“Le intercettazioni del leghista Siri non potevano essere negate”: la Consulta accoglie un ricorso del tribunale di Roma contro il Senato
La Corte Costituzionale ha dato ragione al tribunale di Roma e torto al Senato. Quindi le intercettazioni legate ad Armando Siri, all’epoca dei fatti senatore della Lega, potranno essere utilizzate.
La Consulta ha infatti accolto il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri sollevato da piazzale Clodio. La vicenda si riferisce alla decisione del 9 marzo 2022, con cui il Senato aveva negato l'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni. La Corte Costituzionale ora ha annullato questo atto parlamentare perché in contrasto con la Costituzione.
All'origine del conflitto, vi era la richiesta del Giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma di utilizzare in giudizio otto intercettazioni, captate sull'utenza di un soggetto non parlamentare, che hanno coinvolto l'allora senatore Siri. Queste intercettazioni sono state effettuate, nell'ambito delle indagini svolte dalla Procura di Palermo a carico di alcuni imprenditori attivi nel settore delle energie rinnovabili, prima che emergessero indizi di reità a carico di Siri, per un'ipotesi di corruzione.
Adesso il Senato dovrà esprimersi nuovamente. Nell'accogliere il ricorso, la Corte ha stabilito in particolare che il diniego di Palazzo Madama riguardo le intercettazioni captate il 15 maggio 2018 “ha menomato le attribuzioni del Giudice ricorrente, in quanto ha preteso di valutare autonomamente le condotte ascritte al parlamentare, anziché operare un vaglio, nei termini richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte”. Quindi la Consulta ha deciso che, limitatamente alle intercettazioni successive al 15 maggio, Palazzo Madama dovrà esprimersi nuovamente.