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Thanksgiving: oggi l'America si divide anche sulla sua festa più importante
Il filosofo inglese John Locke, uno dei padri del pensiero politico moderno, trover� ispirazione nella vicenda del Mayflower. La storia dei padri pellegrini � tormentata, all’inizio rischiano di morire di fame, tant’� che saranno salvati dalla generosit� dei nativi nell’episodio da cui nasce appunto la Festa del Ringraziamento. La loro colonia nel New England � sull’orlo della carestia fino a quando non cambia sistema economico, e da una gestione �collettivistica� dell’agricoltura passa ad un sistema di mercato dove ogni coltivatore � incentivato a produrre di pi�. Il Mayflower � quindi anche l’origine di un’idea forte del capitalismo americano, sempre in tensione con il valore dell’interesse collettivo.
Dalla loro nascita gli Stati Uniti hanno oscillato tra due visioni della loro identit� racchiuse dentro la parabola del Mayflower. Come scrive Colin Woodard in �American Character�, queste Americhe alternative si possono distinguere da come rispondono alla domanda: �Quando la libert� individuale e il bene comune entrano in conflitto, tu con quale principio ti schieri?�.
La scelta non � mai stata decisa una volta per tutte. Vengo ai tentativi di demolizione della festivit�. Un esempio della narrazione politically correct lo ritrovo in un ampio reportage sulla trib� Wampanoag, apparso sul Washington Post in occasione della festa di Thanksgiving 2021. A proposito dei Wampanoag vi si legge: �Il loro nome significa Popolo della Prima Luce. I loro antenati risalgono a diecimila anni prima e risiedevano nel Massachusetts meridionale. Nel XVII secolo vivevano in 69 villaggi, ciascuno con un capo (sachem) e un santone-medico. Avevano dei messaggeri a piedi, che correvano da un villaggio all’altro per comunicare. Occupavano una terra di abbondanza, piena di cervi alci e orsi da cacciare nelle foreste, aringhe e trote da pescare nei fiumi, conchiglie con frutti di mare nelle baie. Seminavano mais e usavano i resti del pesce come fertilizzanti�.
La descrizione poetica di quest’Arcadia prosegue con toni romantici che sembrano fatti per incantare tutti gli ultr� ambientalisti del nostro tempo. I nativi erano i veri ambientalisti ante-litteram, capaci di vivere in una incantevole simbiosi con la natura, di rispettarne gli equilibri, di curare amorevolmente l’eco-sistema. Dal riciclaggio all’economia circolare, loro s� che sapevano come risparmiare le risorse del pianeta. Questo mito non � nuovo. Ebbe la sua prima fioritura all’epoca del movimento hippy. I figli dei fiori, la cui celebrit� divenne globale con la Summer of Love di San Francisco nel 1967, cominciarono a vestirsi alla foggia dei nativi, crearono delle comuni in mezzo ai boschi e sui monti, dove volevano replicare i modi di vita degli indigeni prima della conquista. Il culto dei nativi lanciato dagli hippy oggi � pi� forte che mai. La generazione Greta, senza saperlo, recita un copione che appartenne alla vena ludica dei sessantottini, cio� agli attuali nonni.
Questo mito dell’Arcadia non regge alla prova dei fatti. Le ricerche scientifiche sulla storia agricola delle civilt� pre-colombiane rivelano che quei popoli praticavano con disinvoltura la manipolazione genetica e modificarono in profondit� l’ambiente naturale che avevano trovato in Nordamerica (nel quale sbarcarono anch’essi come conquistatori, venuti dall’Asia). La natura �selvaggia� che apparve agli invasori bianchi non era affatto incontaminata, bens� il frutto di millenni di interventi umani. Alcuni di quegli interventi non furono affatto rispettosi dell’eco-sistema. Jared Diamond, insieme ad altri esperti, ha fatto risalire il collasso della civilt� Maya ad un dissennato sfruttamento delle risorse naturali, una devastazione dell’ambiente che port� al tracollo delle risorse necessarie per il sostentamento della popolazione.
L’Arcadia non era tale neanche per i diritti umani. Non era in mano ai pacifisti, quel Giardino dell’Eden dei nativi che oggi viene esaltato nelle scuole politically correct. Nella realt� i nativi ebbero i loro imperi, potenze aggressive e dominatrici, tutt’altro che tenere verso le vittime della loro oppressione. Uno di questi imperi lo costruirono i Comanche. La nazione dei Comanche fu cos� forte da tenere a bada per molto tempo le potenze coloniali europee. I Comanche perseguirono una dominazione sistematica e crudele, fino al genocidio dei loro nemici Apache. Per sgominare gli Apache praticarono astute alleanze internazionali e un massiccio commercio di armi da fuoco con i bianchi. Conoscevano l’arte della diplomazia, della realpolitik, delle coalizioni d’interessi fra nazioni. Questa � storia vera, non la favola in cui tutti i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra. Non toglie nulla agli orrori di cui furono capaci i bianchi. Durante la conquista del Far West gli indiani si videro togliere le loro terre, con un’operazione che oggi almeno negli Stati Uniti sarebbe illegale (non cos� in Cina, l’altra superpotenza, dove gli espropri di terreni �per ragion di Stato� sono tuttora possibili).
Nella storia le leggi le fa il pi� forte. Man mano che gli indiani diminuivano di numero – per le epidemie o per le sconfitte negli scontri armati – vennero emarginati, cacciati da una parte all’altra del continente, trattati come dei criminali anche se erano a casa loro. Uno degli episodi pi� terribili � del 1830, quando alcune popolazioni native furono deportate dall’esercito federale statunitense sotto la minaccia delle armi, costrette a traversare a piedi territori vastissimi, e molti morirono in quella marcia a tappe forzate che fu chiamata �la pista delle lacrime�. In due secoli per fortuna siamo cambiati molto, in meglio. Invece oggi questi episodi atroci, alla pari dello schiavismo, vengono insegnati nelle scuole come se facessero tuttora parte del modus operandi nazionale. Cito da un articolo pubblicato sul Los Angeles Times da tre nativi (Joely Proudfit, Dina Gilio-Whitaker, Nicole Lim), tutti docenti universitari: �L’America mente sistematicamente sul genocidio che � il fondamento di questa nazione. … Le ingiustizie inflitte ai popoli nativi sono incise nel tessuto sociale e nel sistema legale degli Stati Uniti�.
Eppure gli stessi autori elencano una serie di miglioramenti avvenuti nel tempo: restituzioni di terre federali ai nativi a titolo di risarcimento per gli abusi subiti dai loro avi; nuovi programmi scolastici che includono lo studio di quegli abusi; insegnamento delle lingue e delle tradizioni etniche ai discendenti degli sconfitti. Tutte queste vengono celebrate come conquiste dei nativi, senza spostare di un millimetro la condanna inappellabile contro i bianchi di oggi, razzisti geneticamente.
Si fa fatica a immaginare in quale mondo vivremmo se i cinesi Han fossero impegnati in un analogo risarcimento e compensazione verso tibetani, uiguri, mongoli; o se le nazioni islamiche facessero ammenda per il loro ruolo secolare nel commercio di schiavi africani. Solo in America, guida dell’Occidente, ogni tentativo di ricompensare le vittime viene considerato sempre inadeguato, nonch� una prova di colpevolezza.
Questo modo di insegnare la storia, dalle scuole medie fino all’universit�, � la chiave per capire lo stato politico-culturale dell’America contemporanea. Inclusi i cortei pro-Hamas che hanno raccolto tanti giovani. � una visione del mondo olistica e integralista che viene applicata alla Palestina, a Thanksgiving, a Columbus Day. Il �gemellaggio nel genocidio� tra i palestinesi di oggi e i nativi americani, non solo domina la cultura giovanile, ma entra nei programmi d’insegnamento di molti corsi universitari. La storia recente d’Israele viene appiattita su quella dello sterminio delle popolazioni indigene nelle Americhe: all’opera sono sempre potenze bianche e colonizzatrici, secondo questa dottrina. Il Giorno del Ringraziamento qui fa capolino anche per un’altra ragione: le radici puritane dei padri fondatori pesano ancora oggi. Il rito di espiazione dei peccati (veri o presunti) dell’Occidente e dell’uomo bianco, si consuma con particolare accanimento nelle universit� di �lite da 70.000 dollari di retta annua. � l’auto-purificazione dei privilegiati, il pentimento collettivo con cui scontano la propria fortuna. Il �mea culpa� fa parte anche della tradizione cattolica, per� il puritanesimo protestante ne offre le versioni pi� rigoriste: i Great Awakening (�grandi risvegli�) che agitarono l’America come febbri collettive nell’Ottocento.
Dalla loro nascita gli Stati Uniti hanno oscillato tra due visioni della loro identit� racchiuse dentro la parabola del Mayflower. Come scrive Colin Woodard in �American Character�, queste Americhe alternative si possono distinguere da come rispondono alla domanda: �Quando la libert� individuale e il bene comune entrano in conflitto, tu con quale principio ti schieri?�.
La scelta non � mai stata decisa una volta per tutte. Vengo ai tentativi di demolizione della festivit�. Un esempio della narrazione politically correct lo ritrovo in un ampio reportage sulla trib� Wampanoag, apparso sul Washington Post in occasione della festa di Thanksgiving 2021. A proposito dei Wampanoag vi si legge: �Il loro nome significa Popolo della Prima Luce. I loro antenati risalgono a diecimila anni prima e risiedevano nel Massachusetts meridionale. Nel XVII secolo vivevano in 69 villaggi, ciascuno con un capo (sachem) e un santone-medico. Avevano dei messaggeri a piedi, che correvano da un villaggio all’altro per comunicare. Occupavano una terra di abbondanza, piena di cervi alci e orsi da cacciare nelle foreste, aringhe e trote da pescare nei fiumi, conchiglie con frutti di mare nelle baie. Seminavano mais e usavano i resti del pesce come fertilizzanti�.
La descrizione poetica di quest’Arcadia prosegue con toni romantici che sembrano fatti per incantare tutti gli ultr� ambientalisti del nostro tempo. I nativi erano i veri ambientalisti ante-litteram, capaci di vivere in una incantevole simbiosi con la natura, di rispettarne gli equilibri, di curare amorevolmente l’eco-sistema. Dal riciclaggio all’economia circolare, loro s� che sapevano come risparmiare le risorse del pianeta. Questo mito non � nuovo. Ebbe la sua prima fioritura all’epoca del movimento hippy. I figli dei fiori, la cui celebrit� divenne globale con la Summer of Love di San Francisco nel 1967, cominciarono a vestirsi alla foggia dei nativi, crearono delle comuni in mezzo ai boschi e sui monti, dove volevano replicare i modi di vita degli indigeni prima della conquista. Il culto dei nativi lanciato dagli hippy oggi � pi� forte che mai. La generazione Greta, senza saperlo, recita un copione che appartenne alla vena ludica dei sessantottini, cio� agli attuali nonni.
Questo mito dell’Arcadia non regge alla prova dei fatti. Le ricerche scientifiche sulla storia agricola delle civilt� pre-colombiane rivelano che quei popoli praticavano con disinvoltura la manipolazione genetica e modificarono in profondit� l’ambiente naturale che avevano trovato in Nordamerica (nel quale sbarcarono anch’essi come conquistatori, venuti dall’Asia). La natura �selvaggia� che apparve agli invasori bianchi non era affatto incontaminata, bens� il frutto di millenni di interventi umani. Alcuni di quegli interventi non furono affatto rispettosi dell’eco-sistema. Jared Diamond, insieme ad altri esperti, ha fatto risalire il collasso della civilt� Maya ad un dissennato sfruttamento delle risorse naturali, una devastazione dell’ambiente che port� al tracollo delle risorse necessarie per il sostentamento della popolazione.
L’Arcadia non era tale neanche per i diritti umani. Non era in mano ai pacifisti, quel Giardino dell’Eden dei nativi che oggi viene esaltato nelle scuole politically correct. Nella realt� i nativi ebbero i loro imperi, potenze aggressive e dominatrici, tutt’altro che tenere verso le vittime della loro oppressione. Uno di questi imperi lo costruirono i Comanche. La nazione dei Comanche fu cos� forte da tenere a bada per molto tempo le potenze coloniali europee. I Comanche perseguirono una dominazione sistematica e crudele, fino al genocidio dei loro nemici Apache. Per sgominare gli Apache praticarono astute alleanze internazionali e un massiccio commercio di armi da fuoco con i bianchi. Conoscevano l’arte della diplomazia, della realpolitik, delle coalizioni d’interessi fra nazioni. Questa � storia vera, non la favola in cui tutti i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra. Non toglie nulla agli orrori di cui furono capaci i bianchi. Durante la conquista del Far West gli indiani si videro togliere le loro terre, con un’operazione che oggi almeno negli Stati Uniti sarebbe illegale (non cos� in Cina, l’altra superpotenza, dove gli espropri di terreni �per ragion di Stato� sono tuttora possibili).
Nella storia le leggi le fa il pi� forte. Man mano che gli indiani diminuivano di numero – per le epidemie o per le sconfitte negli scontri armati – vennero emarginati, cacciati da una parte all’altra del continente, trattati come dei criminali anche se erano a casa loro. Uno degli episodi pi� terribili � del 1830, quando alcune popolazioni native furono deportate dall’esercito federale statunitense sotto la minaccia delle armi, costrette a traversare a piedi territori vastissimi, e molti morirono in quella marcia a tappe forzate che fu chiamata �la pista delle lacrime�. In due secoli per fortuna siamo cambiati molto, in meglio. Invece oggi questi episodi atroci, alla pari dello schiavismo, vengono insegnati nelle scuole come se facessero tuttora parte del modus operandi nazionale. Cito da un articolo pubblicato sul Los Angeles Times da tre nativi (Joely Proudfit, Dina Gilio-Whitaker, Nicole Lim), tutti docenti universitari: �L’America mente sistematicamente sul genocidio che � il fondamento di questa nazione. … Le ingiustizie inflitte ai popoli nativi sono incise nel tessuto sociale e nel sistema legale degli Stati Uniti�.
Eppure gli stessi autori elencano una serie di miglioramenti avvenuti nel tempo: restituzioni di terre federali ai nativi a titolo di risarcimento per gli abusi subiti dai loro avi; nuovi programmi scolastici che includono lo studio di quegli abusi; insegnamento delle lingue e delle tradizioni etniche ai discendenti degli sconfitti. Tutte queste vengono celebrate come conquiste dei nativi, senza spostare di un millimetro la condanna inappellabile contro i bianchi di oggi, razzisti geneticamente.
Si fa fatica a immaginare in quale mondo vivremmo se i cinesi Han fossero impegnati in un analogo risarcimento e compensazione verso tibetani, uiguri, mongoli; o se le nazioni islamiche facessero ammenda per il loro ruolo secolare nel commercio di schiavi africani. Solo in America, guida dell’Occidente, ogni tentativo di ricompensare le vittime viene considerato sempre inadeguato, nonch� una prova di colpevolezza.
Questo modo di insegnare la storia, dalle scuole medie fino all’universit�, � la chiave per capire lo stato politico-culturale dell’America contemporanea. Inclusi i cortei pro-Hamas che hanno raccolto tanti giovani. � una visione del mondo olistica e integralista che viene applicata alla Palestina, a Thanksgiving, a Columbus Day. Il �gemellaggio nel genocidio� tra i palestinesi di oggi e i nativi americani, non solo domina la cultura giovanile, ma entra nei programmi d’insegnamento di molti corsi universitari. La storia recente d’Israele viene appiattita su quella dello sterminio delle popolazioni indigene nelle Americhe: all’opera sono sempre potenze bianche e colonizzatrici, secondo questa dottrina. Il Giorno del Ringraziamento qui fa capolino anche per un’altra ragione: le radici puritane dei padri fondatori pesano ancora oggi. Il rito di espiazione dei peccati (veri o presunti) dell’Occidente e dell’uomo bianco, si consuma con particolare accanimento nelle universit� di �lite da 70.000 dollari di retta annua. � l’auto-purificazione dei privilegiati, il pentimento collettivo con cui scontano la propria fortuna. Il �mea culpa� fa parte anche della tradizione cattolica, per� il puritanesimo protestante ne offre le versioni pi� rigoriste: i Great Awakening (�grandi risvegli�) che agitarono l’America come febbri collettive nell’Ottocento.