Usa 1994, trent'anni fa la finale del Mondiale contro il Brasile. Le partite a 38 gradi e il rigore maledetto di Baggio: «Ayrton Senna l'ha spinto in cielo»
Il 17 luglio 1994, trent'anni fa, l'Italia perdeva in finale contro il Brasile. Storia del Mondiale americano, dall'esclusione di Vialli alla disfatta dal dischetto
Trent'anni fa l'Italia a un passo dal Nirvana si dovette arrendere incredula all'errore del suo campione. Nove passi, il corpo all'indietro, le mani sui fianchi e lo sguardo che si abbassa, la festa degli avversari. E meno male che a sbagliare quel rigore fu proprio Roberto Baggio, l'unico al quale sarebbe stato possibile perdonare quel pallone sparato sopra la traversa, così eccezionale e, in fin dei conti, quasi marginale perché dopo di lui sarebbe stato il turno, quello sì decisivo, di un altro brasiliano.
Il 17 luglio del 1994 l'Italia perde la finale del Mondiale negli Stati Uniti contro il Brasile. Tre a due per i verdeoro dopo la lotteria dagli undici metri. Sbagliano Baresi e Baggio (e Massaro), «i due giocatori più bravi - scrive Luca Valdiserri sul Corriere della Sera del 19 luglio - quello che aveva giocato la finale come fosse un miracolo e quello che aveva portato l'Italia fino a lì».
Vialli escluso per colpa del parmigiano?
La spedizione azzurra si apre con esclusioni prestigiose. Quella di Zenga, portiere titolare ai mondiali di Italia '90, e quella di Gianluca Vialli sulla quale si sprecano dicerie e leggende.
Stando ad alcune ricostruzioni postume, alla base della mancata partecipazione di Vialli a Usa 94 ci sarebbero i rapporti burrascosi con il c.t. Arrigo Sacchi e il suo vice Carlo Ancelotti che mal digerivano i suoi comportamenti un po' sopra le righe.
Un episodio, quello del 16 dicembre 1992 alla vigilia della partita con Malta, avrebbe compromesso per sempre l'esperienza in azzurro dell'attaccante juventino. Vialli si sarebbe reso protagonista di uno scherzo ai danni di Sacchi durante il ritiro alla Borghesiana: riempì di parmigiano grattugiato il tovagliolo del c.t. che, una volta sedutosi a tavola, se lo rovesciò addosso. Sacchi, forse allergico agli scherzi, schierò Vialli contro Malta ma non lo convocò più.
«Lui decise di non vestire più la maglia azzurra - riferirà Arrigo Sacchi molti anni dopo parlando dell'ex centravanti della Juve -. Si sono dette tante cose, persino che io e lui avessimo litigato. Niente di vero. Aveva delle motivazioni personali che gli fecero prendere quella strada e io le ho sempre rispettate».
Nel corso del tempo anche Vialli ha poi ricordato di aver rifiutato alcune convocazioni, raccontando anche di aver spiegato a un collaboratore del c.t. le sue perplessità sulle modalità del ritiro azzurro (troppo rigide), un'esternazione che spinse Sacchi a telefonare l'attaccante per un chiarimento, ma senza ricevere mai risposta.
Sacchi? «Come uomo vale poco»
«Azeglio era meglio» cantavano gli antisacchiani (e forse anche Vialli). L'ossessione per modulo e tattica portarono il c.t. a impiegare fuori ruolo alcuni giocatori. Tra tutti il più sacrificato fu Beppe Signori.
L'attaccante della Lazio, e capocannoniere della serie A, dovrà sacrificarsi spesso giocando da tornante svilendo le sue doti da goleador. Un trattamento che spinse Signori a chiedere a Sacchi un colloquio, mai concesso. «Lei potrà anche vincere dieci mondiali, ma non ci si comporta così. Ma umanamente non me l'aspettavo, come uomo vale poco, anzi meno di niente - riportava Franco Melli delle parole di Signori, infuriato con Sacchi, sulle pagine del Corriere del 14 luglio 1994 -. Con la Nazionale ho chiuso. Sappia che a certe condizioni me ne starò a casa». Solo un lungo lavoro di mediazione di Roberto Baggio riporterà la calma tra giocatore e commissario tecnico.
