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Detrarre dalle tasse 5 mila euro di spese per auto e casa: così l’Italia guarirebbe dal «nero»
Che l’imposizione fiscale sia eccessivamente alta per il combinato di imposte dirette e indirette, non c’è dubbio ma non lo è per tutti. Bisogna infatti chiedersi per chi è così alta. E se non si risponde a questa prima domanda, si continuano politiche che nel nobile tentativo di ridurre la povertà hanno invece l’effetto opposto di «addormentare» il Paese moltiplicando i poveri. Prendiamo un dato che parla da solo: il 22,15% degli italiani paga il 74,26% di tutta l’Irpef, la stragrande parte di Irap, Ires, imposte sostitutive e indirette. Siamo in presenza di una vera e propria evasione di massa, considerando (Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) che la spesa per il gioco d’azzardo in Italia nel 2022 è stata di oltre 136 miliardi di euro, cui occorre aggiungere almeno altri 20 miliardi per il gioco irregolare.
Sarà complicato finanziare nei prossimi anni il nostro generoso welfare se sono così in pochi quelli che danno e tanti quelli che prendono; altro che portare le pensioni a mille euro al mese: falliremmo dopo pochi anni.
Una possibile soluzione c’è: si chiama contrasto di interessi. In Italia ci sono 25,5 milioni di famiglie che comprano una serie di servizi e lavori per la casa, aiuti domestici, mobilità e così via, direttamente dai fornitori finali senza intermediari che sono, oltre ai lavoratori autonomi regolari, un plotone di irregolari, secondo lavoristi, assistiti da ammortizzatori sociali, disoccupati, clandestini. Tolti artigiani e commercianti regolari, possiamo stimare in circa 4 milioni i «sommersi» (dati Istat) che peraltro fanno una spietata concorrenza sleale ai regolari.
Moltiplicate il numero di famiglie per 4 interventi l’anno e vengono fuori più di 100 milioni di prestazioni «Iva evasa» che, ipotizzando un costo medio di mille euro, fanno già oltre 100 miliardi. A questi numeri occorre poi sommare le prestazioni fatte dai regolari ma che diventano anche queste in parte in «nero» per un ovvio motivo di concorrenza e convenienza: prendiamo un lavoratore medio che guadagna 1.400 euro al mese e che deve imbiancare casa (lo stesso vale per lavori idraulici, elettricisti, tappezzieri, meccanici di bici, moto, auto, carrozzieri ecc.); costo dell’intervento 1.000 euro. Il copione è ormai standard: «se vuole la fattura sono 1.220 euro ma se non le serve perché in Italia è indeducibile posso farlo a 900». Ora poiché gli italiani non sono né eroi fiscali e né idioti, la scelta è scontata: «Faccia 900». Il fornitore non paga le tasse, l’Iva, i contributi e vive a carico di coloro che le tasse le pagano mentre il capo famiglia, con i 320 euro risparmiati riesce in quel mese a comprare qualcosa in più per i bambini e per la casa.
Per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e quindi aumentare in modo razionale i consumi, la proposta chiave è il «contrasto di interessi» che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario.
Sarà complicato finanziare nei prossimi anni il nostro generoso welfare se sono così in pochi quelli che danno e tanti quelli che prendono; altro che portare le pensioni a mille euro al mese: falliremmo dopo pochi anni.
Una possibile soluzione c’è: si chiama contrasto di interessi. In Italia ci sono 25,5 milioni di famiglie che comprano una serie di servizi e lavori per la casa, aiuti domestici, mobilità e così via, direttamente dai fornitori finali senza intermediari che sono, oltre ai lavoratori autonomi regolari, un plotone di irregolari, secondo lavoristi, assistiti da ammortizzatori sociali, disoccupati, clandestini. Tolti artigiani e commercianti regolari, possiamo stimare in circa 4 milioni i «sommersi» (dati Istat) che peraltro fanno una spietata concorrenza sleale ai regolari.
Moltiplicate il numero di famiglie per 4 interventi l’anno e vengono fuori più di 100 milioni di prestazioni «Iva evasa» che, ipotizzando un costo medio di mille euro, fanno già oltre 100 miliardi. A questi numeri occorre poi sommare le prestazioni fatte dai regolari ma che diventano anche queste in parte in «nero» per un ovvio motivo di concorrenza e convenienza: prendiamo un lavoratore medio che guadagna 1.400 euro al mese e che deve imbiancare casa (lo stesso vale per lavori idraulici, elettricisti, tappezzieri, meccanici di bici, moto, auto, carrozzieri ecc.); costo dell’intervento 1.000 euro. Il copione è ormai standard: «se vuole la fattura sono 1.220 euro ma se non le serve perché in Italia è indeducibile posso farlo a 900». Ora poiché gli italiani non sono né eroi fiscali e né idioti, la scelta è scontata: «Faccia 900». Il fornitore non paga le tasse, l’Iva, i contributi e vive a carico di coloro che le tasse le pagano mentre il capo famiglia, con i 320 euro risparmiati riesce in quel mese a comprare qualcosa in più per i bambini e per la casa.
Per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e quindi aumentare in modo razionale i consumi, la proposta chiave è il «contrasto di interessi» che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario.