Annunziata - Ghisleri: “Elly e Giorgia al bivio”
Giorgia Meloni «non vincerà altre elezioni soltanto con i viaggi all’estero e dovrà trovare un equilibrio interno se in Europa abbandonerà Salvini al suo destino orbaniano». Elly Schlein «fa l’americana, si muove come Obama ma adotta un linguaggio troppo complicato, non ha ancora trovato il suo Yes We Can”». La sinistra «sbaglia a ignorare i cattolici», la destra «non è capace di raccogliere l’eredità di Berlusconi». E per il Ponte sullo Stretto e premierato, la grande opera di Matteo Salvini e la «madre delle riforme» della premier, il futuro sembra scritto: «Non riusciranno a vedere la luce in questa legislatura». Intervistate dal vicedirettore de La Stampa Federico Monga, la giornalista Lucia Annunciata e la sondaggista Alessandra Ghisleri hanno dato vita, ieri, a un dibattito sul futuro della politica in Italia all’ombra del grattacielo della San Paolo di Torino. Un appuntamento che ha raccolto centinaia di spettatori durante il tour di incontri “Alfabeto del Futuro” organizzato dal nostro giornale e gli altri quotidiani Gnn per raccontare l’Italia di domani tra innovazione, cultura, economia e, appunto, politica.
Dopo poco più di un anno gli italiani rivoterebbero Giorgia Meloni?
Alessandra Ghisleri: «I numeri dicono che nonostante tutte le difficoltà la fiducia nella premier tiene. E sono promossi dall’opinione pubblica anche i ministri Giorgetti, Sangiuliano, Crosetto e Piantedosi, mentre perdono punti altri come Daniela Santanchè, non tanto per il suo lavoro sul Turismo ma per le vicende personali. Un altro in calo è Matteo Salvini, il cui gradimento come leader di partito è sceso al 24% perdendo terreno da Giuseppe Conte e Antonio Tajani, che oscillano tra il 27 e il 30 per cento».
Gli elettori promuovono la premier ma non altrettanto il suo governo, però.
Lucia Annunziata: «La premier fin dal primo momento ha lavorato per distaccare se stessa dal proprio governo. E non a caso è la prima promotrice dell’idea di premierato, che metterebbe al centro la figura del presidente del Consiglio. I dati di Alessandra Ghisleri provano, però, che alla lunga a un governo serva una solida classe dirigente. Leggo i dati sui ministri Giancarlo Giorgetti, Guido Crosetto e Matteo Piantedosi e li vedo come il nucleo, la testuggine del governo Meloni: in un anno sono diventati la sua spina dorsale».
Anche all’opposizione c’è una leader, la prima donna segretario nella storia del Pd. Ma Elly Schlein arriva agli elettori?
L.A.: «È entrata in maniera anomala nella struttura di un partito come il Pd, passando dall’Europa e con il voto dei non iscritti alle primarie. Rappresenta una grande pubblica opinione, ma non le strutture interne del partito. Questo le crea il problema del “fare nido” dentro il Pd, insieme con il suo approccio tipicamente “americano” alla politica che sembra incompatibile con il mondo interno dei dem. Guida il partito quasi con una spolverata di presidenzialismo: si comporta come Obama, comeun presidente sempre in campagna elettorale, a suon di slogan. Ma le redini del partito non le ha in mano, per ora».
A.G.: «Dice bene Lucia: lei arriva da una parte minoritaria del partito, ha un buon successo sui giovani e sui non iscritti che guardano a sinistra senza ancora trovare una casa politica. Ma all’interno del Pd ci sono tanti scettici. Il suo linguaggio è troppo complesso: restando all’analogia con Obama, deve trovare il suo “Yes We Can”. Sta uscendo più dal guscio, è presente in più trasmissioni e utilizza frasi più corte. Ma deve guardarsi dalla competizione di Giuseppe Conte. Le due principali forze politiche hanno entrambe delle leader donna, ma anche entrambe un’“opposizione” interna fatta da due uomini, Conte da una parte e Salvini dall’altra».
Gli errori più evidenti dell’opposizione fin qui?
A.G.: «Chiedere continuamente le dimissioni di sottosegretari e ministri . Se non hai i numeri, diventa una cantilena inutile per l’elettorato. Ora vedremo nella sfida per le Europee: Schlein ha il vantaggio di arrivare da lì e sapere che tutte le grandi decisioni vengono prese oltre i confini nazionali».
L.A.: «Nessun partito è riuscito a coinvolgere i moderati, che in Italia sono i cattolici. A sinistra manca molto un punto di riferimento per questo tipo di elettorato, che in passato ha fatto le fortune di Prodi. Va riconosciuto un ceppo di centro, cattolico, ignorato da una politica sempre più laica».
Perché la destra non riesce a raccogliere l’eredità politica di Berlusconi?
A.G.: «Berlusconi ha lasciato un “testamento politico” fatto di battaglie come quella sulla Giustizia e un partito come Forza Italia. Ma è complicato sostituire un’egemonia come la sua, lunga 30 anni, oltretutto di fronte alle varie correnti interne nate una contro l’altra. Tajani è abile, ma è più un leader che “traina” il partito o un manager che lo “spinge” da dietro le quinte?».
In Europa l’alleanza tra popolari (Ppe) e i Conservatori di Meloni si farà?
A.G.: «Tutte le rilevazioni dei diversi Paesi portano a una maggioranza di questo tipo. La variabile è: a Meloni riesce nell’operazione di allearsi con il Ppe allontanandosi dall’Identità e democrazia (Id) di Salvini mantenendo l’equilibrio di governo in Italia? Dopo le ultime Europee è caduto un governo...».
L.A.: «Il quesito è questo, sì. Meloni si alleerà col Ppe abbandonando Salvini al suo destino Orbaniano? Dipende dai voti. Ma serve restare in allerta dopo la vittoria di Geert Wilders nei Paesi Bassi: a oggi non so dire se si riesciurà a fermare il fronte dei sovranisti come nel 2019. Ma è certo che nel futuro di Meloni c’è l’idea di partecipare alla creazione di un grande centro in Europa. Per farlo si sta “spostando” verso il centro. Ma al centro di sono cattolici, appunto, e non può adottare una strategia integralista e muscolare come quella sui diritti in Italia: neanche il Papa è contento… E non si vincono le elezioni viaggiando all’estero».
Cosa farà Mario Draghi?
L.A.: «Ogni mese e mezzo dice una cosa che ci fa parlare di lui per tre giorni...».
A.G.: «So che per gli italiani rappresentava un punto di riferimento di fronte alle crisi economica e demografica del Paese. Ma agli elettori interessa più cosa accadrà tra 10 giorni rispetto a una visione a lungo termine… Quando si va a votare si guarda al portafoglio».
L.A. «Le due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, hanno già strappato la tela europea: ogni governo è messo alla prova sulla propria capacità di governare le crisi economiche. E la sfiducia sale».
Ponte sullo Stretto e premierato vedranno mai la luce?
A.G. «Non ho la palla di cristallo, ma guardo i numeri. E so che la gente pensa che prima del Ponte servono le strade: da Messina a Palermo ci si mette sei ore di treno, da Milano a Roma tre. Serve partire da lì».
L.A.: «Per quanto riguarda il Ponte sullo Stretto il problema è economico: il governo non riuscirà a trovare le risorse necessarie. Sul premierato… Se vanno bene le Europee, il governo farà almeno un primo passaggio verso la riforma. Ma in questa legislatura non credo riusciranno a concludere l’iter e cambiare la Costituzione».