Комментарии 0
...комментариев пока нет
Corea del Nord batte Europa: ecco perché Kim Jong-Un fornisce più armi a Putin che la Ue a Zelensky
Passata l’euforia della resistenza e degli iniziali successi, per l’Ucraina questo è forse il momento più difficile. C’è la consapevolezza che la guerra è ancora lunga, con un avversario che ha indirizzato tutte le energie nello sforzo bellico, e contemporaneamente il sostegno degli alleati non sembra più così granitico. L’ultima tranche di aiuti militari statunitensi è bloccata in Congresso e anche Bruxelles non ha trovato ancora la quadra sui 50 miliardi di euro promessi per il budget di Kiev – in più c’è parecchia titubanza a far partire i negoziati di adesione all’Unione Europea. Il risultato è che la Russia, in un conflitto d’attrito logorante, rischia di prevalere. La stampa occidentale ha suonato l’allarme. «Sembra che Putin stia vincendo la guerra, per ora”, ha scritto l’Economist. Il Wall Street Journal è grossomodo d’accordo: la Russia ha sull’Ucraina “un vantaggio politico, militare ed economico».
A volte ci si chiede come sia possibile che l’Occidente, decine di volte più ricco della Russia e tecnologicamente più avanzato, non riesca a dare una spinta decisiva all’Ucraina. Ad esempio, nella guerra di terra che si sta combattendo, i colpi d’artiglieria 155 mm sono uno dei fattori strategici più importanti. La Russia ne ha aumento la produzione, oltre ad acquistarli dalla Corea del Nord - e sta surclassando l’Occidente e i suoi alleati. Gli analisti dicono la Russia nel 2024 dovrebbe essere in grado di produrre due milioni di proiettili, più di Stati Uniti ed Europa messi insieme (che hanno svuotate le proprie scorte). Ormai è quasi certo che l’Europa non riuscirà a mantenere la promessa – fatta la scorsa primavera – di fornire a Kiev un milione di colpi da 155 mm entro l’anno. Finora la produzione si è fermata a circa un terzo di quella cifra. In un articolo di ieri il Wall Street fa notare che l’Europa perderebbe addirittura il confronto con la Corea del Nord. Quella dittatura povera e arretrata, scrive il giornale americano, «ha spedito oltre un milione di munizioni alla Russia (mentre l’Europa prometteva soltanto)».
L’articolo del Wall Street Journal è anche una critica pesante alla strategia militare europea. L’accusa è di aver ridotto gli investimenti, col risultato di essere incapaci di aumentare la produzione, e di essere vulnerabili a potenziali attacchi. L’esercito britannico, si legge, «ha solo circa 150 carri armati schierabili e forse una dozzina di pezzi di artiglieria a lungo raggio utilizzabili, ed è quello che spende di più in Europa per la difesa». Quanto alla Francia, il secondo paese che spende di più, «ha meno di 90 pezzi di artiglieria pesante, equivalenti a ciò che la Russia perde all’incirca ogni mese sul campo di battaglia dell’Ucraina». Poi l’articolo chiama in causa la Danimarca – «non ha artiglieria pesante, sottomarini o sistemi di difesa aerea» – e la Germania – «l’esercito tedesco ha munizioni sufficienti per due giorni di battaglia». Intervistato sulla questione, Anthony King, professore di studi di guerra all’Università di Warwick, sostiene che l’Europa si sia «sistematicamente smilitarizzata perché non aveva bisogno di spendere soldi», contando sull’ombrello americano e l’apparente assenza di minacce.
A ben vedere, però, i bilanci militari dei paesi europei non sono così striminziti. Nel 2021 il Regno Unito ha speso 46 miliardi di sterline. La Francia 50 miliardi di euro, l’Italia oltre 24 miliardi. Una parte della verità è che negli ultimi decenni i paesi europei hanno investito in altre capacità militari – capacità diverse rispetto a ciò che serve per una guerra d’attrito di terra, fatta di artiglieria, mortai, droni e missili. Un analista militare di un think tank italiano ci spiega che «i paesi europei non hanno bisogno di produrre per sé stessi milioni di proiettili d’artiglieria, perché hanno impostato lo strumento militare per vincere senza questo massacro di trincee e artiglieria». È anche questo il motivo per cui l’Europa (e gli Stati Uniti) hanno difficoltà a rifornire l’Ucraina, una volta esaurite le scorte. Gli impianti produttivi dell’industria militare, continua l’analista, «non sono tarati per sfornare milioni di proiettili d’artiglieria, né come ingegneri né come macchinari né come materie prime – sono tarati su altro e non ha molto senso riconvertire tutto se comunque il modo europeo e Nato di vincere la guerra non è basato sull’artiglieria». La Nato in sostanza conta molto sulla supremazia tecnologica di aeronautica e marina. «Se l’Ucraina avesse avuto gli Eurofighter o gli F35 avrebbe spianato la strada alla controffensiva di primavera, anzi avrebbe fermato prima l’offensiva russa, senza arrivare a sparare tutti questi milioni colpi d’artiglieria».
