Da FdI ai fiamminghi e Fiala: la «caccia» ai voti per Ursula

diFrancesca Basso

I negoziati per superare quota 399, i numeri oggi in mano alla maggioranza

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE

BRUXELLES Chi voterà a favore di Ursula von der Leyen per la riconferma alla guida della Commissione europea e chi agirà da franco tiratore nella maggioranza che la sostiene?

Queste sono le domande a cui sta cercando di rispondere il team che lavora all’elezione della presidente. L’appuntamento sarà il 18 luglio a Strasburgo, ma non è ancora ufficiale. Von der Leyen ha bisogno di 361 voti su 720 deputati. La maggioranza che la sostiene — Popolari, Socialisti e Liberali — conta 399 deputati. Al di fuori di questo perimetro ci sono i 54 deputati dei Verdi, gli 83 dell’Ecr, i 58 dell’Id, i 35 della Sinistra e gli 87 tra i non iscritti e i non affiliati, la maggior parte dei quali, tolti gli 8 M5S, sono espressione di un populismo di estrema destra ed estrema sinistra. 

Nei prossimi giorni potrebbero nascere due nuovi gruppi: uno con i partiti dei Paesi di Visegrád a partire da Fidesz di Orbán (oggi a Vienna presenterà un «Manifesto patriottico» con l’ex premier ceco Babiš), nel quale potrebbe anche confluire il Pis polacco ora nell’Ecr; un gruppo attorno all’AfD. Si tratta però di formazioni di estrema destra che non voteranno per von der Leyen.

Il primo gruppo a cui può guardare la presidente è quello dei Verdi, che hanno messo come condizione l’ingresso in maggioranza e nessun passo indietro sul Green Deal, benché siano disposti a «compromessi». Questo è il problema dei problemi. La maggior parte delle delegazioni del Ppe non digerirebbero un impegno sul Green Deal. Non è un caso se nell’Agenda strategica approvata giovedì scorso dai leader Ue non si parli mai di Green Deal ma solo di transizione verde e il blitz tentato da Francia e Germania di inserire un riferimento è fallito. 

Von der Leyen dovrà essere abile nel lavorare sul programma per conquistare le singole delegazioni. Cinque anni fa i Verdi non la sostennero perché non era Spitzenkandidat, ma questa volta von der Leyen è la candidata leader del Ppe. I Verdi non hanno ancora discusso al proprio interno come votare. La delegazione tedesca conta 12 deputati e la coalizione semaforo che è al governo sostiene von der Leyen. Ma non è una garanzia (votarono contro il patto sulla migrazione nonostante il sì di Berlino). È possibile che la presidente guardi a loro.

Von der Leyen non può fare un accordo con l’Ecr, altrimenti perderebbe il sostegno di S&D e Renew, che hanno posto questa condizione in campagna elettorale. Ma 5 anni fa era stata eletta con 9 voti di scarto grazie anche al Pis polacco e ai 14 voti del M5S. La delegazione italiana non ha ancora discusso la questione al proprio interno e una fonte pentastellata spiega che «è altamente improbabile il sostegno con un programma basato su un’economia di guerra, che investe in armi e non sul sociale». Nel 2019 l’allora premier Conte aveva votato a favore dei top job e quindi la delegazione si era allineata.

Che cosa faranno i 24 deputati di Fratelli d’Italia? L’astensione di Meloni al Consiglio europeo non preclude un eventuale sostegno basato sul programma e sulla garanzia di una vicepresidenza con un portafoglio di peso. Dipenderà dai negoziati, che dovranno essere discreti. I 3 voti del partito Ods del premier ceco Fiala, che si è espresso a favore dell’accordo sui top job, dovrebbero essere sicuri. Sempre dall’Ecr potrebbero arrivare i 3 voti dei fiamminghi del N-Va. C’è l’incognita dei 5 voti dello Smer, visto che il governo dello slovacco Fico ha sostenuto il bis di von der Leyen.

La partita più delicata è quella delle delegazioni della maggioranza, a cominciare da S&D. Da martedì il Ppe sarà riunito a Cascais in Portogallo per gli Study Days, e mercoledì è attesa von der Leyen. Un’ottima occasione per dissipare eventuali dubbi. Francesca Basso

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29 giugno 2024

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