I fantasmi di Erba tornano in aula: Rosa e Olindo presenti al primo atto per la revisione del processo sulla strage
I fantasmi di Erba, sedici anni dopo. Quando entrarono in Assise a Como erano stati preceduti da fiction e salotti tv, c’era la fila dei curiosi per guardare in faccia i mostri, c’era Azouz Marzouk che sognava di diventare una star sotto l’ala di Fabrizio Corona e Lele Mora, ma intanto aveva due angeli custodi della penitenziaria a riportarlo in cella a Vigevano alla fine di ogni udienza. I coniugi Romano all’inizio ridevano in gabbia, beffandosi di quanto stava capitando intorno a loro, immemori di aver firmato confessioni e rivendicato i delitti con il consulente Massimo Picozzi, dimentichi di quanto Olindo aveva scritto sulla Bibbia che leggeva dietro alle sbarre, dove aveva chiesto perdono all’Altissimo per quanto commesso.
Rosa e il suo ghigno spensierato, Rosa che prima del fermo era stata immortalata con le buste della spesa in mano, o mentre con le mani scacciava i cronisti sull’uscio. Tutto sembrava già scritto. Poi l’impasto di morte e voyeurismo mutò colore verso il nero. Il sopravvissuto Mario Frigerio fulminò con un solenne «disgraziato» il netturbino imputato, che poi replicò con un «vaffanculo» a papà Carlo Castagna, che in un raro moto di rabbia apostrofò la coppia con «assassini».
Diventò tutto dolente e tragico, come le lacrime della colf e il tremore della voce del marito quando rilasciarono le loro dichiarazioni spontanee, senza mai rispondere ai pm. Tre gradi di processo non si spostarono di una virgola dalla richiesta di ergastolo, che diventò sentenza definitiva. Ora questa storia, che ricomincia per la seconda volta, rischia di dare ragione a Karl Marx, e replicarsi in farsa. Il processo di revisione per l’eccidio dell’11 dicembre 2006 si aprirà in Corte d’Appello a Brescia alle 9, con una presenza inattesa, e una censura che pesa. Il «buffetto» – così lo ha chiamato Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale di Milano – inflitto dal Csm al promotore dell’istanza per riaprire quel capitolo chiuso non influirà sulla carriera del magistrato, prossimo al capolinea, ma getta l’ennesima ombra su questo quarto grado di giudizio: se si fosse rispettata la procedura, la Procura generale milanese non avrebbe mai sostenuto il documento dei difensori di Rosa e Olindo. Tant’è.
I giornalisti accreditati eccedono i posti in aula e per loro ci sarà una sala stampa collegata in diretta. Escluso, questa volta, il pubblico non pagante. Riecco allora, davanti al presidente Antonio Minervini e ai giudici a latere Paolo Minardi e Ilaria Sanesi, un’accusa, sostenuta dal Pg Guido Rispoli e dall’Avvocato dello Stato Domenico Chiaro, ex procuratore capo a Lodi.
Riecco un collegio difensivo, i firmatari delle 156 pagine dell’istanza per Rosa e Olindo: Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, che erano già in aula nel 2008, più l’ex senatore Nico D’Ascola e Patrizia Morello. Rieccoli, gli inquilini più famigerati del “Condominio del Ghiaccio”, e non sono escluse già stamattina nuove dichiarazioni spontanee della coppia.
Rivedremo Azouz, da tempo passato sul fronte innocentista, rappresentato da Luca D’Auria e Solange Marchignoli, gli ex difensori di Alessia Pifferi. Parti civili, sul fronte opposto, Elena ed Andrea Frigerio, che hanno affidato al legale Adamo De Rinaldis l’auspicio «che finalmente i nostri cari possano riposare in pace». Sul banco a fianco, ed ecco la presenza dell’ultima ora, gli avvocati Massimo Campa e Daniela Spandri per conto di Pietro e Beppe Castagna. Beppe, il minore dei due, figlio e fratello e zio di tre delle quattro vittime, si è fatto carico in questi giorni di rispondere a chi vuole mettere tutto in discussione: «È tutto fumo negli occhi – sospira – non ci sarà nulla di nuovo anche se fa rabbia vedere come certe persone censurino alcuni elementi, ribaltando la verità in modo subdolo. Tutto è stato già dibattuto, dalle tracce ematiche alla morte della signora Valeria».
I Castagna, è bene ricordarlo, sono vittime due volte perché, nonostante le cause per calunnia già vinte, continuano ad essere oggetto di una delle piste alternative sulla strage. Non ha difficoltà a ricordare di quanto non avessero visto di buon occhio il matrimonio della sorella con Azouz: «Ma mica perché siamo razzisti, il motivo è che lui era uno spacciatore. La verità è che la vita di Raffaella era circondata di bombe: i vicini, il clan del marito. Come si muoveva, toccava una mina». Resta la verità processuale a confortarlo: «Quello che è successo quella sera è già stato ben scritto in tre gradi di giudizio. E quelle istanze sono piene di errori, di omissioni e falsità».
Convinti del contrario sono Schembri e i suoi colleghi, che hanno già depositato una lista di una ventina di testimoni, compresi quelli “nuovi”. L’aggettivo, “nuovo”, declinato al femminile accanto al sostantivo “prova”, è il cardine di questo tentativo di revisione. Sfileranno i consulenti che hanno contribuito con le loro analisi a mettere in dubbio i pilastri della colpevolezza di Rosa e Olindo, a provare a smontare le loro confessioni, a inficiare il riconoscimento del superstite Frigerio che sarebbe stato affetto da amnesia retrograda, a insistere sulle foto mancanti della rilevazione col luminol del sangue di Valeria Cherubini, a proporre dinamica e ipotesi alternative. Tutto già compendiato in 23 capitoli, 19 allegati divisi in 8 perizie, 4 interviste, 3 verbali difensivi, 3 file audio-video e una relazione, più una novantina di atti prelevati dai faldoni dei processi. Tutto già distillato sapientemente con abile strategia comunicativa, soprattutto alle tv, dalle “Iene” che sono la principale tribuna innocentista ai talk show pubblici e privati.
Contro l’ultimo tentativo di revisione – non va dimenticato che sarà il terzo, e che un primo tentativo di ricorso a Strasburgo era stato bocciato – ci sarà la sostanza già scolpita nelle sentenze. Che indicavano nelle annose liti condominiali l’innesco dell’odio covato da Rosa e Olindo, sfociato in strage due giorni prima che il loro contenzioso venisse discusso in tribunale. Pochi ricordano che, dopo l’ergastolo sancito in Cassazione, quella causa venne effettivamente discussa. E la giustizia civile diede torto a Rosa e Olindo, multandoli per complessivi 1800 euro e fissando a posteriori la cifra per cui quattro persone innocenti furono massacrate. Oggi Youssef Marzouk sarebbe sulla soglia dei 20 anni, e chissà se davvero avrebbe guardato il mondo dalla Tunisia dove papà Azouz voleva riportarlo insieme alla madre Raffaella. La nonna Paola Galli e la vicina Valeria Cherubini avrebbero superato da un po’ i 70. Non ci sono più a piangerle nemmeno i vedovi Mario Frigerio e Carlo Castagna: gli effetti della strage, su di loro, hanno agito a lungo rilascio.