Cosa ha fatto Ilaria Salis, di cosa è accusata e cosa è successo a Budapest l'11 febbraio 2023
In Ungheria si celebrava il «Giorno dell'Onore», ritrovo di gruppi di estrema destra da tutta Europa. La 39enne italiana decide di partecipare a una contromanifestazione. La polizia locale la accusa di un'aggressione (ma nel video sono tutti a volto coperto). Viene fermata con un manganello: «Lo aveva per difesa personale», dice suo padre
È il fine settimana dedicato alla celebrazione del «Giorno dell’Onore». A Budapest, tra il 9 e il 12 febbraio 2023, si sono dati appuntamento gruppi di estrema destra da tutta Europa. Neonazisti, skinheads, hooligans calano sulla capitale ungherese per commemorare un battaglione nazista che, nel 1945, tentò di impedire l’assedio di Budapest da parte dell’Armata Rossa. Il clima nella città magiara, in quei giorni è molto pesante. Stampa e osservatori non sono graditi. Da un paio d’anni questa parte, la polizia ungherese non autorizza le sfilate, per pericoli di ordine pubblico, ma alcuni momenti celebrativi più limitati sarebbero comunque tollerati. La maestra italiana Ilaria Salis, venuta a sapere dell’evento, decide di raggiungere la Capitale ungherese per schierarsi con movimenti antifascisti che stanno organizzando una contromanifestazione di protesta.
Ilaria viene arrestata l’11 febbraio. A margine di questa giornata dell’orgoglio nazi, si erano verificati alcuni scontri. Esistono delle riprese video che inquadrano due estremisti che vengono circondati e aggrediti a colpi di manganello da alcune persone irriconoscibili, dal momento che hanno il volto coperto. La 39enne insegnante di Milano è accusata di aver fatto parte del gruppo che ha partecipato a questa aggressione, nella quale i due bersagli hanno riportato ferite lievi. La donna si dichiara innocente, non riconoscendosi nel video portato come prova principale dalla pubblica accusa ungherese, come riportato dal padre Roberto Salis in queste settimane di mobilitazione per riportarla a casa. La polizia opera l’arresto in un momento successivo all’aggressione, fermandola in un taxi assieme ad altri due «antifa» tedeschi.
Inizialmente viene accusata di aver preso parte a ben quattro aggressioni, ma per due di queste la contestazione cade, visto che non era ancora arrivata in Ungheria. Quando viene fermata, viene trovata in possesso di un manganello retrattile («Lo aveva portato con sé per un’eventuale difesa personale», ha raccontato poi suo padre). Dall’11 febbraio si trova in carcere, detenuta in condizioni degradanti, come denunciato a più riprese dal genitore. Sono del 29 gennaio, giorno della prima udienza del suo processo, le immagini che hanno indignato il Paese: la 39enne era stata condotta in aula legata a mani e piedi e tenuta alla catena. Dopo l’aggressione che le è costata l’arresto, sui siti di alcuni gruppo neonazisti, era comparso l’indirizzo milanese della casa di Ilaria, come riferito dal padre Roberto.
La 39enne maestra elementare - che il 28 marzo è tornata in aula, di nuovo ammanettata - è cresciuta a Monza. Ha studiato al liceo classico Zucchi e nel 2003, ha contribuito alla nascita del centro sociale Boccaccio, avviato dall’iniziativa di giovani dei collettivi studenteschi. «Da tempo ha preso le distanze da posizioni più radicali, ma mia figlia resta antifascista», ha detto a più volte il papà Roberto.
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