Sarebbe stata Carla Voltolina, futura moglie del presidente Pertini, assieme a un partigiano toscano a coprire con una spilla il corpo spogliato dell’amante di Mussolini. Una nuova versione della storia intorno a un piccolo gesto di piet� nel mezzo della �macelleria messicana�
Da sinistra, Claretta Petacci, Sandro Pertini e Carla Voltolina
Una spilla da balia infilata alla buona per fissare i lembi di una gonna e coprire le nudit� del corpo di una donna senza vita: un piccolo gesto di piet� in mezzo a una selvaggia esposizione della morte. A Milano sono le dieci del mattino di domenica 29 aprile 1945. Il corpo appeso al traliccio di una pompa di benzina di piazzale Loreto � quello di Claretta Petacci, l’amante di Benito Mussolini . I loro corpi sono appesi per i piedi insieme a quelli di altri gerarchi in quella che Ferruccio Parri, allora vice-comandante del Cln Alta Italia, defin� una �macelleria messicana�.
Petacci indossa gli abiti con cui � stata uccisa il giorno prima: un tailleur nero e una camicetta di seta bianca che ora ha una grande macchia rossa di sangue rappreso al centro del petto. La gonna, per la gravit�, le � scivolata gi� sulle cosce e ha rivelato che non ha pi� le mutande. La nudit� � solo una delle oscenit� subite da quei corpi: e qualcuno vuole risparmiare l’ulteriore umiliazione all’unica donna della scena. Rimediando una spilla da balia, e coprendola, appunto. Qualcuno chi?
Sul dettaglio della spilla da balia negli anni si � costruito un piccolo giallo storico: una testimonianza racconta un’altra versione dei fatti rispetto alla vulgata e introduce due nuovi protagonisti nell’evento che ha segnato la fine del fascismo: Carla Voltolina , allora staffetta partigiana e futura moglie di Sandro Pertini, e un partigiano della Brigata Garibaldi, Guglielmo Pacini, uno di quelli che, nelle foto dell’epoca, sono appollaiati sopra il traliccio della piazza e che hanno partecipato alla liberazione di Milano. Pacini � scomparso nel 2009 all’Isola d’Elba, dove viveva, e la sua testimonianza � stata sempre ritenuta attendibile dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi). Un anno prima della sua morte lo abbiamo incontrato per ascoltare dalla sua voce il racconto di quel giorno. Sarebbe stata Voltolina, ricorda lui, nel mezzo della confusione della piazza, a indicare il corpo di Petacci e urlare: �Vergogna, tiratela gi�, copriamola, trovate una spilla!�.
A quell’ordine Pacini decise di muoversi, istintivamente: �Presi due lembi della gonna della Petacci e li tenni fermi mentre Carla li univa con la spilla�. E ogni volta che il vecchio partigiano lo raccontava, mimava il gesto con le mani, come capita quando si fa rivivere un ricordo ben impresso nella mente. Sarebbe stata, dunque, la stessa Voltolina a chiedere e poi a mettere la spilla.
Nelle ricostruzioni storiche ricorrenti, sulle quali molto � stato scritto e molto � stato romanzato, ad accorgersi delle nudit� sarebbe stata una staffetta partigiana, nome di battaglia �Carla la bionda� che, assieme al prete partigiano don Giuseppe Pollarolo, avrebbe deciso di tirare gi� dal traliccio il corpo di Petacci e di coprirlo. Dietro Carla si nasconderebbe Piera Barale, effettivamente presente in piazzale Loreto, mentre don Pollarolo era un prete al seguito delle brigate partigiane che venivano dalla Val d’Ossola e anche la sua presenza a Milano in quei giorni � confermata.
Forse la coincidenza del nome, Carla, ha fatto s� che venisse attribuita la responsabilit� del gesto alla persona sbagliata? Non Piera Barale, dunque ma Carla Voltolina, pure lei giovane staffetta partigiana. Torinese, 24 anni, Voltolina ha scelto di entrare nella Resistenza, nelle formazioni Matteotti, sfidando l’opposizione dei genitori. I capi l’hanno mandata nella Milano ancora occupata dai fascisti, al seguito di Pertini, uno dei capi del Cln Alta Italia, quasi 50enne, che ha conosciuto le prigioni fasciste. I due si sarebbero sposati un anno dopo. Pacini, invece, � in piazzale Loreto perch� fa parte della squadra partigiana che fa la guardia ai corpi di Mussolini, Petacci e degli altri 17 giustiziati, arrivati su un camion dal lago di Como a Milano.
�Quella domenica mattina i miei compagni e io eravamo nella caserma Ettore Muti di via Rovello, in attesa di ricevere disposizioni. A un certo punto arriva una squadra di compagni, stanchi e affamati: ci dicono di aver trasportato i corpi del duce e dei gerarchi in piazzale Loreto, nello stesso posto dopo erano stati trucidati 15 partigiani. Allora Pertini venne da noi e ci ordin� di andare a presidiare i corpi. Quando arrivammo erano ancora a terra, ma poco dopo fu deciso di appenderli al traliccio�. Nella piazza si �, nel frattempo, radunata una folla enorme che sta infierendo sui cadaveri: chi tira calci, chi sputa. Qualcuno addirittura gli spara. Averli appesi serve a renderli visibili da lontano e allontanarli dalla furia della gente. �Salimmo sul traliccio, ma mi sentivo a disagio. Un po’ per la paura dei cecchini fascisti, un po’ per quello che stava succedendo. Per i nemici ci vuole rispetto, anche da morti. Anche se loro, i fascisti, non ne avevano avuta per noi. Ma quella era una folla impazzita. Non mi scorder� mai una donna vestita di nero: si avvicin� al corpo di Mussolini quando era ancora a terra e da sotto la gonna tir� fuori una rivoltella. Riusc� a sparargli tre colpi prima che uno dei nostri la fermasse. “Questo � per i tre figli che mi hai ammazzato in guerra”, disse�, ricorda ancora Pacini. Una volta appesi i corpi le urla non si placano. Ci sono dita che indicano il corpo spogliato della Petacci, bocche che urlano �puttana�. � in quel momento che, stando a quanto racconta il partigiano elbano, interviene Voltolina.
