Berrettini a Sinner, la carezza: «Ora vinci Wimbledon»
La carezza di Matteo Berrettini sconfitto da Jannik Sinner dopo una partita show al secondo turno di Wimbledon e le parole all'amico: «Adesso va e vinci questo torneo»
Alla fine, dopo quattro set, tre ore e quarantadue minuti, a noi è rimasta negli occhi la carezza. Non i 28 ace di Matteo Berrettini, che hanno lasciato i buchi sul centrale di Wimbledon. Non la straordinaria efficienza di Jannik Sinner, capace — tra luci e ombre — di fare punto quando più conta (è finita 156 a 141: divario nettissimo), cioè nei tre tie break che hanno deciso the italian clash a Londra, essendo lui il predestinato: l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto. E nemmeno l’entusiasmo suscitato nel mondo dal derby tra apripista (Matteo, primo finalista azzurro della storia in Church Road) e erede, due ragazzi italiani che dal quartiere più a sud della metropoli inglese hanno spedito ai quattro angoli del pianeta una cartolina che ci ha fatto sentire fieri di loro, e del Paese che rappresentano.
Berrettini, quella carezza a rete a Sinner
No. Il giorno dopo il secondo turno di Wimbledon che ha promosso Sinner alla sfida di venerdì contro Kecmanovic e che ha fatto di nuovo sentire Berrettini un campione di tennis, a sopravvivere nella memoria è la carezza di Matteo a Jannik a rete, una manona gigante sulla guancia sinistra di un giovane uomo destinato a grandi cose, un gesto d’affetto tra fratelloni, più che tra amici, o comunque tra componenti della compagnia dei celestini, la nostra confraternita del tennis. «Adesso va e vinci. Vinci questo torneo» ha detto il gigante all’ex bambino sciatore, un’investitura piena di affetto che per Sinner ha significato tanto (da notare l’esultanza contenuta a fine match, tipicamente sinneriana ma anche rispettosa del connazionale battuto).
Storia di un'amicizia
C’è storia, tra questi due. Ce n’era anche prima del confronto di Wimbledon, che li ha saldati per sempre. C’è stato un tempo, non lontano, in cui il migliore era il barbuto, inseguito dalla palla di neve rotolata giù dalle montagne, prima che diventasse valanga. Torino, Atp Finals 2021: il boss è Berrettini, maestro tra i maestri, che però si fa male (un refrain, purtroppo) e lascia il posto nel girone alla riserva. Jannik debutta al Master contro Hurkacz, vince e dedica il successo all’amico: «Matteo torna presto, sei un mito« scrive sulla telecamera. Berrettini gli ha restituito il favore l’anno scorso a Malaga, quando – infortunato – è volato in Spagna per tifare l’Italia in Davis, da ultrà. (E sappiamo come è finita). «Jannik è stato incredibile — ha raccontato — tirava tutto alla massima potenza, senza sbagliare mai. Mi sono girato verso la panchina, ho detto: ma è reale?».
Si vogliono bene senza dirselo, comunicano a modo loro nonostante la differenza d’età e di esperienze. Ci sono sempre stati, nei momenti bui, l’uno per l’altro. Si erano già abbracciati fuori dal Quirinale lo scorso febbraio, dopo il ricevimento dal presidente Mattarella per la conquista della Coppa Davis. Però la carezza di Wimbledon va oltre. Agli sganassoni, è sopravvissuto il sentimento. Ci sono venute le lacrime, ma forse era un moscerino nell’occhio.