Chiara Ferragni, la procura acquisisce nuove carte: faro anche sui biscotti Oreo

Adesso è ufficiale. Con le acquisizioni avvenute il 21 febbraio anche il caso Oreo entra a pieno titolo tra quelli su cui la Procura di Milano sta cercando di far luce con un'indagine per truffa aggravata nei confronti di Chiara Ferragni, del suo stretto collaboratore Fabio D'Amato, di Alessandra Balocco e di Franco Cannillo della Dolci Preziosi. Indagini che, quindi, oltre al pandoro «Pink Christmas», alle uova di Pasqua e alla bambola Trudi, si allargano a una nuova iniziativa di vendita pubblicizzata sui social come solidale. 

L’ispezione delle Fiamme Gialle

Oggi, 21 febbraio, infatti, i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, su delega del pm Cristian Barilli e del procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco, si sono recati con una richiesta di consegna documenti nella sede milanese di Mondelez Italia, titolare del brand del noto biscotto Oreo, in quella in provincia di Bari di Cerealitalia, che detiene il marchio Dolci Preziosi, e a Tarcento, in provincia di Udine, dove si trova l'azienda Trudi che ha prodotto la mascotte con le sembianze della influencer. Le Fiamme Gialle, inoltre, sono ritornate negli uffici di Fenice e Tbs-Crew, società di Ferragni. Non è stato necessario, invece, fare visita alla casa dolciaria piemontese in quanto, nelle scorse settimane, sono già state prese le carte necessarie che ora si stanno analizzando assieme al fascicolo dell'Antitrust, che aveva inflitto alla influencer e alla Balocco una multa complessiva di oltre un milione e quattrocento mila euro. Decisione impugnata davanti al Tar la scorsa settimana. 

Il passaggio tecnico

Le acquisizioni di oggi 21 febbraio sono una sorta di passaggio tecnico per raccogliere, tra l'altro, i contratti e le email che gli «architetti» delle varie iniziative si sono scambiati, in vista di eventuali audizioni di testimoni e degli interrogatori degli indagati. E questo per chiarire l'intera vicenda che, tra l'altro, potrebbe estendersi ancora: pare ci siano da sciogliere soprattutto i nodi giuridici, più che gli aspetti fattuali. Come aveva già fatto sapere Mondelez Italia (estranea all'inchiesta), «l'accordo di collaborazione tra Oreo e Chiara Ferragni» comportava che l'influencer «disegnasse un packaging in limited edition di Oreo Double,» venduto alla grande distribuzione allo stesso prezzo del prodotto standard. In contemporanea veniva realizzata una «capsule collection» di abbigliamento a marchio Oreo by Chiara Ferragni, una parte della quale era legata al concorso «Libera il tuo stile Oreo», quindi non in vendita. 

La vendita sui canali dell’influencer

Una seconda parte, invece, veniva venduta «direttamente» dall'influencer milanese sui propri canali. In tutto questo «la beneficenza non è mai stata prevista». Dunque, secondo la società, è stata una sua decisione autonoma, al di fuori dell'accordo commerciale, quella promessa di devolvere in beneficenza, per iniziative contro il Covid, l'intero ricavato delle vendite di questi abiti. Anche l'azienda Trudi, con una nota simile, si era smarcata dal caso della mascotte di pezza.

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21 febbraio 2024

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