Procreazione assistita: che cosa cambia davvero con le nuove linee guida?

Professor Somigliana ci può commentare le linee guida sulla PMA appena pubblicate?
«Occorre innanzitutto precisare che le linee guida appena pubblicate sulla PMA (procreazione medicalmente assistita, ndr) fanno parte della legge 40 che prevede aggiornamenti periodici, e sono tutt’altra cosa dalle linee guida di “tipo clinico" che invece vengono redatte seguendo un processo di valutazione delle evidenze scientifiche rigoroso, codificato e trasparente».

Che cosa cambia per i cittadini?
«In realtà nulla, non sono queste le linee guida di applicabilità clinica. Per vedere dei cambiamenti nel concreto dobbiamo aspettare la reale approvazione su scala nazionale dei nuovi LEA (i Livelli essenziali di assistenza, ovvero le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale fornisce gratuitamente o dietro pagamento di un “ticket”, ndr) che cambierebbero, di fatto, l’approccio e la disponibilità di accesso ai servizi di PMA per tutti i cittadini a livello nazionale. In poche parole, da Nord a Sud, le coppie infertili potrebbero beneficiare delle medesime cure, allo stesso prezzo. L’implementazione dei LEA sarà la vera novità perché consentirà finalmente alla PMA di fare parte della “Medicina” e di poter essere garantita a tutti».

Quali sono i punti che ritiene più interessanti della versione aggiornata delle linee guida della legge 40?
«Si tratta di un documento molto più dettagliato rispetto alle precedenti versioni anche se, come detto, non ha la forza delle linee guida cliniche in quanto il documento è influenzato dalla legge in vigore e non segue un processo rigoroso di analisi delle evidenze scientifiche».

E rispetto alla possibilità che una donna possa chiedere l’impianto dell’embrione in caso di separazione o morte del partner?
«Nel documento non c’è nessuna novità su questi due punti, è sempre stato così. Lo dice la legge 40 e lo ha confermato l’ultima sentenza a riguardo, relativa a maggio 2023 (Sentenza della Corte Costituzionale 161/2023). Quando si effettua la PMA entrambi i membri della coppia firmano un consenso condiviso che esplicita chiaramente che gli embrioni possano essere trasferiti anche se il partner maschile, in un secondo momento, dovesse opporsi. Il razionale che sta dietro questo aspetto della Legge 40 è quello di tutelare l’embrione, massimizzando la possibilità che possa essere impiantato. Certo, in moltissimi tra noi tecnici (e pazienti) non condividiamo questo aspetto, ma così è, finché non si deciderà di riscrivere la Legge».

All’estero come funziona?
«In caso di separazione, in tutti i Paesi, è necessario che ci sia un doppio consenso sul trasferimento dell’embrione per un impianto. Nei casi, invece, di morte del partner ci sono differenze tra i Paesi».

La PMA può essere una soluzione per contrastare la denatalità nel nostro Paese?
«A mio avviso non può essere la soluzione, sicuramente non l’unica, ma ci vuole una nuova sensibilità verso chi ha bisogno di ricorrere a questa tipologia di trattamento. Una coppia sterile che vuole un figlio ha un problema medico che deve poter essere risolto come tale all’interno del percorso ospedaliero che porta auspicabilmente al parto, non come “un qualcosa” da vivere a parte».