Ora Ursula von der Leyen disegna la squadra (e pesa l’Italia). Così il no di FdI evita «imbarazzi»
La presidente della Commissione Ue ha detto: «Voglio i più preparati che condividano l’impegno europeo»
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES Chiusa la partita a Strasburgo, dove Ursula von der Leyen è stata riconfermata presidente della Commissione per un secondo mandato dal Parlamento europeo, ora si apre quella a Bruxelles per la formazione della squadra. Il voto di giovedì è stato a scrutinio segreto, ma chi ha sostenuto la presidente lo ha dichiarato: Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi. Fratelli d’Italia, che siede nell’Ecr, ha optato per il «no» nonostante l’apertura al dialogo di von der Leyen.
La politica, soprattutto quella dell’Unione, si nutre del compromesso per arrivare a dei risultati, osservava ieri una fonte Ue: le proposte della Commissione hanno bisogno dell’intesa tra 27 Stati membri, tra 720 deputati e poi tra le due istituzioni del Consiglio e del Parlamento Ue. Von der Leyen, è il ragionamento a Bruxelles, non cambierà strategia per un «no» e dunque continuerà a collaborare con l’Italia, come ha fatto negli anni passati, quando le servirà per ottenere gli obiettivi prefissati, forse ora con una punta di cautela in più.
Alla fine la premier Meloni ha mostrato il modo in cui ragiona sulle questioni europee che si allontanano dall’alveo atlantista: come ha gestito il voto al Consiglio europeo e poi in Parlamento ha aumentato la chiarezza su di lei. E non è casuale se giovedì, in conferenza stampa, a chi ha chiesto a von der Leyen se avesse adottato la strategia giusta o si fosse pentita di avere aperto a FdI, la presidente ha risposto che «l’approccio è stato quello di dire a tutti coloro che sono a favore dell’Europa, dell’Ucraina, dello Stato di diritto, che offriamo di lavorare insieme. E il risultato credo parli da sé. È stato giusto». Il voto contrario di FdI ha evitato imbarazzi nella tradizionale maggioranza «Ursula», formata da Popolari, Socialisti e Liberali, visto che S&D e Renew, ma anche i Verdi, avevano messo come condizione imprescindibile per il sostegno l’assenza di alleanze «strutturali» con l’Ecr.
Il voto del partito di Meloni contro la presidente rappresenta «uno spartiacque» e «una svolta nel profilo politico del governo italiano», spiega un’autorevole fonte europea al Corriere, ma «non pregiudicherà il peso del commissario che sarà attribuito all’Italia», che resta la terza economia dell’Ue. È possibile invece che «possa pregiudicare la possibilità di una vicepresidenza esecutiva», insomma l’ingresso nella cabina di regia.
Tuttavia a Bruxelles già nei giorni scorsi c’era la sensazione che la presidente non fosse orientata a concederla a Roma ma pensasse a una vicepresidenza semplice. Cosa intenda attribuire all’Italia non è ancora chiaro né come voglia ridisegnare i commissari né se voglia mantenere i vice esecutivi. Ora la presidente si prenderà qualche giorno di riposo. Ma già «a partire da metà agosto», ha detto, intende intervistare i candidati indicati dagli Stati. E c’è l’indetikit: «Voglio scegliere i candidati più preparati che condividano l’impegno europeo». Von der Leyen vuole «un’Europa forte» e ha avuto il mandato per perseguirla.
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