Stipendi dei manager troppo alti: da Amazon a Siemens, vota contro il fondo Cometa (dei metalmeccanici)

Cometa è il fondo di previdenza complementare dei metalmeccanici, sostenuto da Fiom, Fim, Uilm, Federmeccanica, Assistal e Fismic; conta oltre 475 mila iscritti e 14 miliardi di risparmio previdenziale gestito.
Cometa ha avuto un anno e mezzo fa una svolta “attivista”, nel senso che ha cominciato a votare nelle assemblee tenendo conto di fattori economici, certo, ma anche di principi “etici”, legati alla sostenibilità, sia sociale che ambientale. E ora avanza una proposta per favorire un maggiore investimento dei fondi sulle imprese italiane.
“A fare da bussola alla nostra politica di voto sono i valori di riferimento del contratto collettivo dei metalmeccanici - spiega l’economista Riccardo Realfonzo, presidente del fondo -. Anche nel 2024 voteremo in 200 assemblee, tra cui 25 italiane”.
Nei giorni scorsi avete votato contro le politiche di remunerazione di Siemens e Compass: con quale criterio?
“Nelle società quotate italiane le retribuzioni dei ceo sono pari in media pari a 70-75 volte il salario medio di un dipendente. Noi abbiamo deciso di opporci quando la retribuzione del ceo supera di 150 volte il salario medio”.
In quali altre aziende avete già votato contro le politiche di remunerazione?
“Numerose. Ad esempio nel 2023 in Amazon dove Jeff Bezos ha una retribuzione pari a 749 lavoratori del gruppo. In CNH dove siamo a quota 275. O in Apple dove Tim Cook ha un compenso addirittura pari a quello di 1.177 lavoratori”.
Se il mercato garantisce questi compensi un motivo ci sarà. O no?
“Ormai sappiamo tutti che il mercato non è infallibile e produce anche distorsioni. Noi rappresentiamo gli interessi di una comunità che si è data regole contrattuali responsabili e socialmente avanzate. Ci muoviamo coerentemente con esse e spieghiamo alle aziende con cui dialoghiamo che è nel loro stesso interesse di lungo periodo praticare la sostenibilità sociale e ambientale”.
Quali sono le risposte?
“Incoraggianti alcune, altre meno. In CNH abbiamo avuto un incontro organizzato insieme al Forum per la Finanza Sostenibile e ci è stato spiegato che la retribuzione del ceo è così elevata perché il mercato di riferimento sono gli Usa e lì questa è la prassi. Noi prendiamo atto, ma con le nostre azioni votiamo contro”.
Le remunerazioni dei manager sono l’unico parametro considerato?
“No. Analizziamo per esempio anche la disparità salariale di genere. In Amazon ci siamo opposti alle politiche retributive anche perché i compensi delle donne sono più bassi del 17% di quegli degli uomini, addirittura del 45% se sono donne ispano-americane”.
In Italia siete l’unico fondo attivista. Sicuri di poter incidere?
“Lavoriamo per una finanza sostenibile. Nelle 151 assemblee in cui abbiamo votato nel 2023 ci siamo spesso trovati in cordate internazionali. E qualche grande multinazionale ha preso impegni, che monitoreremo, a intervenire nella direzione da noi indicata. Siamo anche lieti del fatto che Assofondipensione, l’associazione italiana dei fondi pensione negoziali, ha apprezzato il nostro lavoro e intende proporre a tutti i fondi una politica di voto coordinata. Noi daremo una mano”.
E i fondi stranieri?
“Tanti investitori istituzionali si muovono come noi e collaboriamo. Ad esempio, ci stiamo coordinando con alcuni fondi nordeuropei, tra cui Folksam in Svezia e KLP in Norvegia, per spingere Tesla ad applicare i contratti collettivi”.
In Italia?
“Siamo capofila di una lettera inviata al governo con 40 tra fondi pensione, banche e assicurazioni per spingerlo a impegnarsi sui temi della sostenibilità ambientale e sociale. Abbiamo anche attivato un tavolo con i nostri gestori per misurare la qualità ESG del nostro portafoglio e migliorarla progressivamente. Pensiamo che anche la previdenza complementare debba fare la sua parte per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ONU, senza compromettere i rendimenti”.
Potreste arrivare a disinvestire?
“Per ora abbiamo liste di esclusione per società che producono armamenti. Valuteremo se ampliare questo perimetro”.
Quanto investite sull’economia italiana?
“Questo è un tasto molto dolente. Nel suo insieme la previdenza complementare raccoglie 223 miliardi, ne investe il 15% nel debito pubblico italiano e solo il 5% nelle aziende del Paese. I fondi negoziali addirittura investono meno del 3% nelle imprese italiane, stando agli ultimi dati disponibili. E così la gran parte del nostro risparmio previdenziale se ne va all’estero. Il fatto è che abbiamo un mercato di borsa poco sviluppato, un tessuto produttivo di piccole imprese, e uno scarso sviluppo degli strumenti di investimento diretto come private equity, private debt e fondi infrastrutturali”.
Cosa si potrebbe fare?
“Serve una misura di politica economica che incentivi gli investimenti dei fondi pensione in Italia, mediante l’introduzione di uno strumento a protezione del capitale versato e dei rendimenti. Una misura ben congegnata, magari con l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti, potrebbe convogliare una parte rilevante del risparmio previdenziale nel Paese”.
Una leva di politica industriale?
“Esattamente. Senza alimentare nuovo debito pubblico e in linea con le regole europee. Questa proposta avanzata da Cometa è stata a più riprese discussa tra le parti istitutive dell’industria metalmeccanica e inserita nel contratto nazionale firmato nel 2021”.
Ci sono esperienze da cui prendere spunto in altri Paesi?
“In certo senso la proposta si ispira al vecchio piano Juncker, che con una forma di garanzia pubblica attivò investimenti privati che altrimenti non ci sarebbero stati. Comunque nel resto d’Europa, come mostrano i dati OCSE, hanno mercati più sviluppati e i fondi pensione investono nelle economie nazionali in qualche caso anche il 50%”.
Come è stata accolta la vostra proposta?
“Vedo che la Commissione Bicamerale sulla previdenza complementare ha avviato una indagine conoscitiva sul contributo dei fondi pensione alla crescita dell’economia reale. Il tema è dunque al centro dell’attenzione. Siamo fiduciosi. Superare il ritardo del mercato italiano con uno strumento di garanzia che attivi gli investimenti costituirebbe uno straordinario volano per la crescita”.