Avvelenata a Kiev la moglie del capo dell’intelligence Budanov: “È fuori pericolo”

Li ha salvati il suo corpo esile da modella. Li ha salvati tutti ammalandosi, quello strano dolore lì, quel sintomo preoccupante là. Quando l’hanno accompagnata a fare accertamenti hanno scoperto che non era un’indigestione né un virus di passaggio: Marianna Budanova, la moglie del capo dei servizi segreti militari ucraini Kirilo Budanov, era stata avvelenata. E siccome vive anche lei reclusa nel quartier generale delle barbe finte di Kiev, un rapido controllo della situazione ha permesso di capire che non era l’unica: segni di avvelenamento sono stati rintracciati in altri dirigenti dei servizi segreti militari. Dunque se le cose sono come appaiono – e siccome si parla di servizi segreti non è scontato – Marianna li ha salvati tutti prima che l’avvelenamento facesse silenziosamente gli stessi danni di un missile piovuto sul tavolo delle riunioni.

Marianna Budanova - 30enne psicologa e insegnante all’accademia della polizia, ex candidata alle elezioni comunali nel partito del sindaco di Kiev Vitali Klitschko - è stata ricoverata in ospedale e sarebbe già in via di guarigione, stabilizzata e trattata per eliminare la fonte di avvelenamento. Sulla quale, per il momento, nulla si sa. “Molto probabilmente è stata avvelenata attraverso il cibo. Sta già meglio, la prima fase del trattamento è superata. Poiché la moglie di Budanov è minuta e leggera, su di lei l’avvelenamento si è manifestato più velocemente. Ma è stato confermato anche per molti altri membri dei servizi che però, essendo di corporatura robusta, non si erano accorti di nulla. Anche loro ora sono sotto trattamento”, dicono fonti vicine all’intelligence ucraina. Da quando è iniziata la guerra, Marianna e Kirilo vivono accanto giorno e notte, come loro stessi hanno raccontato in una rara intervista.

(ansa)

Le domande ora sono ovvie, ma è altrettanto ovvio che non ci sia risposta. Chi ha ordito l’avvelenamento? Quale sostanza è stata usata? E soprattutto: anche il capo dei capi, il giovane e potente capo dei servizi Kirilo Budanov, è tra gli avvelenati? Era lui il vero obiettivo? Quello che è certo è che Budanov colleziona da anni tentativi di ucciderlo: sono già più di una dozzina, e il risultato è che è sempre lì, al comando: è e resta uno degli uomini più potenti in Ucraina, un’icona vivente della resistenza del popolo di Kiev.

Tutti sanno che Budanov è in testa alla lista nera di coloro che il Cremlino vorrebbe vedere sotto terra, forse persino prima del presidente Zelensky che tentarono inutilmente di eliminare nel blitz con cui iniziò la cosiddetta “Operazione militare speciale” russa, cioè l’invasione ucraina e il massacro di decine di migliaia di essere umani. E’ dai suoi uomini che arrivano le minacce più gravi per la Russia, i droni spediti a far male a Mosca e le operazioni segrete costate la vita a blogger e propagandisti russi.

“Nulla di nuovo. È un avvelenamento, cioè l’arma principale dei servizi segreti sovietici da quando è nata l’Unione Sovietica” dice a radio Nv il politologo Sergei Gaidai. Budanov come la famiglia Skripal e lo stesso Viktor Yushchenko, avvelenati dai russi durante la campagna elettorale del 2004 che provocò la prima grande rivoluzione contro il potere del regime fantoccio del presidente filorusso Yanukovic: “I russi – dice Gaidai - usano veleni molto diversi, a cominciare dal Novichok, per quelli che considerano i loro nemici. A quanto pare Budanov e la sua famiglia sono un bersaglio”.

Lo scenario politico e le faide interne

Non ci sono dubbi che il capo dei servizi militari lo sia. Ma lo scenario politico, nell’Ucraina dilaniata da due anni di guerra, è talmente complesso che l’opzione russa non è l’unica matrice possibile per questo ennesimo colpo di scena. Il fatto che le vittime siano i vertici dei servizi non aiuta a capire cosa sia successo – e secondo gli standard del giornalismo neppure “se” sia successo davvero, non essendoci possibili verifiche indipendenti - e alimenta più i dubbi che le certezze. La guerra di spie è feroce e non si è fermata un giorno: anche ieri è stato arrestato un ufficiale dei servizi russi sotto copertura che – secondo Kiev – si era infiltrato nei servizi ucraini per fornire agli artiglieri russi le coordinate della possibile presenza di forze militari e di armi nei distretti di Odessa. Nulla esclude che qualche altro infiltrato abbia scovato il modo di avvelenare il cibo consumato nel quartier generale dei servizi segreti ucraini. Un tentativo mal riuscito ordito a Mosca resta naturalmente la pista principale. Ma non l’unica.

Le faide interne tra poteri e contropoteri dello stato ucraino sono quasi altrettanto feroci, e complicano il lavoro per tracciare l’identikit dei possibili mandanti. L’unità della prima fase della risposta all’invasione è sempre più lontana, e il clima interno segna da tempo tempesta. Ad agitare le acque ci sono stati gli arresti per corruzione che hanno lambito persino alcuni dei più ricchi e potenti tra gli oligarchi, come lo stesso mentore del presidente Zelensky, Ihor Kolomoisky; e fa tremare i polsi la battaglia tra vertici politici e militari esplosa sul terreno della strategia stessa con cui affrontare la guerra, che ha portato al licenziamento in tronco di una serie di generali e alle minacce di fare altrettanto persino con il capo stesso delle forze armate, il generale Zaluzhny. Poi ci sono gli “incidenti”, ufficialmente incasellati come tali ma terribilmente sospetti: il disastro in elicottero a Brovary, che a metà gennaio ha rasato a zero i vertici del ministero degli Interni e della polizia; o la stramba morte dell’esperto colonnello che era il braccio destro, l’amico e il primo assistente di Zaluzhny: è saltato in aria mentre giocherellava con una granata regalatagli in ufficio pensando fosse un bicchiere da whisky.

La conferma ufficiale arrivata dai servizi ucraini sul tentativo di avvelenamento collettivo è e resta quanto sappiamo e quanto, probabilmente, sapremo di quest’ultimo giallo nel cuore del potere ucraino.