Inchiesta Toti, l’ex presidente del porto Signorini resta in carcere, per i giudici “dovrà trovare un'altra soluzione abitativa”

Resta in carcere, poichè la soluzione degli arresti domiciliari non sembra idonea, in una casa di Genova, a garantire che non vi sia pericolo di inquinamento probatorio. Paolo Emilio Signorini, l’ex presidente dell’Autorità Portuale, secondo il Tribunale del Riesame deve rimanere nella sua cella di Marassi, dove è finito dal 7 maggio scorso, dal giorno del terremoto giudiziario che ha scosso la Regione Liguria e spedito agli arresti domiciliari anche il governatore Giovanni Toti.

I giudici Massimo Cusatti, Marina Orsini e Marco Canepa non hanno accolto l’istanza presentata dagli avvocati di Signorini: Enrico e Mario Scopesi si sono appellati alle esigenze cautelari dei domiciliari, ritenendo che il loro assistito ormai dimessosi da tutti gli incarichi pubblici (da presidente del porto e da amministratore delegato di Iren) non sarebbe più nelle condizioni di reiterare il reato e di inquinare le prove. La motivazione con la quale i giudici hanno respinto la richiesta sembra far capire che potrebbe essere accolta invece una soluzione diversa da quella dei domiciliari presso l’abitazione di un parente a Genova, oppure in quella del fratello ad Aosta. Adesso i suoi legali potrebbero presentare una nuova istanza, prima alla gip Paola Faggioni e nel caso di risposta negativa al Riesame. A quanto pare si sta valutando una soluzione diversa: proporre i domiciliari presso l’abitazione dell’ex moglie di Signorini, a Roma. Signorini è l'unico tra gli indagati (una quindicina) e tra i soggetti raggiunti da misure cautelari (dieci in tutto) ad essere finito in carcere, accusato dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde di essere stato corrotto dall’imprenditore portuale Aldo Spinelli.

Per l’8 luglio prossimo è in calendario l’udienza presso il Tribunale del Riesame relativa alla richiesta di revoca dei domiciliari (nella sua villa di Ameglia) per Toti, che deve rispondere di corruzione elettorale. La giudice per le indagini preliminari l’ha già respinta.

A seguire, sempre al Riesame, dovrebbe esserci l’udienza per i fratelli Italo ed Arturo Testa, i due indagati – raggiunti dalla misura di l’obbligo di dimora in provincia di Bergamo - di origine riesina accusati di voto di scambio e favoreggiamento alla mafia insieme all’ex capo di gabinetto della Regione Matteo Cozzani, pure lui agli arresti domiciliari. Per quest’ultimo negli scorsi giorni, sempre i giudici del Riesame hanno accolto la richiesta di revoca dei domiciliari, anche se lui non torna in libertà poiché ha un’altra misura analoga imposta dal gip di La Spezia, relativamente all’inchiesta madre sulla corruzione in cui sono coinvolti i fratelli Mirko e Raffaele Paletti.