prossima all’ossessione. Lo sai? Ci piace da pazzi quella brace che hai negli occhi, quel tuo scandire le sillabe — in conferenza stampa — come se le battessi sul ferro. Hai ragione: �� adesso che viene il bello�.

Adesso per� qualcuno avverta pure il tipo con il ciuffo color mogano, scappato a riempirsi il portafogli di bigliettoni arabi, che ce l’abbiamo fatta lo stesso, a qualificarci.
Pensieri sparsi. Calma. Volete sapere cos’altro resta sugli appunti di questa notte tedesca? Intanto: prima della cronaca battente, piccole note di puro colore. Per dire: molto intenso il momento degli inni nazionali. Gli ucraini cantano con la forza di un popolo in guerra. I tifosi italiani, tanti, con una grande voglia di Italia, di radici, di tricolore (c’� chi lavora qui in Germania e poi ci sono i nipoti dei vecchi immigrati, i pronipoti, certi parlano la nostra lingua con i verbi all’infinito — �Sempre tifare io per crante nazzzionale azurra, ja!�) —: � davvero qualcosa di sinceramente patriottico, di struggente, senza la retorica pelosa della politica. Una coperta di passione ed entusiasmo cala cos� addosso agli azzurri.

Spalletti s’alza dalla panchina, s’ingobbisce e inizia a urlare. I suoi li vuole subito corti, compatti. Il piano — ormai un piccolo classico per questa Nazionale — �: in fase offensiva, Dimarco lascia la fascia sinistra, taglia in mezzo e diventa, di fatto, un trequartista. Zaniolo e Chiesa partono larghi per poi buttarsi, anche loro, dentro l’area. Raspadori, invece, tende a lasciarla, a portare fuori i difensori, per creare corridoi. Il giochino ci riesce a tratti, sono solo lampi. Il guaio � che gli ucraini, quando ripartono, dimostrano di essere abili nella nostra vecchia specialit�, quella in cui eravamo maestri prima dell’avvento di Arrigo Sacchi: il contropiede. Buongiorno si becca un’ammonizione. Segue qualche altro spavento. Una gran parata di Donnarumma. Ma poi iniziamo a fare la partita.

Sensazione netta: sembriamo aver capito che non conviene fare i soliti calcoli meschini. Ci basta il pareggio, va bene. Per� � meglio vincere. Ci proviamo. Siamo confusi, e comunque arrembanti. Altra sensazione: � chiaro che non abbiamo uno da zampata in area. � mortificante rimpiangere non Gigi Riva, ma pure il fantasma di Luca Toni.

Quindi? Nell’intervallo Spalletti toglie Raspadori e dice a Scamacca che tocca a lui. Scamacca del vero centravanti ha almeno il fisico. In area inizia a farsi sentire. Spallate, gomiti alti. Dobbiamo farcelo bastare. Questi siamo, e con questi dobbiamo cercare di andare agli Europei. Certo lo scorrere dei minuti aumenta la percezione del rischio imminente.
Cosa puoi inventarti, Luciano?
Luciano, e se provassimo a dare un po’ di qualit� con Bonaventura?
Viene da pensare: ma i vertici del calcio italiano, le vedono queste partite? Si accorgono che i nostri vivai non sfornano un talento puro dal secolo scorso? Lo sanno che Bonaventura, quello che potrebbe darci un po’ di luce, ha 34 anni suonati? Vabb�: ora per� c’� Chiesa, qui sotto, attacchiamo da destra verso sinistra e lui si ritrova sul piede un bel pallone pulito. Picchia di mezzo collo, � il suo dessert preferito, l’incrocio dei pali dall’altra parte. Ma il tiro va fuori.


Okay. Quanto manca? Ancora mezz’ora, porca miseria. Un’eternit�.
Il citt�, a gesti, verso Dimarco: fai il bravo, adesso stattene buono a fare il terzino. Il citt� annusa l’aria. Paratona di Donnarumma. Calma, ragazzi. Calma. Perch� iniziamo ad essere visibilmente stanchi. E perch� ormai siamo dentro quel territorio del destino dove, se segna l’Ucraina, ci manda gi� nel pozzo nero.
Fuori Zaniolo e Jorginho, dentro Politano e Cristante. Noi che guardiamo l’orologio. I tifosi ucraini che tirano fuori i cellulari e illuminano lo stadio tipo fiaccolata (una volta si faceva bruciando i giornali). Distrarsi. Pensare ad altro. Ansia. Tremenda. A otto minuti dalla fine, s’� chiusa la Moleskine, e buonanotte.

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21 novembre 2023 (modifica il 21 novembre 2023 | 06:57)

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