Un Mondiale vissuto pericolosamente: la sconfitta inattesa
Ma la storia a stelle e strisce della Nazionale è scivolata sempre sul filo del rasoio. Mai un giorno senza colpi di scena, partendo dalla prima e inattesa sconfitta contro l'Eire nella partita d'esordio del gruppo E insieme a Messico e Norvegia.
L’Italia comincia malissimo, è frenata sul piano nervoso. All'11' passa in svantaggio per il doppio errore Baresi-Pagliuca: il capitano del Milan, al limite dell'area, non riesce a controllare di petto un pallone comodo e il portiere si fa sorprendere fuori dai pali dal tiro dell'irlandese Houghton: 0-1 e la partita si mette come vogliono gli avversari. Signori e Baggio faticano a trovarsi, il dieci azzurro resta ai margini.

In basso da sinistra: Roberto Donadoni, Demetrio Albertini, Roberto Baggio, Roberto Mussi, Antonio Benarrivo. In alto da sinistra: Paolo Maldin, Pierluigi Casiraghi, Alessandro Costacurta, Nicola Berti, Gianluca Pagliuca, Dino Baggio
Baggio fuori: «Questo è matto»
L'incubo sembra continuare nella seconda partita del girone, giocata a New York (come l'esordio) contro la Norvegia. Al 21' del primo tempo su Leonhardsen non scatta la trappola del fuorigioco: Pagliuca esce scivolando fuori dall’area e ribatte in caduta con una mano. «Espulsione calvinista, sul filo del regolamento», scriverà Giancarlo Padovan sul Corriere.
A Sacchi serve un portiere, è costretto al cambio. Ma chi togliere per far entrare Marchegiani? Il ct ha pochi attimi per scegliere e alla fine il suo dito punta Roberto Baggio. «Chi? Io?» si chiederà il Divin Codino, «questo è matto» scandisce proprio nel momento in cui tutte le telecamere lo stanno inquadrando. Una decisione foriera di polemiche, ma a suo modo logica. Non è il Baggio che ci si aspetta, non è ancora il trascinatore tecnico della Nazionale, Beppe Signori (capocannoniere della serie A) è costretto a fare il tornante e Casiraghi è l'unico che fisicamente può reggere il reparto.
Il tempo, però, sorride a Sacchi. Le iniziative più efficaci vengono proprio da Signori, a sinistra, e non a caso, al 69′ , il gol nasce da una punizione che il laziale si procura. La batte l'altro Baggio, Dino, che stende il portiere norvegese con una sassata. Poi, però, inizia la sofferenza. Signori si fa male ma resta in campo, Casiraghi esce esausto, si ferma anche Dino Baggio e cinque minuti dopo Maldini rientra a centrocampo con una vistosa fasciatura alla caviglia, Massaro si piazza in difesa. La Norvegia segna, ma l'arbitro, «pessimo» fino a quel momento, vede giustamente un fallo di mano in mischia.
Baresi, salta il menisco: «Voglio stare vicino ai miei compagni»
Al 49' della partita contro la Norvegia l'Italia ha perso il suo capitano. Franco Baresi è uscito dal campo per infortunio, il menisco è saltato. Nella notte la decisione di operarsi sul posto, in America. Arriva il permesso del Milan. Baresi è in sala operatoria per l'intervento in artroscopia al menisco mediale del ginocchio destro spezzatosi in senso longitudinale. Il sogno è quello di riaverlo in campo per la finale, tra 25 giorni. «Queste cose non si dicono, portano male», dirà il 34enne condottiero rossonero che prende la decisione di rimanere negli Stati Uniti: «Voglio stare vicino ai miei compagni».