Pacini non ha mai sentito parlare di don Pollarolo: �Non lo conoscevo e non ricordo preti l�. Molto probabilmente, don Giuseppe, prete combattente, anche in questa circostanza non indossa l’abito talare e si confonde tra gli atri partigiani. Come sono andate davvero le cose? Forse, la testimonianza di Pacini non contraddice l’altra, ma aiuta a completare un quadro finora parziale. Rivelando che dietro il gesto della spilla ci sia stata un’impresa corale. Come ha spiegato, a suo tempo, anche Edgarda Ferri, autrice di �L’Alba che aspettavamo�, libro che ricostruisce gli ultimi giorni della Milano fascista: �Ho raccolto la testimonianza della figlia di Piera Barale, che dice che sua madre forn� la spilla, ma so per certo che anche Voltolina era a Milano in quei giorni. Stava all’hotel Touring con Pertini. Quindi � plausibile che fosse in piazzale Loreto e che sia stata lei, magari assieme a don Pollarolo, a chiedere a gran voce una spilla per la Petacci e ad agire in prima persona: � in linea con il suo carattere che era generoso e passionale�. Inoltre, spiega ancora Ferri, �non deve essere stata un’impresa facile rimediare una spilla da balia: era uno di quegli oggetti difficili da trovare durante una guerra�. Insomma, � probabile che sia scattato una specie di passaparola tra i presenti - �Una spilla! Qualcuno trovi una spilla!� -, e che questa benedetta spilla sia passata di mano in mano. Da quelle di Barale a quelle di don Pollarolo, arrivando infine tra quelle di Voltolina e Pacini.
Dopo piazzale Loreto, Pacini rimane a Milano ancora qualche giorno. Poi, come tanti altri arrivati da lontano, chiede al comando di tornare a casa, a San Piero, all’Isola d’Elba. Ma quel mese in citt� resta e rester� impresso nella sua memoria per tutta la vita. Tanto che, quando si rivedeva nelle fotografie dell’epoca, in cima al traliccio, scuoteva la testa: �Mussolini avrebbe dovuto andare a processo davanti a tutto il mondo. Ma c’era stato troppo odio, troppa cattiveria...�. Quando, alla fine degli anni 90, Voltolina, gi� vedova di Pertini, and� all’Isola d’Elba e fu ricevuta dal sindaco di Marina di Campo, Guglielmo Pacini, con lo stemma socialista appuntato sul risvolto della giacca, si avvicin� e si fece riconoscere: �Sono uno dei partigiani di Piazzale Loreto, quello che ha appuntato la spilla�. Rispose lei: �E io ero quella che ti ha aiutato a farlo�.
Voltolina � morta nel 2005 senza lasciare una testimonianza di questo, ultimo, atto di piet�. Non era tipo da vantarsi dei suoi gesti. Femminista, giornalista impegnata nel sociale, subito dopo l’elezione del marito a presidente della Repubblica, disse: �Non ho nessuna intenzione di seguirlo al Quirinale bardata come una Madonna�. Uno stile di vita a cui si mantenne fedele sempre, continuando ad abitare nella casa di 35 metri quadrati a Fontana di Trevi e considerando le stanze del Quirinale solo �l’ufficio di Sandro� (qui l’intervista a Umberto Voltolina, fratello minore di Carla e i suo ricordi pi� personali sui coniugi Pertini) .
Nel 1983, Pertini, a proposito di Petacci e della sua fine, disse: �La sua unica colpa � di aver amato un uomo�. Di certo avrebbe potuto salvarsi. Secondo le ricostruzioni considerate ufficiali il comandante �Valerio�, nome di battaglia del partigiano che, materialmente, esegu� la condanna a morte del Duce, prima di puntare il mitra le avrebbe detto: �Togliti se non vuoi morire con lui�. Lei non lo fece: scelse di restare accanto a Mussolini di cui era la compagna segreta da 13 anni e di condividerne la sorte.
Probabilmente non � neppure del tutto vero che amare il Duce sia stata la sua unica colpa: una delle ultime biografie sulla figura di Petacci �Claretta l’hitleriana, storia della donna che non mor� per amore di Mussolini� di Mirella Serri, smonta la leggenda della martire incolpevole e racconta di una donna cinica, che seppe approfittare della sua posizione di potere, tram�, chiese soldi e favori, addirittura fece affari con i beni confiscati agli ebrei e tenne rapporti riservati con i vertici del Reich a Berlino.
Nessuna di queste nefandezze, per�, d� una giustificazione a quel finale: l’orrore di piazzale Loreto e lo scempio del suo corpo. Uno scempio a cui, una spilla da balia e la piet� di qualcuno, provarono a mettere una pezza.
28 aprile 2023 (modifica il 29 aprile 2024 | 12:17)
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