Elena Cecchettin, la sorella di Giulia: “Nessuno nasce mostro: uomini, cercate di essere persone migliori”
“Giulia è morta e la mia vita, quella di mio padre e di tutte le persone che la amavano, non sarà più la stessa. Sono giorni terribili. Ho provato sollievo per l’arresto di Filippo, almeno so che non l’ha passata liscia, che non è riuscito a scappare. È in carcere, ma è vivo. Non aveva il diritto di togliere la vita a mia sorella. Penso alle nostre passeggiate di sera, a noi sull’altalena mentre guardiamo le stelle, e vorrei tanto abbracciarla”. Elena Cecchettin, 24 anni, studentessa universitaria a Vienna, vuole che da questo dolore personale diventato denuncia collettiva che chiama in causa la politica, adesso nasca qualcosa. Più di centomila persone seguono la sua battaglia su Instagram: “Lo Stato è complice perché non rende sicure le donne. L’assassino ce lo troviamo dentro casa più di quanto non possa avvenire in strada. Alle donne dico: alla prima avvisaglia di relazione tossica, parlatene. Agli uomini? Siate persone migliori”.
Chi era Giulia?
“Una persona fantastica, la più buona del mondo. Aveva una luce che mi rendeva sempre felice. Quando ero triste camminavamo insieme, ci dondolavamo sull’altalena a guardare le stelle. Quelle passeggiate in paese, nelle sere d’estate, erano la cosa preferita della mia vita: non le avrò più. Mi manca tutto, ogni singola cosa. Vorrei ancora abbracciarla”.
È vero che Filippo non voleva che Giulia non finisse gli esami prima di lei?
“Gli disse: dovresti fermarti con gli esami e aiutare me. Voleva che si laureassero insieme, perché insieme avevano iniziato. Col senno di poi un segnale allarmante”.
Ma ci sono stati anche altri episodi.
“Quello del concerto a Milano, dove siamo andate io e Giulia, con Filippo che le scriveva per tutto il tempo fino a quando io non ho messo il cellulare di mia sorella in borsa, per farla stare un po’ tranquilla. Un giorno, per il mio compleanno, Giulia non voleva che lui ci fosse perché diceva: ‘E’ la tua festa, voglio stare con te’. Invece lui insisteva: ‘Ma perché non posso venire?’. La chiamava continuamente. Sono tanti gli episodi, più o meno gravi”.
Raccontarli può servire anche a chi si trova in situazioni simili.
“Tutte le donne sanno che devono stare attente a qualcosa, il pericolo spesso è più vicino di quanto pensiamo, l’assassino ce lo troviamo dentro casa più facilmente di quanto possa avvenire in strada. L’80% dei femminicidi avviene in famiglia, una percentuale spaventosa. Come se gli uomini di sentissero in diritto di disporre della vita delle donne. Non è giusto”.
Cos’ha provato quando ha saputo dell’arresto di Turetta?
“Mi sono svegliata, ho letto la notizia e il primo pensiero è stato: quindi è vivo. Pensavo l’avesse fatta finita, da come veniva descritto sembrava che per lui non ci fosse altro all’infuori di Giulia, l’unica persona che rendeva la sua vita migliore. Da un lato ho provato sollievo, almeno so che non l’ha passata liscia, che non è riuscito a scappare. Allo stesso tempo ho provato desolazione: lui adesso è in carcere, ma è vivo. E quindi ho pensato che questa persona, con questo ego così smisurato, si è presa il diritto di togliere la vita a mia sorella. E non solo. Giulia è morta ma la mia vita, quella di mio padre, di mio fratello e di tutte le persone che la amavano non sarà più la stessa. Non aveva il diritto di farlo”.
Lei ha detto: Filippo “non è un mostro”.
“Quando avviene un femminicidio, scatta sempre un fenomeno. Da una parte si sminuisce parlando del ‘bravo ragazzo, come può aver fatto una cosa del genere’, e cercando più o meno velatamente di dare la colpa alla donna. Se era un bravo ragazzo, come può essere successo? Oppure avviene l’opposto: il colpevole è un mostro, un malato, una bestia, in maniera tale che venga visto come anormale. Ma così nessuno si prende la responsabilità”.
La responsabilità di dire cosa?
“Nessuno nasce mostro. Nessuno. Nella crescita di una persone conta l’educazione familiare, scolastica, quella data dalla società. Ci sono comportamenti malsani che vengono sdoganati. Si giustifica la gelosia, il controllo del telefono, si dice ‘ma sì, è un un po’ ossessivo’. Invece questi comportamenti possono costituire un’escalation che porta poi a sviluppi tragici: botte, stupri, femminicidi, la punta della piramide della cultura dello stupro. Perché legittimare cose che ledono la libertà e il rispetto della donna?”.
Cosa serve?
“Educazione. A livello scolastico e familiare. Una presa di coscienza. Per parlare della fragilità mascolina, dei rifiuti percepiti come una ferita all’orgoglio, del saper accettare i sentimenti negativi. Dire che va bene essere deboli, tristi, piangere, e che se veniamo lasciati non possiamo prenderci con la forza tutto quello che vogliamo, dobbiamo accettare i rifiuti e la libertà di uscire da una relazione”.
Lei ha parlato di “omicidi di Stato” riferendosi ai femminicidi.
“Lo Stato non fa abbastanza per prevenire. Non finanzia adeguatamente i percorsi educativi, l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Lo Stato è complice perché non condanna apertamente questi episodi, non dice le cose che dovrebbe, non rende sicure le donne. Quando la Francia ha previsto il reato di cat calling, in Italia sembrava una cosa esagerata. Invece sono queste le decisioni che servono, passo dopo passo. Io non dico che il patriarcato sia solo in Italia, ma altrove si prodigano di più per smantellare la struttura societaria che ci affligge”.
Sui social ha attaccato anche il ministro Salvini.
“Ha messo in dubbio il fatto che Turetta possa essere colpevole Ovviamente nessuno lo è finché non viene giudicato come tale, ma sappiamo tutti cosa è successo. In altri casi non si è espresso allo stesso modo, quando il presunto colpevole non era una persona bianca. Penso che la sua sia stata una mancanza di rispetto verso mia sorella, un’ambivalenza di cattivo gusto”.
Che messaggio manderesti alle donne che ti leggono?
“Alla prima avvisaglia di una relazione tossica, meglio farsi forza e parlarne con amiche, sorelle, genitori piuttosto che sottovalutare il pericolo e fare una brutta fine. Meglio sbagliarsi precocemente che farlo troppo tardi. Meglio ferire l’orgoglio di un uomo che finire ammazzate”.
E agli uomini?
“Siate persone migliori. Fate un esame di coscienza, pensate a quando avete mancato di rispetto a una donna che magari aveva detto un ‘no’, a quando avete fatto battute goliardiche negli spogliatoi, a quando avete ferito, umiliato”.
Centomila persone leggono cosa scrivi su Instagram. Cosa cambia nella tua vita adesso?
“Io non lo so. Devo capire. All’improvviso mi trovo con una sorella in meno e i giornalisti in casa e non ho avuto un minuto per pensare. Sono una studentessa, mi voglio laureare. Ovviamente non lascerò cadere questa cosa, sono sempre stata attiva politicamente, continuo a esserlo, nel futuro ci metterò il mio impegno. Farò in modo che quello che è successo a Giulia non sia stato invano”.