Terremoto al Mondiale: Maradona positivo al doping
Due giorni dopo la partita con la Norvegia, il 25 giugno, il Mondiale americano è scosso da un terremoto. Al termine di Argentina-Nigeria, valida per la seconda giornata del gruppo D, Diego Armando Maradona - El Pibe de Oro, il migliore della storia insieme a Pelè - viene accompagnato da un'infermiera per essere sottoposto al test antidoping. Doveva essere il Mondiale della sua ripartenza dopo la sconfitta dell'Albiceleste in finale a Italia '90, la positività alla cocaina del 1991 e la fuga da Napoli. Ma Usa '94 si trasforma nel definitivo tramonto della sua carriera.
Nelle analisi vengono trovate sostanze proibite come l'efedrina. «È un complotto. Non ho bisogno di stimolanti per aumentare il mio rendimento - dirà Maradona -. Avevo giurato a mia moglie e alle mie figlie che non mi sarei più drogato e giuro sulle mie figlie di non aver preso nulla». Ma le controanalisi non lasciano scampo. «Ho sbagliato» ritratterà lui: «Mi hanno usato quando serviva un personaggio da portare ai Mondiali - accusa -. Poi hanno riempito gli stadi e io non servivo più. Quando hanno visto come giocavo hanno iniziato ad aver paura. In finale contro il Brasile avremmo vinto».

Maradona accompagnato fuori dal campo per il test antidoping
Oltre il Messico, tra le migliori terze
Il 28 giugno tocca di nuovo all'Italia, che sfida il Messico a Washington: è l'ultimo ostacolo del girone dopo l'esordio inebetito contro l'Irlanda e le fatiche norvegesi. La Nazionale segna a inizio ripresa con Massaro, entrato al posto di Casiraghi, ma si fa rimontare proprio quando bisognerebbe affondare il colpo (manca anche un rigore su Dino Baggio che sembra netto). Gli azzurri, sfiniti e doloranti, non rinunciano mai, gli avversari resistono. Siamo terzi. Messico primo con un pareggio che dà gli stessi punti di Irlanda, Italia e Norvegia, ma lo avvantaggia nel numero dei gol segnati. L’Italia sconta il passo falso con l’Eire, la Norvegia la sconfitta con l’Italia.
Aggrappati a un Codino: l'Italia nel segno di Roberto
Negli ottavi incontriamo la Nigeria. A dieci minuti dalla fine, l'Italia è sotto di un gol. A Boston sbagliano tutti, Sacchi dalla panchina prova a dare indicazioni. La gara è stata tecnicamente e tatticamente brutta e cattiva, merito dell'allenatore olandese delle "Aquile nere" Westerhof, del catenaccio e del contropiede dei nigeriani, dell'errore di Paolo Maldini che con un involontario colpo di petto favorisce il gol di Amunike dopo un calcio d'angolo.
A due minuti dalla fine l'Italia è fuori dai Mondiali. Rimasta con un uomo in meno a causa dell'espulsione del debuttante Gianfranco Zola, nel giorno del suo compleanno, entrato al 63' al posto di Signori, punito incomprensibilmente dall'arbitro messicano Brizio («Quando ho visto il cartellino rosso non ci volevo credere. "Espulso? lo? E perché? No, no, non è vero, fermatelo, fermatelo". E ho pianto», racconterà Magic Box il giorno dopo la partita).
Fino al 43' del secondo tempo Roberto Baggio è stato tra i peggiori in campo, marcato corpo a corpo da Oliseh. Ma il Buddha, tanto caro al dieci azzurro, ti sorride quando non lo aspetti più. A due minuti dalla fine Donadoni scappa a destra e lancia Mussi che vince un rimpallo dentro l'area della Nigeria, alza la testa e appoggia per Baggio che segna un «inverosimile» pareggio. Si va ai supplementari.

