Netanyahu, le mosse di Israele prima di Pasqua. Bombardata una base sciita in Iraq
L’indiscrezione: gli Usa dovrebbero annunciare sanzioni contro un battaglione dell’esercito israeliano
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME - Il capo di Hamas va in visita in Turchia a ottenere il ripetuto sostegno del presidente Recep Tayyip Erdogan. Ismail Haniyeh questa volta è di passaggio, ma in un prossimo viaggio potrebbe decidere di fermarsi. I leader dell’organizzazione all’estero starebbero valutando — scrive il quotidiano Wall Street Journal — di lasciare il Qatar: sono ospiti degli agi offerti dall’emiro fin dal 2012, su richiesta degli americani che volevano così tenere un canale aperto con il gruppo che si era impadronito di Gaza con le armi cinque anni prima.
Adesso il piccolo Paese del Golfo vuole mantenere il ruolo di mediatore globale superiore alle sue dimensioni, allo stesso tempo il regno comincia a sentire il peso dei negoziati per la liberazione degli ultimi ostaggi israeliani ancora tenuti a Gaza, sono 133 e tra loro una trentina sono morti. Lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, premier e ministro degli Esteri, sostiene di aver ricevuto critiche ingiuste per i tentativi di negoziato (si riferisce a Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano) e avverte che «se la funzione non fosse più costruttiva, sono pronto a farmi da parte».
Domani gli israeliani si riuniscono per la cena e le preghiere che aprono la Pasqua ebraica, mentre ieri sera a migliaia si sono riuniti per chiedere le dimissioni del premier. Che nei prossimi giorni deve affrontare le decisioni sui fronti aperti, solo quello con l’Iran — almeno nelle schermaglie dirette — sembra per ora chiuso con il raid israeliano tra giovedì e venerdì notte in cui Tsahal — rivela il New York Times — avrebbe usato un missile in grado di eludere i radar. Gli attacchi contro le milizie sciite armate da Teheran non si fermano: un «bombardamento» ha distrutto una base del fronte di Mobilitazione popolare. Gli americani negano di aver colpito, gli israeliani tacciono e l’esercito iracheno sta indagando sulle cause dell’esplosione.Vanno avanti gli scontri quotidiani con l’Hezbollah libanese.
Il consiglio di guerra ristretto deve valutare quando — e se — dare l’ordine per l’offensiva a Rafah, gli ultimi chilometri della Striscia di Gaza dov’è ammassato un milione e mezzo di sfollati. La Casa Bianca si oppone, chiede che il governo israeliano presenti un piano per l’evacuazione dei civili.
Lo Stato Maggiore ipotizza che per spostare i rifugiati ci vorrebbero tre settimane, i palestinesi uccisi in 197 giorni di guerra sono oltre 34 mila. Netanyahu sostiene che l’incursione è necessaria per la «vittoria totale» promessa e che la pressione militare serve anche alle trattative per ottenere il rilascio dei rapiti. I famigliari dei prigionieri non gli credono più, ripetono che più passa il tempo più diminuisce la speranza di riportarli a casa vivi.
Le truppe hanno operato massicce operazioni in Cisgiordania: hanno invaso il campo rifugiati Nur Shams, vicino a Tulkarem, dove gli scontri sono durati 40 ore e i miliziani uccisi sono 10. I generali vogliono evitare che i territori in parte sotto il controllo di Abu Mazen finiscano nel caos e il raìs minaccia di rivedere le relazioni con gli Stati Uniti dopo la decisione americana di porre il veto alla proposta presentata davanti al consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di riconoscere la Palestina come Stato membro a tutti gli effetti. Gli Stati Uniti, sostiene intanto Axios, dovrebbero a giorni annunciare sanzioni contro il battaglione Netzah Yehuda dell’esercito, colpevole di violazioni dei diritti umani in Cisgiordania.