“Sparito mezzo milione dai conti di Paolo Calissano”, arrestato l’amministratore di sostegno dell’attore morto due anni fa

Alla fine, dopo mesi di indagini, analisi di conti correnti, movimenti di denaro, documenti, per l’avvocato e amministratore di sostegno Matteo Minna sono scattati gli arresti domiciliari. Con accuse gravissime: peculato aggravato, falso ideologico, falsa perizia.

E fra le quattro vittime riconosciute dal gip, una non può passare proprio inosservata: Paolo Calissano, l’ex attore e personaggio tv genovese morto due anni fa a Roma, stroncato da un’intossicazione da farmaci antidepressivi.

Se la Procura contesta a Minna di aver fatto sparire dai conti dei propri amministrati oltre 800mila euro – denaro ora sequestrato dalla Guardia di Finanza – quanto secondo l’accusa ha sottratto a Calissano arriva a mezzo milione. Il grosso, insomma.

A dare impulso all’indagine era stato, dopo la morte di Calissano, un esposto presentato dai familiari, a partire dal fratello Roberto, tramite la legale Santina Ierardi. I parenti dell’attore era insospettiti sia da prelievi di denaro che da operazioni economiche.

Il tribunale di Genova aveva stabilito di assegnare un amministratore di sostegno a Calissano dopo le vicende giudiziarie seguite alla morte per droga dell'amica Ana Lucia Bandeira Bezzerra nel suo appartamento di Genova, nel settembre 2005. Un dramma per cui aveva patteggiato con 4 anni e un lungo periodo in una comunità di recupero.

Episodi che avevano compromesso una carriera, soprattutto televisiva, di grande successo, dalle fiction come La dottoressa Giò, General Hospital, Vivere, ai film come Palermo Milano solo andata e Cucciolo.

Dalla serie tv con la D'Urso ai film di Vanzina: la carriera di Paolo Calissano

Oggi il nucleo di polizia economico finanziaria, guidato dal colonnello Andrea Fiducia, ha bussato alla porta di Minna – difeso dagli avvocati Maurizio Mascia ed Enrico Scopesi – per notificare l’ordinanza del gip che dispone gli arresti domiciliari.

Secondo il procuratore capo Nicola Piacente “l’indagato, in assenza di preventiva autorizzazione del giudice tutelare e approfittando del proprio ruolo e del rapporto fiduciario instaurato con le famiglie degli assistiti, ha posto in essere plurime operazioni di appropriazione ai danni degli amministrati, attraverso prelevamenti di denaro contante e bonifici disposti da conti bancari di questi ultimi in favore di propri conti personali”.