DAL NOSTRO INVIATO
GERUSALEMME — �Voi israeliani per me siete una fonte d’ispirazione! Perch� avete Dio dalla vostra parte!�. Fulminato sulla via di Tel Aviv, il presidente congolese Felix Tshisekedi decise tre anni fa di riallacciare i rapporti con Israele. Riaprendo un’ambasciata, firmando accordi e soprattutto — �da cristiano� — elargendo a Bibi Netanyahu sperticati complimenti: �Siete una fonte d’ispirazione, m’insegnate che cosa pu� fare un popolo quando ha con s� il favore divino…�. Il premier israeliano non s’� mai dimenticato di quell’incontro. E nel momento peggiore, ha richiamato il suo nuovo, miglior amico: secondo il Times of Israel, sarebbe proprio alla Repubblica democratica del Congo che in questi giorni Bibi avrebbe chiesto d’accogliere decine di migliaia di palestinesi espulsi da Gaza. Tshisekedi avrebbe detto s�.
Israele, il «Day After» per Gaza: i gazawi in Congo. Il governo nega: «Esilieremo solo i terroristi»
Il piano � stato discusso al Consiglio di Gabinetto di Netanyahu. Il governo nega ufficialmente di voler deportare gli abitanti di Gaza, pur ammettendo: �Il nostro problema � trovare chi sia disposto ad assorbirli�

Si chiama piano �The Day After�. E ieri sera, slittato d’un giorno perch� in agenda era esplosa l’emergenza Libano, se n’� discusso al Consiglio di gabinetto convocato da Netanyahu. Il Congo, ma anche l’Arabia Saudita. � una vecchia idea del governo israeliano: in ottobre, propose all’Egitto di piazzare �temporaneamente� i gazawi nel deserto del Sinai (e Al Sisi rispose: perch� non ve li tenete nel vostro deserto del Negev?), ora bussa ad altri Paesi. L’ipotesi � negata ufficialmente. Bibi ammette che �il nostro problema � trovare chi sia disposto ad assorbire gli abitanti di Gaza� e per� parla solo d’�esiliare� i capi di Hamas non ancora eliminati, magari in Qatar. Due suoi ministri ultr� hanno fatto arrabbiare Francia e Usa, proponendo il �reinsediamento� dei palestinesi e una nuova colonizzazione israeliana nella Striscia: sarebbe �una soluzione umanitaria�, garantiscono Smotrich e Ben Gvir, �il 70% degli israeliani � per un’emigrazione volontaria dei gazawi, perch� non � pi� accettabile che due milioni di persone si sveglino ogni mattina a cinque minuti da casa nostra sognando di distruggerci�, mentre �la discussione sul dopoguerra sarebbe ben diversa se nella Striscia rimanessero solo 100-200 mila palestinesi, non due milioni�.
E poi? L’emigrazione forzata dei palestinesi sembra impensabile. E il �Day After� � uno scenario immaginifico, in questa fase. Ma Netanyahu e i suoi ne stanno discutendo. Il premier e il ministro della Difesa, Yoav Gallant, hanno idee diverse: unica base comune, � che Hamas sparisca e che sia l’esercito israeliano a controllare un eventuale, primo dopoguerra. Ai primi di dicembre egiziani, giordani, emiratini e sauditi sono stati informati dell’intenzione di creare un’area-cuscinetto che isoli Gaza da Nord a Sud. Dopodich�, i Paesi arabi moderati verrebbero coinvolti solo nella gestione umanitaria e nel disarmo palestinese, con la possibilit� per i residenti del nord di Gaza di tornare dov’erano e con uno status speciale di no man’s land concesso alla Philadelphi Road (la zona dei tunnel) e al valico di Rafah (verso l’Egitto). Gli Usa premono per un ridisegno amministrativo della Striscia, con governatorati e affidati a leader e clan palestinesi affidabili. Salam Fayyad, economista di Princeton che fu premier palestinese in Cisgiordania dal 2005 al 2013, sarebbe gi� stato scelto come futuro governatore: ha opinioni moderate e buoni rapporti con gli israeliani.
Arriveranno fondi, pensa Netanyahu. E serve chi li gestisca. L’ultimo sondaggio dice che non sar� probabilmente lui: solo il 15% degli israeliani lo rivorrebbe al suo posto, finita la guerra. Ma ricostruire (male) Gaza dopo il 2014, quando la guerra fu assai pi� breve e molto meno dura, cost� oltre sei miliardi di dollari alla comunit� internazionale. E �stavolta siamo all’anno zero, la fotocopia della Germania dopo la Seconda guerra mondiale�, dice Mikhaimar Abu Sada, sociologo dell’universit� Al Azhar di Gaza City: �Occorre un piano Marshall, come allora. I sauditi e i qatarini sono pronti a finanziare una ricostruzione. Ma senza garanzie politiche su due popoli e due Stati, chi investirebbe soldi su una terra che, tre mesi dopo, potrebbe essere di nuovo distrutta?�. Per ora, non resta che il Congo.
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3 gennaio 2024 (modifica il 3 gennaio 2024 | 22:51)
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