Dirty Pop, su Netflix la storia di Lou Pearlman: padre dei Backstreet Boys e degli Nsync, condannato per frode e morto in carcere. «Rovinava la vita delle persone»
La docuserie ripercorre la storia del fondatore di alcune delle più popolari band degli anni Novanta, morto in prigione mentre scontava una condanna di 25 anni. Lo schema Ponzi e le accuse di violenza sessuale
«I want it that way» dei Backstreet Boys è una delle canzoni che meglio rappresenta il lavoro che Lou Pearlman ha realizzato negli anni Novanta, mentre «Bye bye bye» degli Nsync descrive la sua decadenza. La storia di Pearlman è fatta di grandi momenti alti - come i successi in tutto il mondo dei «suoi» ragazzi - e di vari bassi, arrivati prima con la separazione dalle band che aveva lanciato, e poi con l'accusa di una frode milionaria.
Prima di essere conosciuto come un truffatore, Pearlman era «a star-maker», il creatore di stelle, un produttore in grado di scovare giovani talenti e renderli gli idoli di intere generazioni: i Backstreet Boys, gli Nsync, gli O-Town, i Take 5, o le Innosense, dove ha militato per un breve periodo anche Britney Spears.
La sua storia è ora protagonista della nuova docu-serie «Dirty Pop - La truffa delle boy band» disponibile in tre episodi su Netflix. «Prendeva dei bei ragazzi intonati e li trasformava in superstar del pop» racconta la serie, mentre in sottofondo scorrono le immagini di repertorio e le dichiarazioni di alcuni dei cantanti scoperti da Pearlman, come: «Utilizzava soldi sporchi e rovinava la vita delle persone», «ci sono persone che hanno sofferto molto. Altre invece sono morte».

Lou Pearlman con i Backstreet Boys
Dai dirigibili alla musica
«Sono presidente della Trans Continental (etichetta discografica, ndr). Sto vivendo un momento incredibile come imprenditore nell’aviazione e nell’industria dell’intrattenimento. Ho anche guadagnato un po’ di soldi» ha scritto nel suo libro del 2002 «Bands, brands and billions: My Top Ten Rules for Success».
Prima di diventare «Big Poppa», padre di artisti quali Nick e Aaron Carter e Justin Timberlake, gestiva una società di dirigibili, la Airship Enterprises Ltd, che varie aziende (tra cui McDonald’s) utilizzavano per farsi pubblicità. Negli anni ‘80 si verificano una serie di incidenti: tanti dirigibili cadono mentre sono in volo. E così, grazie all'assicurazione stipulata con la Airship, Pearlman ottiene 2,5 milioni di dollari.
Nel 1991, già ricco, trasferisce l’azienda a Orlando, in Florida, dove si ritaglia uno spazio nel settore musicale. Affittando aeroplani alle compagnie aeree e ad artisti come Madonna e Michael Jackson, conosce i New Kids on the Block, grazie ai quali scopre quando poteva fruttare una boy band.

L'annuncio sul giornale, i Backstreet Boys e lo yogurt
Nel 1992 pubblica un annuncio con cui cercava adolescenti per comporre una band. Il 20 aprile del 1993 nascono i Backstreet Boys: «Lou era un ottimo venditore. Lo ammiravamo davvero. Alcuni avevano un rapporto profondo con lui. Per Kevin era come un secondo padre, dopo aver perso il suo per colpa del cancro» racconta A.J. McLean.
Parenti e amici vedono i suoi successi con le band come fonte di ricchezza sicura e iniziano a investire nelle sue attività. Il portfolio di Pearlman non comprendeva solo la musica, ma anche aziende di yogurt, dirigibili e altre attività. Nella maggior parte dei casi, «lo prendevano solo in parola».
Lo schema Ponzi e la truffa da 317 milioni
Il suo nome viene associato oggi allo schema Ponzi, un modello economico di vendita truffaldino. L’accusa per cui è finito in prigione, è di aver frodato più di 2000 investitori per un totale di oltre 317 milioni di dollari nel corso di 15 anni.
La citazione arriva nel 2006, ma i dubbi dei suoi comportamenti illeciti iniziano a circolare sul finire degli anni '90 insieme alle prime vere buste paga. Dopo anni di successi, una sera del 1998, in un ristorante di Beverly Hills, si riunisce con gli Nsync. Fino ad allora i ragazzi (al tempo tra i 18 e i 22 anni) avevano ricevuto solo una paghetta di 35 dollari al giorno, e in quel locale sono entusiasti di scoprire quanto redditizio è stato il loro lavoro lungo tre anni ed enormi successi.
Aprono le buste paga, ma dentro trovano assegni di sole 4 cifre. «Fu allora che capii che se ne stava approfittando» ha dichiarato Lance Bass nel documentario del 2019 «The Boy Band Con: The Lou Pearlman Story», aggiungendo: «Anche 100.000 sarebbe stata una cifra ridicolmente bassa per quello che avremmo dovuto ottenere a quel punto». Grazie a un cavillo nel loro contratto riescono a liberarsi di Pearlman.

