Trump guarda al futuro con Netanyahu

diGiuseppe Sarcina

L’ex presidente: «Se vincerò le elezioni porrò subito fine alla guerra». Ma non spiega come intende fare

DAL NOSTRO INVIATO

WASHINGTON - Benjamin Netanyahu chiude la missione negli Stati Uniti, iniziata mercoledì con un duro discorso al Congresso e terminata ieri con la visita a Mar-a-Lago, da Donald Trump. È stato accolto da aspre proteste, dall’entusiasmo dei parlamentari repubblicani e dal dissenso di una buona parte dei democratici. Giorni, però, che sono serviti a definire tre scenari per il futuro.

L’ultimo ha preso forma proprio nella residenza trumpiana in Florida. Le tv hanno trasmesso le immagini di quello che è apparso un vero incontro di Stato. Davanti alle telecamere, Trump ha scelto parole allarmanti: «Non siamo mai stati così vicini alla Terza Guerra mondiale e tutto ciò perché oggi gli Stati Uniti sono guidati da incompetenti». Poi ha aggiunto: «Se vincerò le elezioni, porrò subito fine a questa guerra». Ma non ha spiegato come fare. Nessun commento sulla condotta del governo israeliano, sulla strage di civili a Gaza, sull’emergenza umanitaria.

La seconda prospettiva va nella direzione opposta: come si muoverà il governo Usa con Harris al comando? L’altro ieri la vicepresidente lo ha prima spiegato allo stesso Netanyahu e poi pubblicamente: «Confermo il mio solido appoggio a Israele, ma non resterò in silenzio davanti alle sofferenze della popolazione di Gaza». «Affermazioni irrispettose», ha commentato Trump.

Il terzo quadro, l’unico che conterà da qui al 20 gennaio 2025, giorno dell’inaugurazione della nuova o del nuovo presidente, chiama in causa l’atteggiamento di Joe Biden. Il leader in carica della Casa Bianca ha accolto in modo cordiale l’ospite israeliano, ma lo ha anche sollecitato a non boicottare le trattative in corso nel Qatar e in Egitto per arrivare al cessate il fuoco e alla restituzione degli ostaggi catturati da Hamas.

A questo punto l’iniziativa torna nelle mani di Netanyahu.

Per ora i segnali sono ambigui. Nell’intervento a Capitol Hill, «Bibi» ha difeso la necessità della guerra e anzi, paragonandosi a Winston Churchill, ha chiesto la consegna «più rapida» delle armi per «finire al più presto il lavoro», cioè lo smantellamento dell’apparato militare di Hamas. Visto il rumoroso consenso raccolto tra i repubblicani, è lecito immaginare che Netanyahu punti su Trump per risolvere con la forza il conflitto. Ma la vittoria dell’ex costruttore è tornata in bilico. E, stando a quello che si è visto a Washington, l’eventuale dialogo con Harris sarebbe molto difficile.

Nel frattempo il premier israeliano dovrà gestire l’ultimo semestre di Biden. Ecco allora che Netanyahu ha confermato l’invio di una delegazione per riprendere il negoziato a Doha. Forse già dalle prossime mosse, si capirà se darà una possibilità concreta alla trattativa, ammesso che i terroristi di Hamas facciano sul serio. Oppure se il meeting di Mar-a-Lago abbia convinto il premier israeliano ad aspettare il ritorno di Trump. 

26 luglio 2024

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