L'Italia è praticamente in nove: Mussi è infortunato e Maldini è dolorante, anche Baggio ha i crampi, ma non sbaglierà più una giocata. I nigeriani si chiudono dietro. Al decimo minuto supplementare Roberto Baggio scambia con Benarrivo, salta il difensore Eguavoen che lo abbatte. È rigore. Dopo un lunghissimo minuto e mezzo di attesa, il dieci azzurro calcia («con tranquillità perché in certi momenti non ti può più fare male niente», dirà): palo e gol. La Nigeria è sulle ginocchia. Riproverà a tornare in gara: sforzi inutili. L'Italia è ai quarti di finale del Mondiale. Ma il primo pensiero di Baggio dopo la vittoria è per la famiglia: «Scusate, devo andare. Mia moglie e mia figlia mi aspettano».
La gomitata di Tassotti e la prima prova tv
«Doveva essere tutto facile, partiti freschi, pimpanti - scriveva Gianni Riotta sul Corriere -. Dopo 25 minuti Baggiodino, detto amichevolmente "the truck", il camion, per la sua foga, controlla e tira in porta uno scaldabagno che crolla nella rete del portiere Zubizarreta».
L'Italia è in vantaggio, la Spagna in controllo. La squadra allenata da Javier Clemente sotterra la partita a un ritmo infimo, dedita a «un possesso scientifico» del pallone. L'Italia prova a non sguarnirsi per evitare di concedere letali contropiedi. C'è la nebbia, i riflettori dello stadio accesi per aumentare la visibilità.
Al 59' la Spagna pareggia. Caminero sfrutta le troppe disattenzioni azzurre e calcia verso la porta, Benarrivo devia e il pallone si insacca. L'Italia è nel pugno degli avversari. Clemente vede la possibile vittoria. Gli azzurri danno l'impressione di voler approdare ai supplementari, gli spagnoli sono una valanga.
«Ma l'Italia è come un pugile al tappeto che si alza quando meno te lo aspetti e ti spedisce k.o.». Sacchi pesca il jolly dalla panchina: Nicola Berti prende il posto di Antonio Conte. Le iniziative del centrocampista dell'Inter scuotono la Nazionale dal suo torpore. Pagliuca ci salva quando le gambe tremano per la fatica.
All'88' Berti prende palla a centrocampo e la cede a Signori il quale, superato uno spagnolo, la tocca per Roberto Baggio che sinuosamente dribbla il portiere, si decentra e infila il pallone in uno spicchio sghembo di porta dove anche la luce avrebbe fatto fatica a passare. Sei minuti di recupero con gli spagnoli schiumanti. Avanti ancora.
Ma nel frattempo l'Italia perderà Tassotti. Negli ultimi atti del quarto di finale il terzino del Milan colpisce Luis Enrique con una gomitata in pieno volto: naso fratturato. L'arbitro Sandor Phul non vede, le telecamere sì: la prima prova tv della storia costa a Tassotti otto giornate di squalifica e la fine della sua carriera in azzurro.

Luis Enrique con il naso fratturato dopo la gomitata di Tassotti
Umidità al 90%, Sacchi spegne il nebulizzatore
«Non avevo più la forza nemmeno per esultare. Ero stanco, eravamo tutti stanchi. Stanchissimi - si sfogherà Roberto Baggio dopo la faticaccia contro la Spagna -. Vorrei che chi ci critica tanto provasse a giocare lui con questo caldo appiccicoso, con tre giorni di riposo in meno degli spagnoli, con il trasferimento da New York a Boston dilatato all'infinito. Tre ore sulla pista, in aereo, aspettando che passasse la tempesta e si potesse finalmente decollare».
A Usa 94 «il caldo era infernale» ricorderà il c.t. Sacchi: «Giocavamo a mezzogiorno e mezzo con un tasso di umidità del 90%. Non è semplice ma si può fare». La temperatura in campo durante le partite raggiungeva anche i 38 gradi, le squadre erano costrette ad allenarsi presto la mattina, «dalle 8.30, massimo le 9», e poi si giocava alle 12.30 locali.
