Evan Gershkovich condannato in Russia: ecco perché i tempi brevissimi sono una buona notizia

diMarco Imarisio
TOPSHOT - US journalist Evan Gershkovich, accused of espionage, gestures from inside a glass defendants' cage prior to a hearing in Yekaterinburg's Sverdlovsk Regional Court on June 26, 2024. (Photo by NATALIA KOLESNIKOVA / AFP)

Il giornalista americano Evan Gershkovich in aula per il processo

È quasi una buona notizia, almeno per lui. I sedici anni di reclusione in una colonia penale a regime severo ai quali il giornalista americano Evan Gershkovich è stato condannato per spionaggio, sono soltanto il prezzo da mettere sulla targhetta di un prodotto in vendita. 

In un processo dove mai sono state esibite le prove dell’accusa, sempre ammesso che siano mai esistite, dove mai la versione dei fatti dell’imputato è stata presa in considerazione, un esito diverso da questo non era neppure concepibile. L’accusa aveva chiesto una pena superiore di due anni. Ma come si diceva ai tempi dell’Urss, la giustizia sovietica «è la più umana del mondo».

Non è un paradosso. Anzi. La fine del processo segna infatti l’inizio ufficiale della trattativa che porterà alla liberazione del corrispondente del Wall Street Journal. E forse, l’attesa non sarà lunga. La sentenza pronunciata nell’aula del tribunale regionale Sverdlovskij a Ekaterinburg, il capoluogo degli Urali, sorprende non certo per il suo contenuto, ma per il modo improvviso cui ci si è arrivati. Il verdetto è stato annunciato al terzo giorno del processo, dopo una prima seduta, durata pochi minuti, del 26 giugno, e una seconda di giovedì, durante la quale è stato interrogato un testimone, non si è mai capito se dell’accusa o della difesa. 

In Russia, i dibattimenti per un delitto grave come lo spionaggio hanno una durata minima di cinque mesi. Giovedì, durante la seconda udienza, era stato interrogato il deputato dell’Assemblea legislativa della regione Viaceslav Vegner, che aveva avuto contatti con Gershkovich durante il suo viaggio. «Intervistava diverse persone che loro in America chiamano Z-patrioti». Secondo la sua versione, Gershkovich gli aveva chiesto dati sul potenziale delle imprese belliche. Il deputato ha affermato di non averne voluto discutere.

La velocità con la quale si è chiuso il processo suggerisce possibili accelerazioni della trattativa per lo scambio di prigionieri. Secondo la prassi del Cremlino, si può procedere solo dopo una sentenza definitiva, come fu nel caso della cestista americana Britney Griner, «barattata» nel dicembre del 2022 con il mercante d’armi Viktor Bout. La condanna era inoltre necessaria per confermare la liceità degli atti compiuti dalle autorità. 

Il 29 marzo del 2023, Gershkovich fu arrestato mentre si trovava negli Urali per preparare un reportage dedicato alla Brigata Wagner, e ai metodi di arruolamento della compagnia militare privata guidata da Evgenij Prigozhin. Quel giorno, il giornalista era appena tornato da Nizhnij Tagil, nella regione di Ekaterinburg, dove si trova la sede principale della Uralvagonzavod, una delle più grosse aziende per la produzione di armamenti, in particolare dei carri armati che vengono utilizzati anche nella guerra in Ucraina. Fu questo il pretesto che lo ha portato dietro le sbarre. I servizi segreti russi lo accusarono di spionaggio a favore degli Usa. E in quel momento, Evan Gershkovich divenne nient’altro che una pedina di scambio.

Ma ora c’è il disco verde per procedere a un baratto tra prigionieri del quale negli ultimi mesi si è molto parlato. Nella conferenza stampa alla fine dell’anno scorso, lo stesso Vladimir Putin aveva confermato l’esistenza di un canale di comunicazione aperto per la trattativa. E durante la celebre intervista a Carlson Tucker dello scorso febbraio, affermò che la contropartita per Gershkovic dovrebbe essere il ritorno di un “patriota” che «sta in prigione in un Paese-alleato degli Usa». Una descrizione corrisponde al profilo di Vadim Krasikov, probabile agente dei servizi segreti russi che sta scontando l’ergastolo in Germania per l’assassinio avvenuto a Berlino nel 2019 dell’ex comandante dell’esercito ceceno e cittadino georgiano Zelimkhan Khangoshvili. 

Martedì scorso, è tornato sull’argomento anche il ministro degli Esteri Serghey Lavrov, che durante la sua visita all’Onu ha ribadito la versione ufficiale della Russia, fornendo quasi una specie di manuale con le istruzioni per l’uso di un possibile scambio. «L’impiego dei giornalisti a scopi di intelligence, almeno nella tradizione anglosassone, è assolutamente naturale. Disponiamo di prove inconfutabili del fatto che Gershkovich si è occupato di attività spionistiche. I servizi segreti dei due Paesi, per intesa dei presidenti Putin e Biden ancora risalente al giugno 2021, sono in contatto per vedere se è possibile scambiare qualcuno con qualcun altro. Questo tema non ama la fretta, tutti lo sanno bene. E non aiuta il risalto mediatico che gli americani danno alla vicenda. Ma i contatti tra noi e loro esistono, e sono molto intensi».

Negli ultimi tempi, anche il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha parlato molto del caso. Giovedì scorso lo ha fatto per dichiarare un laconico no comment alla notizia apparsa su alcuni media americani secondo le quali lo scambio avverrà nel giro di due settimane. E ieri ha giustificato la decisione di tenere il processo a porte chiuse motivandolo con «la sfera molto sensibile» della vicenda. Immediatamente dopo la lettura del verdetto sul sito della Procura generale è apparso un comunicato che conferma l’approvazione dell’atto di accusa: «Gli atti illegali da parte del giornalista sono stati compiuti osservando minuziose misure cospirative». Non è specificato in alcun modo di quali atti si trattasse. Ma ormai non ha più nessuna importanza.

19 luglio 2024 ( modifica il 19 luglio 2024 | 18:52)

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