La rabbia che ci avvelena e quella che ci fa reagire
Caro Aldo,
ho 40 anni, da nove vivo in Germania per fare un’esperienza lavorativa in libera scelta e non perché critico nei confronti del mio Paese, al quale mi sento legato e nel quale desidero tornare per portare ciò che ho imparato. Tuttavia, osservandolo dall’estero, non posso non constatare una rabbia diffusa a tutti i livelli di istruzione e stato sociale. Persino sul Corriere, in calce agli articoli, i lettori si offendono e si assaltano l’un l’altro con una foga che non mi spiego. Capisco che la discussione sia l’anima della democrazia, ma se fatta con violenza anche solo verbale non porta esattamente all’opposto? Da cosa deriva questa rabbia e quando siamo diventati così?
Thomas Masetto
Caro Thomas,
Per fortuna tra i lettori del Corriere la discussione è quasi sempre civile, se non serena. Certo, a un giornale si scrive soprattutto per protestare. E sono molte di più le denunce di ingiustizie e malversazioni che arrivano di quelle che riusciamo a pubblicare. Lei però, gentile signor Masetto, si riferisce non tanto alla durezza delle denunce, quanto alla foga delle discussioni, che a volte sui social portano a offendere l’interlocutore. In effetti il linguaggio diretto talora sino alla volgarità è tipico della società digitale, dove tutti parlano e nessuna ascolta, per cui si avverte la necessità di alzare la voce, per farsi sentire. Temo che in Germania, il Paese dove lei vive, la situazione non sia diversa. Ce lo siamo già detti: molti tra gli insulti che volano sui social non sono dovuti all’odio — sentimento impegnativo, che molti non conoscono o riservano a chi davvero lo merita — ma all’invidia, o se preferisce alla frustrazione. Viviamo un tempo di rabbia anche perché le condizioni materiali di vita peggiorano, i fondamenti della vita sociale — dai salari alla sanità, dalla scuola alla sicurezza — vacillano, e i social nutrono il nostro narcisismo, attitudine sterile, anticamera dell’infelicità. C’è una rabbia che divora se stessa, avvelena la vita, impoverisce le relazioni tra le persone. Ma c’è anche una rabbia sana, giusta, che è indignazione di fronte al male e all’ingiustizia, vale a dire l’opposto dell’ignavia. Che sia questa a prevalere, almeno all’interno della comunità del Corriere.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Io mamma a 40 anni, il tempo è volato per la carriera»
Sono arrivata a 40 anni quasi senza accorgermene: l’università, la specializzazione, la carriera… E i figli? Ho avuto la fortuna di diventare madre per un’unica volta a 40 anni, ma sono circondata da coetanee che tra studi e carriera si sono trovate che il tempo della maternità per loro si era esaurito e ancora non avevano trovato un compagno che volesse diventare padre. I miei coetanei (stessi studi e stessa carriera) anche dopo i 40 anni trovavano la donna più giovane con la quale mettere su famiglia. Il tema è complesso e comprende molti aspetti. Oggi si insiste così tanto sulla parità uomo/donna che le ragazze forse dimenticano che il tempo a loro disposizione è limitato. Il tempo degli studi e del lavoro, per evidenti ragioni storiche, forse è tarato su quello del maschio, che per la riproduzione è pressoché illimitato. Si dovranno ripensare i percorsi di studio e lavoro per le donne? Si dovrà permettere alle donne che lavorano e hanno figli di lavorare a tempo parziale ma a salario intero pagato dallo Stato? A quarant’anni, quando sono diventata madre, mi sono accorta che la professione era la parte più facile della mia vita: un bambino richiede tantissimo tempo che devi per forza sottrarre al lavoro. Io ero sola perché il mio compagno è mancato molto presto, ma vedo che mia figlia, diventata madre da poco, pur avendo un marito bravissimo e disponibile, si ritrova con molti dei problemi che avevo io. Se davvero vogliamo che i giovani facciano più figli, dobbiamo trovare il modo di dare molto più tempo da dedicare ai figli. Non si tratta solo di costruire più asili, ma anche di adeguate retribuzioni per i giovani e soprattutto tempo.
Fabrizia Lucato
SIMBOLI
«Io preferisco sventolare la bandiera europea»
Lucia Marinovich , Bruxelles;LISTE DI ATTESA
«Neo sospetto, nel 2025 la prima data per una visita»
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«Chiesti 100 euro con la scusa degli occhiali rotti»
Francesco Tricoli Tutte le lettere
INVIATECI LE VOSTRE LETTERE
Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI - IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
Invia il CVMERCOLEDI - L'OFFERTA DI LAVORO
Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
Invia l'offertaGIOVEDI - L'INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
Segnala il casoVENERDI -L'AMORE
Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita.
Racconta la storiaSABATO -L'ADDIO
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