«Molti giocatori chiedevano la sostituzione ogni gara - raccontava all'Agi Luca Bucci, il terzo portiere di quella spedizione azzurra che vinse la concorrenza di Angelo Peruzzi -. Contro la Norvegia Signori perse tanti liquidi, era praticamente disidratato. Noi dalla panchina sostenevamo i compagni con buste d'acqua. Avevamo una sorta di nebulizzatore (che Sacchi faceva spegnere) che dava refrigerio e rinfrescava».
Baggio ci porta in paradiso, poi esce in lacrime
Nonostante i 34 gradi di New York, l'Italia supera anche lo scoglio Bulgaria. A regalare la quinta finale dei Mondiali di calcio nella storia azzurra è la doppietta nel primo tempo di Roberto Baggio (inutile il rigore di Stoichkov al 44' del primo tempo).
Il Giants Stadium è un muro azzurro. Il vantaggio dell'Italia è un'invenzione del dieci che indirizza la partita sui giusti binari, una carezza con l'interno destro imprendibile per il portiere bulgaro. Il raddoppio, cinque minuti più tardi, lo firma ancora Baggio disegnando un tiro diagonale che finisce la sua corsa nell'angolo destro. La superiorità dell'Italia è quasi assoluta, non fosse per alcune incertezze delle quali la Bulgaria non sa che farsi.
Squadra e tifosi restano con il fiato sospeso quando Roberto Baggio inizia a toccarsi la coscia destra a un quarto d'ora dalla fine. La sua smorfia di dolore semina inquietudine, Baggio scoppia a piangere quando inizia a temere di non poter giocare la finale. Il primo a consolarlo, come dopo la sostituzione contro la Norvegia, sarà Gigi Riva, corso giù dalla tribuna. «Avevo un debole per Roby», confesserà Rombo di tuono. Una contrattura dirà il referto medico, si vola a Los Angeles.
Rigori fatali, addio Mondiale
Dall'altra parte c'è il Brasile che nella fase a eliminazione diretta ha eliminato Stati Uniti, Olanda e Svezia. Romario e Bebeto sono la coppia gol del Mondiale con 8 reti in due (5 Romario e 3 Bebeto), ma la nazionale carioca non è stracolma di talento: è una squadra composta allenata da Parreira, spesso contestato.
«Oggi c’è la possibilità di rivincere un campionato del mondo e io non solo ci spero, ci credo. La speranza è che Baggio stia in campo almeno il tempo sufficiente per un gol come il primo della semifinale», scrive Enzo Bearzot nella sua rubrica sul Corriere della Sera.
Ma la speranza del "Vecio" non viene appagata. L'Italia perde una finale brutta e noiosa, condizionata dalla voglia di non prendere gol e dal caldo terrificante. Baresi è tornato in campo, Baggio ci è rimasto nonostante tutto. Sacchi si gioca i cambi nel primo tempo e deve rinunciare a forze fresche in attacco.
Il finale drammatico al Rose Bowl di Pasadena si consuma dagli undici metri, per la prima volta nella storia dei Mondiali. Una terribile fatica conclusasi con la suspense dal dischetto. L'eroico capitano chiude la sua storia azzurra con un errore e le lacrime, a Baggio l'ultimo rigore ma con il risultato già compromesso.

«La stessa beffa di 4 anni fa. Io mi sentivo bene - dirà Baresi - non potevo tirarmi indietro. Tutti hanno dato tutto, siamo a posto con la coscienza, meritiamo un grosso applauso. È sempre amaro perdere. Ma è la legge dello sport».
I brasiliani tutti, anche i giocatori, invocano Ayrton Senna, morto quasi tre mesi prima a Imola: c'è la sua mano sulla vittoria. E anche Roberto Baggio sembra crederci. «In tutta la mia vita non avevo mai calciato un rigore sopra la traversa. Penso che quel giorno sia stato Ayrton che, dal cielo, ha spinto il pallone verso l’alto», rivelerà il dieci azzurro in un'intervista esclusiva a Rete Globo.
I due uomini simbolo, non solo per l'Italia, di quella Coppa del Mondo, Baggio e Baresi, si ritroveranno in mezzo al campo abbracciati, con la medaglia d'argento al collo, uniti nella sconfitta.