La mamma di Ciro Esposito: «In 10 anni negli stadi non è cambiato nulla, insultano me. Dal suo assassino mai una scusa»

diAlfio Sciacca

Nel maggio del 2014   il tifoso del Napoli venne ucciso dall'ultrà giallorosso Daniele De Santis. Morirà dopo 53 giorni di agonia. «Nelle curve le foto dell'assassino con il pugno: non dovrebbero farle entrare»

La mamma di Ciro Esposito: «Negli stadi c'è ancora troppa violenza, in dieci anni non è cambiato nulla»

Antonella Leardi sulla bara del figlio il giorno del funerale 

«Purtroppo, c’è ancora tanta violenza e non si fa abbastanza per fermarla. Credo quasi che non la si voglia sradicare. Come se gli stadi fossero considerati una sorta di sfiatatoio collettivo. Una forma di distrazione rispetto ai problemi che la gente ha nella vita di tutti i giorni». È carica di amarezza la riflessione di Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ferito mentre andava all’Olimpico per assistere alla finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina. 

Era il pomeriggio del 3 maggio 2014. Ciro, 31 anni, venne ferito dai colpi di pistola sparati dall’ultrà giallorosso Daniele De Santis (poi condannato a 16 anni di carcere). Morirà dopo 53 giorni in terapia intensiva. Sono passati esattamente dieci anni e negli stadi non sembra essere cambiato nulla. Per verificarlo basta solo mettere in fila i fatti di cronaca, ma la riflessione della mamma di Ciro Esposito vuole essere «uno sprone a fare di più, proprio in ricordo del sacrificio di mio figlio». 
«Io penso che lo Stato, ma soprattutto, le società possano fare di più per fermare la violenza dentro e fuori gli stadi», afferma Antonella Leardi.

Quindi il mondo del calcio non fa abbastanza? 

«Io non credo. Ogni tanto vedo ancora girare lo striscione in cui si inneggia all’assassino di mio figlio. Spesso mettono anche la sua foto, di De Santis, con il pugno alzato come in segno di vittoria. Questa è pura istigazione alla violenza. Perché non si impedisce che striscioni del genere entrino negli stadi?»

La mamma di Ciro Esposito: «Negli stadi c'è ancora troppa violenza, in dieci anni non è cambiato nulla»

Anche lei, se non sbaglio, è stata presa di mira.

«Sì, hanno preso a insultarmi, anche sui social, per via del libro su mio figlio, come se volessi specularci sopra. Quando tutti sanno che il libro era un modo per fare memoria di quello che è accaduto».

Tempo fa De Santis ha detto che in carcere pensa spesso a Ciro. Che effetto le hanno fatto queste parole?

«Se fossero state parole accompagnate da gesti concreti avrei magari potuto crederci. Ma dato che lui continua a sostenere di essere stato aggredito prima di sparare a Ciro, allora penso che le sue continuino a essere solo delle grandi menzogne e non c’è alcun reale pentimento. Il suo non è un sentimento autentico. Quando dirà finalmente la verità magari potrei cambiare atteggiamento». 

Ha provato a chiedervi almeno scusa?

«Mai, assolutamente».

Signora Antonella, come sono passati questi dieci anni? 

«Oltre ad essere stati molto dolorosi, debbo dire che sono volati. Sembrano 10 giorni. In questi anni mi sono impegnata molto negli incontri con le scuole e nel rapporto con i ragazzi. La considero quasi una missione, per portare un messaggio di non violenza in un modo, quello degli stadi, dove c’è ancora troppa violenza».

Come reagiscono i ragazzi a questo suo messaggio? 

«Molto bene. Sentendo parlare una mamma, ascoltano con grande attenzione. Si sentono coinvolti, si commuovono, spesso piangono».

E come mamma, questi anni come sono stati?
«Io faccio sempre l’esempio del tavolo: quando manca un piede si barcolla. Però, grazie a Dio, ho degli splendidi nipotini che mi danno una grande forza per andare avanti. Uno ha 5 anni, si chiama proprio Ciro. È un bimbo speciale. Sa tutto della storia di zio Ciro. Vedeva le foto dello zio e di me che piango sulla bara e non smetteva di chiedere per sapere e capire».

Tornando alla violenza, anche fuori dagli stadi ce n’è tanta. A Napoli ci sono stati tanti episodi che hanno riguardato anche giovanissimi.

«Questo è  un fenomeno che riguarda tutta l’Italia, non solo Napoli. Forse Milano è più avanti nella classifica. Purtroppo, la violenza tra i giovani è dovuta a molti fattori, legati al fatto che i ragazzi troppo spesso sono abbandonati a loro stessi, non hanno punti di riferimento tra gli adulti, non hanno lavoro. Penso, quindi, che la violenza tra i giovani sia frutto di un grande disagio. Dovrebbero fare di più lo Stato, ma soprattutto le famiglie. Ma anche i genitori, purtroppo, hanno i loro problemi di lavoro e spesso faticano a seguire i figli».

Qual è il suo auspicio per il futuro?

«Nonostante io abbia subito la peggiore delle violenze che possa capitare ad una madre, vorrei che il sacrificio di Ciro fosse portatore di pace. Per questo continuerò a incontrare e parlare ai giovani. In ognuno di loro rivedo un pezzetto di Ciro».

17 maggio 2024 ( modifica il 17 maggio 2024 | 11:13)

- Leggi e commenta