Gli Nsync nel 2001 ai People's Choice Awards
In un’intervista rilasciata nel 2014 dal carcere al The Hollywood Reporter disse: «Io avevo la musica. I Backstreet Boys guadagnavano ben oltre 50 milioni di dollari a testa. Io, ovviamente, ho avuto la mia parte, ed era molto bella e molto sostanziosa». In realtà, alcune fonti sostengono che i Backstreet Boys non hanno mai ricevuto più di 300 mila dollari a testa, mentre il loro produttore guadagnava decine di milioni.
Nonostante l’addio dei Backstreet Boys e degli Nsync, Pearlman non molla e, grazie al nuovo talent «Making the band», crea gli O-Town.
Le accuse di violenza sessuale
A tutto questo si aggiunse col tempo un’accusa più grave: quella di violenza sessuale, reato per cui non verrà mai processato. Le prime voci iniziarono a circolare negli anni Novanta e coinvolsero Nick Carter, che nel 1998 aveva 17 anni.
Denise McLean, madre di A.J. dei Backstreet Boys, raccontò: «Per un po' Nick ha amato andare a casa di Lou. All'improvviso qualcosa è cambiato. Abbiamo sentito che c'era stato un qualche tipo di comportamento inappropriato. Posso solo dire che si sono verificati degli eventi strani». In una breve telefonata tra Vanity Fair Usa e la madre di Carter, lei ammise: «Sono successe certe cose, e hanno quasi distrutto la nostra famiglia. Ho cercato di avvertire tutti. Ho cercato di avvertire tutte le madri».
Proprio Vanity pubblicò nel 2007 un'inchiesta lunga 30 pagine su Lou Pearlman. Tra le varie dichiarazioni raccolte dal giornale, ci sono anche alcuni aneddoti di Tim Christofore, membro dei Take 5 a soli 13 anni: «Invitò la band a guardare Star Wars nella sua sala di proiezione. A un certo punto il film si spense e fu sostituito da un film pornografico. All'epoca pensavamo solo che fosse divertente. Eravamo bambini. Eravamo tipo, 'Fantastico!'».
La condanna, la fuga e la morte in carcere
Nel 2006 Pearlman viene citato dallo Stato della Florida. Gli fanno causa anche una serie di banche per oltre 130 milioni di dollari in prestiti bancari, mentre si scopre che le sue aziende, la Trans Continentale Airlines Travel Services Inc. e la Trans Continental Airlines Inc. non esistono.
Dopo la citazione Pearlman scappa in Indonesia. Lo prendono in un resort a Bali nel 2007 e lo condannano a 25 anni di prigione. Risulta colpevole di tre capi di imputazione: frode bancaria, frode postale e frode telematica. «Se mi avessero dato la possibilità di mettere insieme un'altra band, avrei ripagato tutti. Ma non ho mai avuto questa opportunità, ed è questo che mi ha sconvolto molto» dichiarò sempre nell'intervista del 2014.

Nel 2016, all’età di 62 anni, muore dopo un ictus mentre si trova in carcere. Dopo quel giorno alcuni artisti si sono detti «sollevati» del fatto che lui non ci fosse più.
Lance Bass in un’intervista al Washington Post ha detto: «Non credo si sentisse in colpa. Credo che pensasse davvero che il mondo gli apparteneva». Quando nacquero gli Nsync lui aveva solo 16 anni. Dopo essersi separati dal produttore, il gruppo pubblicò l’album «No strings attached» che si rivelò un successo. «Ogni volta che cantavano “Bye bye bye” era come cantare un grande va**a a Lou. Ci siamo sentiti artisti per la prima volta, senza dipendere da qualcun altro».