Von der Leyen, il risiko nella maggioranza (mentre Costa e Rutte provano a mediare con l'Italia)
La presidente della Commissione Ue si rivolge alle forze pro Ue e pro Kiev. Il ruolo del capo del Consiglio europeo e del futuro leader della Nato
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES - Il giorno dopo la formalizzazione dell’accordo sui tre top job Ue, con Ursula von der Leyen designata alla guida della Commissione Ue per la seconda volta, l’ex premier portoghese António Costa nominato presidente del Consiglio europeo e la premier estone Kaja Kallas indicata alla guida della diplomazia Ue, a Bruxelles prevale il pragmatismo. L’astensione della premier Meloni nei confronti della designazione di von der Leyen viene vista come un’opportunità. Da un voto contrario non si può tornare indietro, ma un’astensione si può trasformare in sostegno a certe condizioni. E Costa, nei confronti del quale la premier ha votato contro, ha mostrato subito le sue doti di tessitore: «Capisco il voto della prima ministra italiana, con cui conto comunque di collaborare strettamente, così come con gli altri 26» e questo perché «il Consiglio europeo non è un circolo di tecnici, bensì di politici, tutti con le proprie famiglie politiche e i propri orientamenti».
«Le cose si sistemeranno», prevede il premier olandese uscente Mark Rutte, perché «è la prima ministra dell’Italia ed è altamente rispettata e poi «gli stretti legami personali che abbiamo rimangono». Ma soprattutto Meloni è considerata il male minore per l’Unione se domenica 30 giugno in Francia dovesse vincere il Rassemmblement National (RN) di Le Pen alle elezioni convocate dal presidente Macron dopo la disfatta alle Europee. Chi non è invece soddisfatto dei top job Ue è la Russia, che ora si aspetta relazioni difficili con l’Ue visti i cambi nella leadership. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha citato Kallas, che è «ben nota alla Russia per le sue osservazioni assolutamente inaccettabili e talvolta estremamente russofobe». Ma ha criticato anche il bis di von der Leyen. L’elezione «Ora devo chiedere la conferma al Parlamento europeo sulla mia nomina dopo aver presentato i miei orientamenti politici per i prossimi cinque anni», ha detto von der Leyen giovedì notte al termine del summit. L’elezione è a maggioranza assoluta: 361 deputati su 720 dovranno votare a favore. La data più probabile è il 18 luglio a Strasburgo, nella settimana costitutiva che si aprirà il 16 con l’elezione del presidente dell’Eurocamera. Salvo colpi di scena, dovrebbe essere riconfermata Roberta Metsola, candidata dal Ppe. Poi toccherà ai vice e ai questori. Queste nomine lasciano sempre strascichi e amarezze tra le delegazioni e rischiano di trasformarsi in franchi tiratori nel voto segreto per l’elezione di von der Leyen.
I gruppi che costituiscono la maggioranza che ha sostenuto l’accordo dei top job Ue — Popolari, Socialisti e Liberali — conta 399 deputati. Sulla carta abbastanza per garantire l’elezione di von der Leyen. Ma i franchi tiratori pesano circa il 10-15% e ora il tentativo è allargare il più possibile il numero dei sostenitori attraverso intese e con un programma il più condiviso possibile. Le alleanze Von der Leyen ha dichiarato di essere disponibile a lavorare con i partiti pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto, chiudendo la porta al Rassemblement National di Le Pen, al tedesco AfD e al gruppo Identità e democrazia, l’unico che non incontrò cinque anni fa . I Verdi si sono già fatti avanti chiedendo di entrare nella maggioranza, ma il Ppe è diviso al suo interno (Forza Italia è contraria e critico il capogruppo Weber che chiede impegni precisi a sostenere il programma del Ppe), così come i liberali di Renew. A favore i Socialisti.
Niente accordo possibile, invece, con l’Ecr e nemmeno con i soli Fratelli d’Italia: in campagna elettorale von der Leyen aprì al partito della premier e fu duramente attaccata. Anche in questo caso il Ppe è diviso: contraria la delegazione polacca che vede in FdI l’alleato del Pis. L’ex premier Morawiecki sta però negoziando se rimanere o andarsene. La risposta arriverà mercoledì, quando l’Ecr terrà la riunione costitutiva inizialmente prevista il 26 giugno e poi posticipata per le tensioni con la delegazione italiana. Con l’uscita dei 20 deputati del Pis, l’Ecr da terzo gruppo diventerebbe il sesto dietro Renew, Id e Verdi. Il Pis starebbe valutando di aderire a un nuovo gruppo con i partiti dei Paesi di Visegrád, mentre ci sono movimenti anche per una nuova formazione attorno all’AfD. Quanto ai portafogli, von der Leyen farà partire le lettere agli Stati con le richieste di due nomi, un uomo e una donna, solo dopo le elezioni. Per il momento non ha intenzione di promettere nulla.
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