Uccise il padre della sua ex, El Makkaoui chiede la giustizia riparativa. La famiglia della vittima: «Troppo presto»
Venerdì 23 febbraio in Corte d'assise a Brescia l'udienza d'appello per l'omicidio di Anselmo Campa. Gli avvocati del ragazzo hanno chiesto un percorso di conciliazione ma è fondamentale la risposta dei parenti della vittima
Capita ancora che Maddalena Bellini chieda alla figlia Donatella Campa: «Andiamo a trovare Anselmo?». Scoppia a piangere quando viene riportata alla realtà: Anselmo è morto il 19 aprile 2022, a 56 anni. È l’anziana madre dell’imprenditore di Grumello del Monte, ucciso a martellate da Hamadi El Makkaoui, l’ex fidanzato di sua figlia Federica.
Il nodo al processo d'Appello
L’imputato 24enne deve fare i conti con questi dolori nella sua richiesta di intraprendere un percorso di giustizia riparativa, attraverso i suoi difensori Robert Ranieli e Giorgio Conti. Ne discuteranno venerdì 23 febbraio al processo d’appello davanti alla Corte d’Assise di Brescia, dopo che gli avvocati hanno impugnato la condanna di primo grado a 23 anni. È una strada introdotta dalla riforma Cartabia, una conciliazione con i familiari delle vittime.
La parola alle parti civili
I difensori del ragazzo hanno convocato le parti civili, oltre alla mamma e alla sorella di Campa, la figlia Federica e la moglie Sara Belotti come tutrice della figlia minorenne. Hanno individuato il centro del Comune di Milano creato per questi percorsi, chiederanno ai giudici di concedere il tentativo e di sospendere il processo in attesa di verificare gli esiti del cammino di riparazione, se verrà concesso. I familiari hanno un ruolo fondamentale ed è facile comprenderne i motivi. Non possono essere forzati a compiere passi di cui non si sentono pronti.
«Per noi è troppo presto»
Se se la sentono o no, lo diranno i loro legali alla Corte. Per la mamma di Campa, l’avvocato Luigistelio Becheri lo anticipa: «Al momento la strada della giustizia riparativa non è percorribile». Troppo presto, dopo appena un anno e mezzo dall’omicidio. Federica è assistita dall’avvocato Ennio Buffoli. «Giustizia è stata fatta, per quello che si poteva fare, ma mio padre non me lo ridarà nessuno», disse la ragazza dopo la sentenza di primo grado. Per la sorellina (rappresentata dalla mamma) ci sarà l’avvocato Giorgio Tramacere. Per la sorella della vittima, l’avvocato Carla Valtellini.
I difensori: «Totale consapevolezza»
Nell’atto d’appello, i difensori di El Makkaoui parlano di «assoluta, immediata e totale consapevolezza del fatto commesso, testimoniata dall’ammissione e dal tentativo di suicidio nel carcere di Bergamo per il peso sulla coscienza». Al di là della giustizia riparativa, gli avvocati dell’imputato puntano alla riduzione della pena facendo cadere l’aggravante dei futili motivi, che sbarra la possibilità di accedere al rito abbreviato, con lo sconto di un terzo.
I futili motivi dei 500 euro
Quella sera, il giovane andò da Campa e gli chiese 500 euro dei 7.000 che sostiene di avergli dato per una Renault Clio che l’imprenditore gli fece utilizzare e poi restituire. Al «no» litigarono, il ragazzo prese un martello e lo colpì. I soldi gli servivano per la droga e per il gioco d’azzardo. I giudici di Bergamo definirono il gioco «un pensiero fisso» portato al limite «dall’eccessivo consumo» di cocaina, ma esclusero la ludopatia.
La dipendenza da droga e gioco
I difensori definiscono invece il gioco e la droga una «duplice patologia». Danno peso a quel «no» di Campa, scrivono che El Makkoui «ha vissuto l’ennesima esperienza di abbandono ed emarginazione» ed è esploso in un «dolo d’impeto». Citano il passato del ragazzo, marocchino con famiglia a Castelli Calepio, parlano di «gravi vissuti di abbandono», «difficoltà di apprendimento», anche «bullismo». A processo lui chiese scusa «per il dolore che ho causato: sono logorato e soffro ogni giorno. Anselmo mi ha voluto bene e mi ha trattato come un figlio».
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