La caduta di Evergrande e la lezione di Xi: «La casa serve per abitarci, non per speculare»
Nel 2020 una legge impose ai grandi costruttori di ridurre il loro indebitamento e alle banche statali di non concedere più credito, da allora la demolizione del colosso del mattone è andata avanti al rallentatore
«Quando è troppo è troppo», ha detto Linda Chan, la giudice dell’Alta Corte di Hong Kong che questa mattina ha ordinato la liquidazione di Evergrande dopo aver rinviato per molti mesi la decisione, in attesa di un improbabile piano di ristrutturazione del debito. La signora Chan ha impiegato solo 40 minuti per chiudere l’udienza ed emettere la sentenza che dovrebbe portare alla spartizione tra i creditori delle spoglie di quello che era il più grande costruttore immobiliare della Cina. Ma la questione è complessa, «troppo» complessa: perché il gruppo di Shenzhen ha debiti per circa 330 miliardi di dollari, accumulati nella stragrande maggioranza nella Cina continentale e la prossima mossa dunque spetta a Pechino..
La decisione della corte di Hong Kong
La decisione della corte di Hong Kong dovrebbe permettere ai creditori di recuperare parte dei 17 miliardi di dollari di obbligazioni collocate in dollari, una goccia nel mare del debito Evergrande, ma importante per la credibilità del mercato cinese nei confronti degli investitori internazionali. La giudice Chan di Hong Kong ha incaricato della liquidazione Alvarez & Marsal, una grande società di consulenza che in passato si occupò del crac Lehman Brothers. Però, Alvarez & Marsal presumibilmente non potranno mettere mano sulle rovine di Evergrande nel territorio della Repubblica popolare, sulle sue sussidiarie che avevano cercato di diversificare le attività entrando anche nel settore delle auto elettriche, sulle centinaia di cantieri non terminati.
La sentenza di Xi
Di fatto, è stato Xi Jinping a emettere la sentenza su Evergrande (e sul settore immobiliare cinese diventato più che una bolla una bomba ad orologeria), quando anni fa disse che «la casa serve per abitarci, non per speculare». Bisogna considerare che il settore immobiliare in Cina per decenni aveva trainato la crescita economica, era arrivato a valere circa il 30% del Pil, considerando l’indotto (servizi di gestione immobiliare, produzione di cemento e acciaio, giù giù nella catena fino agli elettrodomestici e ai mobili per l’arredamento). E poi, c’è la particolarità del sistema cinese: le amministrazioni locali, dalle province ai villaggi, si sono sempre autofinanziate vendendo terreni e concedendo licenze edilizie.
Una crisi al rallentatore
Nel 2020 una nuova legge impose ai grandi costruttori di ridurre drasticamente il loro indebitamento e alle banche statali fu ordinato di non concedere più credito. Il primo castello di carte immobiliari ad afflosciarsi fu Evergrande, entrato in default sui suoi bond esteri nel 2021. Da allora, la demolizione del colosso è andata avanti al rallentatore, mentre decine di altri costruttori grandi e piccoli entravano nella spirale e crollavano come tessere di un domino. Un’operazione ad alto rischio economico e sociale dunque. Evergrande è stato il «caso di scuola», la grande lezione impartita da Xi. Il fondatore di Evergrande, Xu Jiayin, che nel 2017, con 47 miliardi di dollari di fortuna personale, era classificato come «uomo più ricco della Cina», è finito in carcere lo scorso settembre. Da allora, ogni piano per ristrutturare il debito del suo ex impero è caduto.
Oltre 300 miliardi di dollari di debiti
Il problema è che non c’è un precedente in Cina, un percorso legale chiaro per risolvere questa crisi. Gli analisti prevedono che ci vorranno molti mesi e forse anni. Evergrande ha ufficialmente debiti per 2.390 miliardi di yuan (333 miliardi di dollari). Gli asset recuperabili sono valutati in 1.740 miliardi di yuan (242 miliardi di dollari), ma sono quasi tutti in Cina, dove sono già stati congelati dai tribunali cinesi, o venduti. Le obbligazioni in dollari del gruppo la settimana scorsa valevano non più di due centesimi e le sue azioni alla Borsa di Hong Kong dal 2021 hanno perso il 99% del loro valore. Il compito dei liquidatori nominati a Hong Kong dovrebbe essere di indicare una via nuova per ristrutturare il debito. Ma secondo gli esperti, a questo punto i creditori non possono sperare di recuperare più del 3% di quanto dovuto da Evergrande.