Sergej Markov: «Tra noi e voi scontro mai così feroce. I negoziati con Kiev? Nessun legame»

diMarco Imarisio 

Il politologo russo: «Donald Trump vuole migliorare i rapporti con la Russia, Kamala Harris tende a peggiorarli: tra loro c’è una differenza enorme»

«Tra Russia e Occidente è in corso una lotta feroce». Per la speranza, rivolgersi altrove. Sergej Markov, dal 2011 al 2019 uomo forte della politica estera di Vladimir Putin, addetto alle questioni muscolari, come i rapporti con i Paesi confinanti e talvolta anche a qualche scambio di prigionieri, offre il punto di vista del falco. «È un evento senza precedenti, nel senso che anche ai tempi dell’Urss non ci fu mai nulla del genere. Ci scambiamo le prede, le persone catturate e tenute in cattività. Lo spirito è questo».

Meglio uno scambio di prigionieri che niente?
«Certamente. Anche con l’Ucraina ce ne vorrebbero di più. Il problema è che Zelensky li blocca. Noi diciamo: scambiamo cento con 100 o mille con 1.000. Zelensky invece propone tutti per tutti. Ma è impossibile, perché noi ne abbiamo almeno cinque volte tanto, come ha detto Putin, e poi un bel numero di prigionieri ucraini non vogliono tornare».

Cosa pensa di questa svolta?
«A titolo personale, sono contento di questo “baratto”, perché tra le persone che hanno ritrovato la libertà ci sono miei conoscenti. Conosco Vladimir Kara-Murza da anni, e ci siamo incontrati decine di volte, abbiamo discusso e bevuto tè insieme. Ero buon amico di Ilya Yashin. L’ultima volta che l’ho visto ero in macchina, lui mi ha sorpassato, ha aperto il finestrino, e mi ha salutato con la mano».

Avversari politici che rispetta?
«Sicuramente. Persone che non hanno temuto di andare in galera, questo è indubbio. Hanno le loro idee. Io ho detto diverse volte di essere un patriota russo, ma sostengo anche che una persona ha il diritto di non essere patriota. Si figuri che conosco perfino Evan Gershkovich».

Quando ci ha parlato?
«Prima di andare negli Urali ed essere arrestato, mi aveva telefonato per fissare un appuntamento. Sono contento per ognuna di queste persone. Paradossalmente, anche loro hanno servito la Patria, perché sono stati scambiati con nostri validi ufficiali che si trovavano in prigione all’estero».

I rapporti tra Russia e Occidente sono peggiori che ai tempi dell’Urss?
«Assolutamente sì. Una guerra tra noi e voi è più vicina rispetto a quando c’era l’Unione Sovietica. Questo è l’essenziale. Lo scambio di prigionieri era in preparazione da tempo, lo sapevano tutti. C’erano trattative tenaci, in quanto non era facile confrontare il “peso” della merce».

È stato un gesto di buona volontà da parte del Cremlino o la concessione russa alle insistenti richieste americane?
«È una concessione da parte degli Usa. Si è contrattato perché era difficile venire a patti, ma secondo me hanno ceduto gli Usa perché alla parte americana importa che Kamala Harris accolga le persone liberate mostrandosi patriota. Il compromesso è stato fatto dagli Usa. La logica è molto semplice: si scambia chi si vuole. Poi si paragonano i pesi, e si trova il giusto mezzo».

Potrebbe forse essere un preludio ai colloqui di pace tra Russia e Ucraina?
«Non c’è alcun legame. Non si tratta di un miglioramento, ma della presa d’atto del pessimo stato dei rapporti. Molti esperti con cui ho parlato pensano che questo scambio possa essere l’indicatore di un ulteriore deterioramento. I servizi segreti, consapevoli di un probabile peggioramento della situazione, hanno spinto per attuare lo scambio al più presto. È stato anche sottolineato da parte nostra che l’Ucraina non c’entra nulla con questa storia».

Perché la scelta della Turchia per lo scambio?
«Probabilmente i turchi hanno svolto un ruolo importante nella preparazione, partecipando al processo negoziale. Con noi hanno un atteggiamento benevolo, e poi in quel territorio c’è una base militare americana».

Ma questo scambio non è la prova che una diplomazia sotterranea ancora funziona?
«Certo. Contatti ce ne sono, anche telefonate tra i rispettivi ministri della Difesa. Lo posso affermare con certezza. Una recente conversazione tra Russia e Usa riguardava la nostra protesta per il fatto che i servizi segreti ucraini progettavano attentati ai figli di altolocati funzionari russi. Si immagina la Cia che ai tempi dell’Urss asseconda atti terroristici ai danni di figli dei membri del Politburo? Questo la dice lunga sullo stato delle nostre relazioni».

Per la Russia sarà più facile trattare con Donald Trump o Kamala Harris?
«Trump vuole migliorare i rapporti con la Russia, Harris tende a peggiorarli. Tra loro c’è una differenza enorme. In più, la candidata democratica è una esponente del cosiddetto “deep State”, nemico dichiarato della Russia mentre l’ex presidente dichiara che il “deep State” è anche avversario suo. Se non altro, Trump e la Russia hanno un nemico comune».

1 agosto 2024

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