Putin firma con Kim «un patto di mutua assistenza in caso di aggressione» (ma non chiarisce cosa si intenda con «aggressione»)

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diGuido Santevecchi 

Lo zar  ricevuto in pompa magna: è il primo leader mondiale in visita  nel «regno eremita» da cinque anni. 

C’è anche la collaborazione militare nell'accordo strategico firmato da Vladimir Putin e Kim Jong-un. «Se dovessero far fronte a un’aggressione, Russia e Nord Corea si presterebbero reciproca assistenza», ha detto il capo del Cremlino spiegando i risultati del vertice. «Un nuovo accordo di natura difensiva e pacifica», lo ha definito. 
Il Maresciallo nordcoreano proclama che la relazione con la Russia è diventata «alleanza», il Cremlino è «l’alleato più onesto e fidato» e definisce il presidente russo «il più caro amico del popolo coreano», si legge nella cronaca della stampa moscovita che segue il vertice di Pyongyang.
Anche Kim ha parlato dell’accordo strategico, avvisando il mondo che la Nord Corea risponderebbe «senza esitare» in caso di «incidenti bellici» a cui dovesse fare fronte la Russia. Il capo del regime di Pyongyang non si è addentrato in spiegazioni su quale sarebbe la risposta e quale sarebbe «l’incidente di guerra». Ha assicurato però che «non ci saranno differenze nell’interpretazione o incertezze nell’eseguire il dovere di unire gli sforzi in incidenti o guerre che i nostri Paesi si trovano già ad affrontare o possano affrontare in futuro». C’è da sperare che sia solo retorica per enfatizzare la nuova relazione speciale tra il Maresciallo e lo Zar.

 Il cerimoniale nordcoreano ha fatto sparare per Vladimir Putin i rituali ventuno colpi di cannone che competono a un Capo di Stato straniero in visita. Esplosioni a salve e musica marziale nella piazza enorme di Pyongyang, riempita della solita massa di militari e comparse civili che hanno eseguito coreografie di stampo sovietico. I nordcoreani sono maestri in queste manifestazioni, anche se Kim Jong-un ha poche occasioni per mostrarle a importanti visitatori internazionali: Putin è il primo leader mondiale che è venuto nel «regno eremita» da cinque anni. E non c’è da aspettarsi che ne seguano presto altri. 

Nel 2018 a Pyongyang si era avventurato il presidente sudcoreano Moon Jae-in; nel 2019 Donald Trump era stato il primo e unico presidente americano a mettere piede in territorio nordcoreano, facendo simbolicamente pochi passi oltre il 38° Parallelo a Panmunjom per stringere la mano a Kim. Quella stagione di dialogo è finita: il Maresciallo è tornato a comportarsi da «rocket man» e prospetta «l’annientamento dell’inconciliabile nemico sudcoreano». L’Amministrazione Biden lo ha praticamente ignorato da quattro anni. 
E nemmeno Xi Jinping al momento sembra intenzionato a fare un'escursione a Pyongyang per dare soddisfazione e visibilità al suo «cliente» del Nord. È evidente che a Pechino il summit Putin-Kim non è visto con entusiasmo: la Nord Corea è storicamente un’area di influenza cinese, la sua economia dipende al 90% dai legami con la superpotenza mandarina. 

I cinesi sanno che il Maresciallo è poco controllabile e non hanno bisogno ora che qualcuno (l’amico del Cremlino) inneschi la sua carica destabilizzante nella penisola coreana dove, al Sud, sono presenti ingenti forze militari americane. Riassumendo: Xi non vuole dare all’Occidente lo spunto per ingabbiarlo nell’Asse del Male con Russia, Nord Corea e Iran. Meglio guardare con distacco mentre Kim dichiara «pieno sostegno e solidarietà all’armata e al popolo russo nell’operazione militare speciale in Ucraina». Il leader cinese gioca invece una partita al rallentatore, di equilibrismo, proclamando la neutralità cinese e invitando russi e ucraini a fare la pace (anche se non ha mosso un dito per fermare l'aggressione perpetrata da Putin). 

Vladimir Putin si è inserito in questo vuoto tattico. I ventuno colpi di cannone sono anche simbolici del patto tra Putin e Kim: è noto che lo Zar ha bisogno di proiettili per la sua artiglieria in Ucraina. E dallo scorso autunno, dalla Nord Corea sono partiti migliaia di container alla volta della Russia. L’intelligence di Washington e Seul ne ha contati oltre 10 mila e ha valutato che contenessero almeno 4,8 milioni di proiettili e alcune decine di missili balistici a corto raggio. Mosca e Pyongyang negano il commercio. Ma l’industria nordcoreana è orientata verso la produzione di armamenti e non si immagina che cosa potrebbe esportare di diverso. È da vedere che cosa riceverà in cambio la Nord Corea: si parla di petrolio e prodotti agricoli, ma quelli arrivano normalmente dalla Cina. Washington e Seul (e probabilmente anche Pechino) temono che Putin conceda tecnologia utile al lancio dei missili balistici di Kim, rafforzando la sua bellicosità, spingendolo magari ad azioni provocatorie a Sud del 38° Parallelo. 

Una partita di risiko cominciata in Ucraina e che ora lo Zar sta estendendo all’Estremo Oriente. Bisognerà vedere come lui e Kim interpreteranno l’accordo di «partenariato strategico globale», che implica l’impegno ad aiutarsi reciprocamente in caso che uno dei due Paesi sia attaccato. Mosca potrebbe sostenere di essere aggredita da Kiev? Gli analisti si chiedono se potrebbe significare un invio di personale militare nordcoreano a sostegno dell’Armata russa in Ucraina. La propaganda dice che i due leader si sono scambiati «i loro pensieri più intimi».

 Il Cremlino fa sapere di aver donato all’amico Maresciallo una limousine Auro, vettura presidenziale prodotta in Russia. È la seconda, perché Putin aveva già arricchito il garage di Kim con una fuoriserie Aurus Senat spedita a febbraio. I russi hanno regalato anche un servizio da tè e uno spadino da ammiraglio. Kim ha avuto il pensiero delicato di ricambiare con ritratti e busti di Putin creati da pittori e scultori nordcoreani: «Bei regali, ci sono diverse variazioni della sua immagine, tutte molto artistiche», assicura il consigliera Yuri Ushakov, consigliere diplomatico russo.

19 giugno 2024 ( modifica il 19 giugno 2024 | 14:14)

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