Le truppe russe in Ucraina si procurano al mercato nero terminali Starlink: Musk non li spegne
NEW YORK – Aspirapolveri, cellulari e terminali Starlink: sono i prodotti facilmente acquistabili sull’Amazon russo shopozz.ru, rivenditore online che ha recentemente arricchito il suo catalogo inserendo anche i preziosi router del servizio satellitare sviluppato da Space X di Elon Musk. L’uso di questi ultimi è vietato in Russia: ma aggirando le regole si sta trasformando in uno strumento sempre più usato dall’esercito russo sul campo di battaglia. Erodendo così il vantaggio degli ucraini, cui inizialmente l’imprenditore d’origine sudafricana aveva affidato i suoi dispostivi d’avanguardia, utilissimi per controllare droni e altre tecnologie avanzate.
Un’inchiesta del Wall Street Journal, che ha seguito tutta la catena di passaggi, svela che la maggior parte degli ordini provengono proprio da quelli che Mosca definisce “nuovi territori” – ovvero l’Ucraina occupata – per “usi principalmente militari”. A consegnarli all’esercito, non meglio specificati volontari. In realtà il capo dell'intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov aveva lanciato l’allarme già lo scorso febbraio. E Musk si era affrettato a negare la possibilità sostenendo che i suoi satelliti non si collegano a dispositivi russo. Ma secondo il Wsj gli hardware Starlink acquistati da intermediari su piattaforme online o contrabbandati all’interno della Russia funzionano invece benissimo. E l’esercito russo ne sta beneficiando. Il sistema, facilmente aggirato registrando gli hardware in paesi dove Starlink è consentito e poi utilizzando la funzionalità del roaming.
L’indagine del Wsj ha però scoperto che la rete per aggirare i controlli è molto ampia: alimentata da accordi dietro le quinte che passano da Africa, Sud-Est asiatico ed Emirati Arabi Uniti. È così che migliaia di dispositivi grandi quanto una scatola di pizza finiscono nelle mani di nemici degli Stati Uniti. Certo, una soluzione si sta già cercando. L’Ucraina sta lavorando col governo americano e con SpaceX per trovare una soluzione, ma finora non è ancora chiaro come pensano di operare. Intanto, però, sull’esempio russo, anche miliziani di altre parti del mondo stanno aggirando le restrizioni.
In Sudan, ad esempio, dove quella tecnologia è illegale, anche le Rapid Support Forces, un potente gruppo paramilitare nato dalla famigerata milizia Janjaweed dei primi anni 2000 accusato dagli Stati Uniti di crimini di guerra, stanno usando Starlink per accedere al suo Internet ad alta velocità. I terminali hanno potenziato le capacità di comando dei ribelli e li hanno aiutati a reclutare nuovi uomini. Anche le autorità di quel Paese hanno contattato Starlink chiedendogli di disattivarne le funzioni nelle aree da loro indicate: ma dall’America non è mai arrivata risposta. E l’hardware è arrivato anche nello Yemen devastato dalla guerra. Ed è stato contrabbandato anche in Iran.
Starlink, nata come tecnologia civile ha 5.700 satelliti operativi in orbita attorno alla Terra, 2,7 milioni di clienti e un nuovo impianto di produzione in Texas. I ricavi sono attorno all’1,4 miliardi di dollari, in costante crescita. Come altri sistemi di comunicazione spaziale, Starlink si basa su satelliti in orbita, infrastrutture chiamate stazioni di terra e terminali per fornire agli utenti connessioni Internet ad alta velocità. Parlandone col suo biografo, Walter Isaacson, il patron Elon Musk ha espresso disagio riguardo all’uso della sua tecnologia “pacifica” nella guerra in Ucraina: “Come sono finito in questa guerra?”, ha detto.
In realtà fu lui ad attivare il servizio in Ucraina dopo l’inizio della guerra, poi tentò di tirarsi indietro. Quei terminali hanno aiutato molto gli ucraini, numericamente inferiori, a respingere i russi. Starlink avrebbe tutta la capacità di limitare l’accesso grazie al sistema di “geofencing” atto a rendere il servizio non disponibile in aree specifiche, insieme al potere di disattivare singoli dispositivi.