DeSantis contro Newsom, le due America duellano in Tv
Se gli americani avessero voluto avere un’idea di quanto il loro Paese è diviso sul piano politico e culturale, sarebbe bastato sintonizzarsi sulla Fox News. Nel salotto di Sean Hannity, trasformato praticamente in un ring, giovedì sera sono comparsi Ron DeSantis e Gavin Newsom. Il primo è il conservatore governatore della Florida; il secondo è il liberal governatore della California. Non c’è nulla che li tenga insieme. Né i temi e difficilmente anche il carisma. DeSantis lo sta misurando sulla sua pelle nella corsa alla nomination del Partito repubblicano dove langue oltre 40 punti dietro Trump; Newsom i test a livello nazionale li sta tentando da qualche mese, le ambizioni presidenziali ci sono per il prossimo giro nel 2028. Nel 2024 si limiterà a sedere nel Comitato elettorale di Biden dove però ha un ruolo sempre più visibile.
Già il titolo dato dalla Fox al dibattito racchiude la spaccatura che si respira negli Stati Uniti. «Il Grande Dibattito fra uno Stato Rosso e uno Blu», i colori che storicamente simboleggiano repubblicani e democratici. È stato uno scontro totale, fra affondi, attacchi (mai personali c’è da dire) durissimi, battute ironiche taglienti, 90 minuti di lotta fra urla e sovrapposizioni nella voce che hanno richiesto più di un intervento da parte di Hannity.
DeSantis ha chiamato Newsom un «bullo liberal», il governatore della California ha replicato dicendo di essere «abituato a trattare con i bulli, e tu non sei altro che quello». Lo scambio è avvenuto dopo che Newsom aveva criticato il rivale per aver minacciato una multa da 27 milioni di dollari contro Special Olympics (organizzazione che aiuta tramite lo sport le persone con problemi cognitivi) se non avessero rinunciato all’obbligo vaccinale anti-Covid prima delle manifestazioni in Florida. Cosa avvenuta dinanzi all’enormità della sanzione sventagliata.
È stato tutto un botta e risposta (in)degno di un dibattito presidenziale. «San Francisco è piena di escrementi per strada, l’hai fatta ripulire solo quando è arrivato un dittatore comunista in città», ha colpito DeSantis riferendo al summit dell’Apec di metà novembre cui ha partecipato il cinese Xi Jinping.
Lo scontro si è acceso sui diritti. Qui i due sono agli antipodi, la Florida ha la più restrittiva legge sull’aborto che nega l’interruzione di gravidanza dopo sei settimane; e sempre DeSantis ha varato una legge (Dont’say gay) che impone alle scuole di non parlare di temi sessuali e di genere. «Le scuole insegnino, non indottrinino». Newsom e la sua California sono su posizioni diametralmente opposte. E ieri il governatore ha attaccato DeSantis dicendo che «non mi piace come sminuisci le persone LGBTQ, non mi piace che umili le persone che non la pensano come te». Sull’aborto però Newsom ha sferrato uno dei colpi politicamente più azzeccati, accusando DeSantis di essere un estremista e che «nemmeno Trump si è spinto così lontano», alludendo alla criminalizzazione di dottori e infermiere che praticano aborti.
La tenzone è proseguita per circa 90 minuti, toccando anche la questione dell’immigrazione e dei voli carichi di migranti che DeSantis ha deportato nelle città liberal e nei luoghi dei vip (come Martha’s Vineyard) come gesto di sfida e ingannando gli stessi disperati. “Usi gli esseri umani come delle pedine, è squalificante”, ha detto Newsom.
Il Wall Street Journal, commentando il “match”, ha scritto che questo poteva essere il dibattito delle presidenziali 2024. Non ci sarà.
Chi ha vinto? Le due America restano sintonizzate su frequenze diverse e le fratture sono evidenti su ogni tema. Newsom è apparso molto a suo agio nel ruolo di candidato non-candidato; DeSantis aveva un handicap, quello di essere già in corsa e quindi di avere molto più da perdere. E forse la battuta all’inizio con cui Newsom ha anticipato di fatto il senso del duello è la più difficile da digerire per Ron. «Questa sera ci saranno profonde differenze e non vedo l’ora di affrontarle. Ma una cosa abbiamo in comune, ovvero che nessuno di noi sarà il candidato presidente dei rispettivi partiti nel 2024». Chi per scelta, chi perché c’è un Trump che stravince.