A volte ci si chiede come sia possibile che l’Occidente, decine di volte più ricco della Russia e tecnologicamente più avanzato, non riesca a dare una spinta decisiva all’Ucraina. Ad esempio, nella guerra di terra che si sta combattendo, i colpi d’artiglieria 155 mm sono uno dei fattori strategici più importanti. La Russia ne ha aumento la produzione, oltre ad acquistarli dalla Corea del Nord - e sta surclassando l’Occidente e i suoi alleati. Gli analisti dicono la Russia nel 2024 dovrebbe essere in grado di produrre due milioni di proiettili, più di Stati Uniti ed Europa messi insieme (che hanno svuotate le proprie scorte). Ormai è quasi certo che l’Europa non riuscirà a mantenere la promessa – fatta la scorsa primavera – di fornire a Kiev un milione di colpi da 155 mm entro l’anno. Finora la produzione si è fermata a circa un terzo di quella cifra. In un articolo di ieri il Wall Street fa notare che l’Europa perderebbe addirittura il confronto con la Corea del Nord. Quella dittatura povera e arretrata, scrive il giornale americano, «ha spedito oltre un milione di munizioni alla Russia (mentre l’Europa prometteva soltanto)».
L’articolo del Wall Street Journal è anche una critica pesante alla strategia militare europea. L’accusa è di aver ridotto gli investimenti, col risultato di essere incapaci di aumentare la produzione, e di essere vulnerabili a potenziali attacchi. L’esercito britannico, si legge, «ha solo circa 150 carri armati schierabili e forse una dozzina di pezzi di artiglieria a lungo raggio utilizzabili, ed è quello che spende di più in Europa per la difesa». Quanto alla Francia, il secondo paese che spende di più, «ha meno di 90 pezzi di artiglieria pesante, equivalenti a ciò che la Russia perde all’incirca ogni mese sul campo di battaglia dell’Ucraina». Poi l’articolo chiama in causa la Danimarca – «non ha artiglieria pesante, sottomarini o sistemi di difesa aerea» – e la Germania – «l’esercito tedesco ha munizioni sufficienti per due giorni di battaglia». Intervistato sulla questione, Anthony King, professore di studi di guerra all’Università di Warwick, sostiene che l’Europa si sia «sistematicamente smilitarizzata perché non aveva bisogno di spendere soldi», contando sull’ombrello americano e l’apparente assenza di minacce.
A ben vedere, però, i bilanci militari dei paesi europei non sono così striminziti. Nel 2021 il Regno Unito ha speso 46 miliardi di sterline. La Francia 50 miliardi di euro, l’Italia oltre 24 miliardi. Una parte della verità è che negli ultimi decenni i paesi europei hanno investito in altre capacità militari – capacità diverse rispetto a ciò che serve per una guerra d’attrito di terra, fatta di artiglieria, mortai, droni e missili. Un analista militare di un think tank italiano ci spiega che «i paesi europei non hanno bisogno di produrre per sé stessi milioni di proiettili d’artiglieria, perché hanno impostato lo strumento militare per vincere senza questo massacro di trincee e artiglieria». È anche questo il motivo per cui l’Europa (e gli Stati Uniti) hanno difficoltà a rifornire l’Ucraina, una volta esaurite le scorte. Gli impianti produttivi dell’industria militare, continua l’analista, «non sono tarati per sfornare milioni di proiettili d’artiglieria, né come ingegneri né come macchinari né come materie prime – sono tarati su altro e non ha molto senso riconvertire tutto se comunque il modo europeo e Nato di vincere la guerra non è basato sull’artiglieria». La Nato in sostanza conta molto sulla supremazia tecnologica di aeronautica e marina. «Se l’Ucraina avesse avuto gli Eurofighter o gli F35 avrebbe spianato la strada alla controffensiva di primavera, anzi avrebbe fermato prima l’offensiva russa, senza arrivare a sparare tutti questi milioni colpi d’artiglieria».