
Saman, dal carcere il padre condannato all’ergastolo accusa il fratello: “Deve dire chi l’ha uccisa, lui lo sa”
REGGIO EMILIA – “Danish deve parlare, deve dire chi ha ucciso Saman, lui lo sa… e anche io voglio giustizia”. E ancora: “Io so che quella notte c’erano anche Ikram e Nomanhulaq, ma non chi l’ha ammazzata”. La verità di Shabbar Abbas è contenuta in 30 pagine di dichiarazioni spontanee rilasciate al procuratore Gaetano Paci il 19 aprile scorso. Il padre di Saman giura di non aver ordinato lui la morte della figlia, e che anche la moglie è innocente, e mette sul tavolo una versione inedita di quanto accaduto a Novellara (Reggio Emilia) la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, quando la 18enne pachistana venne assassinata e seppellita in una buca.
Parla, perché “non riesce a pensare ad altro” se non alla figlia. Dopo la sentenza che condanno lui e la moglie Nazia Shaheen all’ergastolo, a 16 anni lo zio Danish Hasnain, e manda assolti i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, Abbas racconta la sua versione. Davanti al capo della procura e dei suoi legali, Enrico Della Capanna e Simone Servillo tenta di scagionarsi puntando l’indice contro suo fratello e i cugini.
"Ho chiesto di picchiare il fidanzato”
Abbas racconta che quella sera “Saman aveva deciso di andare via dopo aver ricevuto una telefonata. Ero “convinto che a convincerla era stato Saqib e che sarebbe venuto a prenderla”. Per questo “ho telefonato a Danish gli ho chiesto di aspettarlo e dagli una lezione: “Ho detto di non picchiarlo così forte da far venire un’ambulanza, ma di picchiarlo per spaventarlo”.

Per tutta risposta il fratello gli avrebbe confermato che se ne sarebbe occupato insieme ai cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Shabbar quindi uscì di casa con Saman e la moglie Nazia, poi andò avanti solo la moglie con la figlia, perché la 18enne non voleva che il padre vedesse chi la veniva a prendere. Da quel momento afferma di non aver più visto o sentito nulla e di aver saputo della morte della figlia solo quando era già in Pakistan. La mattina dopo, infatti, all’alba era partito per rientrare nel suo paese.
Tutti i dubbi sulla versione del padre
Una versione che gli avvocati (la procura trattandosi di dichiarazioni spontanee non poteva fare domande) gli hanno chiesto di spiegare meglio rispondendo ad alcuni dubbi. Perché a quel punto non è tornato in Italia, visto che aveva saputo della morte della figlia? Shabbar ha risposto di aver avuto minacce da parte del padre di Ikram, che temendo che lo avrebbe denunciato gli disse che avrebbe fatto ammazzare l’altro figlio, rimasto in Italia da solo. “Saman era morta, e io avevo solo lui, lo ammetto questa è stata la mia unica colpa, non tornare in Italia subito con mia moglie”. Nazia, ancora latitante in Pakistan potrebbe tornare: “Basta che la chiamo io e lei viene”.


"Se fossimo stati io e mia moglie allora ammazzateci in piazza”
Shabbar Abbas dice che il dubbio sul ruolo del fratello e dei cugini gli è venuto quando ha scoperto “che erano scappati assieme”. Tra l’altro afferma di non credere a quanto emerso dal processo, ossia che a seppellire la figlia sia stato solo lo zio, Danish: “In una sola notte non è possibile fare una buca da solo e poi sono stati usate due pale”. Non esclude che “la fossa sia stata scavata il giorno dopo” perché di sicuro non era stata fatta prima, ma in ogni caso non “da una persona sola”.
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A più riprese il padre di Saman ha ribadito: “Voglio sapere chi ha ucciso mia figlia. Quando ho sentito in Pakistan che loro erano scappati tutti e tre, allora io ho capito che sono stati tutti e tre, non ci sono dubbi”. Aggiungendo: “Perché non dice la verità Danish? Lui sa tutto. Dove erano gli altri due ragazzi?”.
E infine: “Se io e mia moglie abbiamo ucciso la figlia, questa condanna (l’ergastolo, ndr.) non è abbastanza, meglio ammazzarci in centro (in piazza, ndr), che la gente veda i cani che hanno ucciso la figlia. Se è così … porto io mia moglie qua, la chiamo io … vieni qua… Però non è così, non è vero che siamo stati noi. L’unica cosa vera è che Saman è stata uccisa, è morta”.
La replica dei legali dei cugini
Immediata e piccata la replica dei legali dei due cugini, Luigi Scarcella e Maria Grazia Petrelli: “In queste dichiarazioni, l’imputato, che continua a negare le proprie responsabilità, non fa altro che aggiungere ulteriori pensieri e deduzioni (proprie o dei suoi difensori), riguardo a quanto sarebbe accaduto alla povera Saman. Seppure sollecitato ribadisce sempre che nulla ha visto e nulla di specifico ha appreso. E figurarsi se - in questi suoi pensieri e deduzioni - poteva mancare di collocare sulla scena del delitto gli unici due assolti, nei confronti dei quali, come rimarcato in sentenza, non vi è neanche un solo indizio di colpevolezza”.
Per Scarcella e Petrelli “se questo è il nuovo apporto – del tutto privo di riscontri - di Shabbar Abbas, occorre che qualcuno di buon cuore gli faccia leggere la sentenza”. Tra l’altro “Scoprirà, soprattutto, che la Corte ha valutato le sue dichiarazioni rese al processo come un narrato che racchiude in sé i motivi della sua intrinseca inattendibilità e illogicità”. E infine: “Probabilmente è proprio con la realtà che Shabbar (o la sua difesa) non riesce a fare i conti, purtroppo però (anzi per fortuna) la realtà, come si legge sempre in sentenza, per sua indole, tende sempre a riaffermare sé stessa”.