La Repubblica Ceca porta a termine l’iniziativa che aveva lanciato qualche settimana fa, tra un certo scetticismo: consegner�, entro il mese di aprile, un milione di proiettili per artiglieria all’Ucraina. La �formula Ceca�, si potrebbe dire l’azione �privata� di Praga, quindi, si � rivelata pi� veloce e pi� efficace dei piani messi a punto dalle istituzioni di Bruxelles. E, vista l’emergenza a Kiev, potrebbe diventare un modello. Anche l’Unione europea, infatti, aveva promesso di inviare un milione di colpi a Volodymyr Zelensky entro marzo 2024.
La spinta di Praga per superare lo stallo europeo sugli aiuti all’Ucraina
La Repubblica Ceca, di fronte alle incertezze delle istituzioni Ue, si � mossa in proprio, trovando un milione di munizioni d’artiglieria per Kiev. L’Italia non ha aderito

L’Alto rappresentante Josep Borrell (Afp)
Qualche giorno fa Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune, ha fatto sapere che, per ora, ce ne sono 524.000 a disposizione. Per il resto bisogner� attendere la fine dell’anno. Un periodo infinito per la resistenza ucraina. Intanto arrivano altre notizie importanti. La Nato � in piena mobilitazione. Il quartier generale di Bruxelles ha ordinato la dislocazione di 100 mila militari della �Forza rapida� in Polonia. Sono soldati super addestrati, pronti al combattimento. � una mossa prevista dai piani messi a punto negli ultimi vertici dei capi di Stato e di governo dei 30 membri dell’Alleanza e condivisi dai nuovi arrivati, Finlandia e Svezia. La manovra verr� completata entro giugno, con lo schieramento di 300 mila uomini e donne in divisa nelle zone pi� vulnerabili lungo il fianco Est europeo. Nei Paesi baltici, per esempio.
Da una parte, quindi, abbiamo la Nato che, trainata dagli Stati Uniti, si muove freneticamente per chiudere tutti i varchi, inviando un chiaro segnale a Vladimir Putin: siamo pronti a neutralizzare ogni provocazione o a respingere un vero attacco armato ai 32 membri dell’Alleanza. Dall’altro c’� l’Unione europea che, di fatto, ha deciso di mettere la marcia in folle, da qui alle elezioni di giugno, avviando un intenso dibattito, ma non azioni concrete, per appoggiare la resistenza ucraina.
Nel mezzo si colloca l’operazione condotta dalla Repubblica Ceca. Il presidente Pavel ha addirittura superato l’asticella iniziale, fissata a quota 800 mila colpi da 155 mm. Alla fine i funzionari cechi ne hanno trovati 200 mila in pi�, toccando la soglia del milione, considerando anche i 300 mila ordigni da 122 mm, per una spesa finale che dovrebbe aggirarsi intorno a 1,8 miliardi di euro.
A febbraio il leader ceco era partito da un dato di fatto insormontabile: nel breve periodo le industre europee non sono in grado di fabbricare le munizioni richieste da Zelensky. Lo squilibrio delle forze � drammatico. In media i cannoni russi sparano 10 mila volte al giorno, cinque volte pi� degli ucraini. La Repubblica Ceca allora ha provato a superare lo stallo. Se l’Unione europea non riesce a costruire ci� che serve agli ucraini, allora acquistiamolo fuori. In un primo momento Emmanuel Macron si � opposto. Non si potevano tagliare fuori le aziende europee, a cominciare da quelle francesi naturalmente, da contratti cos� cospicui. A quel punto � successa una cosa di cui converrebbe prendere nota. P avel non ha chiesto la modifica dei Trattati europei per poter decidere a maggioranza, non si � incartato in complicate discussioni giuridiche con l’apparato di Bruxelles, non � andato allo scontro politico con Parigi. Semplicemente si � rivolto ai partner europei e non solo, indicando un percorso semplice. Noi andiamo avanti con chi ci sta.
In breve sono arrivate le adesioni. Tra gli altri hanno partecipato alla colletta Germania, Francia, Olanda, Norvegia, Svezia, Portogallo, Belgio, Polonia, Canada. Nel gruppo non c’� l’Italia. Una scelta difficile da spiegare, vista la linea di �pieno sostegno� a Zelensky ripetuta pi� volte dalla premier Giorgia Meloni.
Alcuni Paesi hanno voluto comunicare anche l’importo versato. La Danimarca ha messo sul piatto 250 milioni di euro; la Norvegia 140, il Portogallo 108, la Svezia 32,6 milioni. Altri, invece, hanno preferito mantenere un basso profilo. Come la Germania che, comunque, avrebbe sborsato circa 156 milioni di euro. Non � noto quali siano state le industrie contattate, anche se le tracce portano verso Corea del Sud, Turchia e, forse, Sudafrica.
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29 marzo 2024 (modifica il 29 marzo 2024 | 11:35)
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