

"Ho ormai compiuto sessantacinque anni e una volta, a questa età, negli Stati Uniti si andava in pensione: io, per adesso, mi sono ritirato, ma solo dalle campagne elettorali". Tim Robbins glissa con ironia sulle domande che riguardano la politica, preferisce parlare di cinema e anche di musica, visto che al Magna Graecia Film Festival, dov’è ospite, terrà un concerto venerdì 2 agosto con il suo gruppo Tim Robbins and the Rogues Gallery Band oltre a ricevere il premio Colonna d'Oro.
Ma per uno come lui, da sempre impegnato politicamente, è difficile resistere quindi, alla fine, eccolo esprimersi su quel che sta accadendo negli Usa. Nel 2003, insieme a Susan Sarandon (dalla quale si separò nel 2009, dopo 21 anni di convivenza e due figli), contestò duramente l’invasione dell'Iraq, nel 2007 – sempre con Sarandon – partecipò con Jane Fonda a un corteo contro la guerra, nel 2008 sostenne attivamente la campagna elettorale presidenziale del democratico John Edwards – e quella di Obama, dopo il ritiro di Edwards.
Sulla candidatura di Kamala Harris per il partito democratico sceglie un netto 'no comment' ma – come riferisce l’agenzia Ansa - aggiunge polemico: "Per quanto riguarda lei, andate a chiedere ai detenuti in California la loro opinione a riguardo. E poi se vogliamo dirla tutta, c'è un terzo candidato di cui nessuno parla". Il riferimento ai detenuti della California riguarda probabilmente un impopolare intervento, nel 2011, della allora procuratrice generale dello Stato della California che contrastò più volte una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che stabiliva la riduzione del sovraffollamento nelle carceri della California, provvedimento che impedì a circa 5000 detenuti di uscire dalla prigione.
Quanto all’attentato a Trump, in cui molti hanno visto un riferimento a Bob Roberts - suo film d'esordio del 1992 in cui un candidato populista al Senato Repubblicano mette in scena un finto attentato a fini elettorali - replica divertito: "Questa cosa mi offende. La situazione di oggi negli Usa è completamente diversa, è più lacerata. Le persone vivono di odio e si rifiutano di ragionare, non provano empatia né compassione". Sarà anche per questo che, confessa, la sua più grande paura è “l’isolamento”, “siamo sempre più indignati e arrabbiati, adottiamo sempre più comportamenti tribali, abbiamo perso ormai il valore dello stare insieme e scambiarci opinioni differenti come si fa davanti a un distributore automatico di caffè".
Lui, però, ha “ancora tanta voglia di raccontare”, “ho cavalcato l'ultima ondata di un bellissimo periodo creativo di Hollywood, quando c'erano geni come Robert Altman, Brian De Palma e Martin Scorsese. Nella mia carriera, va detto, ho sempre privilegiato al novanta per cento le scelte basate sulle qualità e al dieci per cento quelle legate al fatto che dovevo mandare a scuola i miei figli. Ho ancora tanta voglia di raccontare, ma devo incontrare un miliardario che mi finanzi". I suoi film preferiti sono forse quelli meno conosciuti, “penso a opere come I protagonisti di Altman, La vita segreta delle parole di Isabel Coixet, Codice 46 di Michael Winterbottom, Catch a Fire di Phillip Noyce.
Premio Oscar nel 2004 per Mystic River di Clint Eastwood, è ancora nella serie distopica Silo, su Apple Tv+, di cui spera tanto si faccia la terza stagione, anche se ora è tutto concentrato sulla sua nuova carriera musicale folk con la Rogues Gallery Band. "Era un giorno di quelli difficili, nel 2008, ero molto depresso e chiesi a me stesso: se domani non ci fossi più, cosa rimpiangeresti di non aver fatto? La risposta fu immediata: non aver mai registrato la mia musica, che rimarrà sconosciuta ai più".